Strauss sinfonico tra Cervantes e Nietzsche

Torino, Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, Stagione Concertistica 2013-2014
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore Juraj Valčuha
Violoncello Pierpaolo Toso
Viola Ula Ulijona
Violino Alessandro Milani
Richard Strauss : “Don Quixote”, variazioni fantastiche su un tema di carattere cavalleresco per violoncello e orchestra op. 35 (da Cervantes);”Also sprach Zarathustra”, poema sinfonico op. 30 (da Nietzsche)
Torino, 21 novembre 2013

Don Quixote e Zarathustra, due archetipi del comportamento umano, e del dissidio comunicativo tra gli uomini: il sognatore cavalleresco e il severo profeta-filosofo, a partire da due testi letterari di straordinaria importanza, ma rifluiti nell’interpretazione peculiare di un compositore squisitamente otto-novecentesco come Richard Strauss. Al primo è dedicata una serie di variazioni sinfoniche, al secondo un enfatico e complesso poema. Tutto questo per dire che l’eccezionalità strutturale dei libri (lo sterminato romanzo di Cervantes e il trattato sapienziale di Nietzsche) sono poi trasfusi in due strutture musicali del tutto consuete, tradizionali (anzi, per quanto concerne il poema sinfonico, quasi demodé negli ultimi anni dell’Ottocento). Dal punto di vista cronologico va infine ricordato come Strauss si dedicasse ai due titoli tra 1896 e 1897, prima a Zarathustra e poi a Don Quixote, quando aveva trentadue-trentatré anni.
A questo punto, costituito un programma che offre le Variazioni fantastiche su un tema di carattere cavalleresco, e poi il poema sinfonico dal titolo identico all’opera filosofica (chapeau al gesto coraggioso!), è determinante come il direttore d’orchestra imposti la lettura delle due partiture, e ancor più come le ponga in relazione tra di loro. Juraj Valčuha fa suonare in modo assertivo, quasi sfacciato, il clarinetto che dovrebbe esprimere l’idealismo di Don Quixote nella lunga introduzione orchestrale, prima che la voce solistica del violoncello incarni il protagonista delle variazioni. Anche gli altri strumenti sono molto netti nelle sonorità, tranne il violino di Alessandro Milani, volutamente flebile e flemmatico, che così crea un contrasto evidente. Finalmente, entra in scena il violoncello, accompagnato poco dopo dalla viola. Pierpaolo Toso, che suona uno Stefano Scarampella del 1914, non insiste tanto sulla nobiltà lirica del personaggio che il suo strumento rappresenta, bensì sui valori musicali assoluti della parte, e dunque sui temi e sulla loro virtuosistica enunciazione. Molto più enfatica, più coinvolta nel personaggio sanguigno e grottesco di Sancho, risulta Ula Ulijona alla viola (una Goffriller del 1722, dal suono caldo e brunito). Il direttore è abilissimo nel coordinare le sonorità di conversazione tra strumenti solisti e orchestra, e quindi nell’allestire gli specifici effetti sonori (come il celebre belato delle pecore, quanto mai vigoroso), fino al commovente tema di Dulcinea, quando l’intensità degli archi raggiunge il culmine. Qualche piccola sbavatura degli ottoni (che si ripeterà anche nello Zarathustra) non rompe l’incanto delle variazioni centrali (per esempio la V, la cui atmosfera notturna è resa ottimamente dal violoncello solista). Senza dubbio Valčuha insiste molto sugli aspetti eroici del discorso sinfonico, e per questo le fanfare degli ottoni sono i momenti più riusciti nella seconda parte del lavoro. L’effetto complessivo, più che dalla giustapposizione delle diverse variazioni, deriva dalla volontà di trattenere sempre teso il filo narrativo; non tanto ricamare sullo stesso tema, ma raccontare i diversi capitoli del libro di Cervantes. E con perfetta osservanza di stilistica Ringkomposition, il clarinetto suggella di nuovo in modo assertivo la morte di Don Quixote, esattamente come in apertura l’inizio delle bizzarre avventure dell’eroe. Molto prolungati gli applausi del pubblico torinese, ma Toso si astiene dal concedere un bis: certamente un gesto di delicatezza nei confronti della Ulijona, divenuta co-solista nel corso dell’esecuzione; anzi, un gesto propriamente “cavalleresco”, perfettamente consono al clima di «gran bontà de’ cavallieri antiqui» che la storia di Don Quixote sa ispirare.
Valčuha riesce, insieme all’OSN RAI, a coniugare la raffinatezza esecutiva che caratterizza gran parte del suo repertorio alla chiarezza degli intenti comunicativi: il pedale d’avvio di Also sprach Zarathustra è nitidissimo, ricorda quello del Rheingold, ma con volume sonoro più ampio. Sempre nel segno della chiarezza, è magistrale il timpano di Claudio Romano nella risoluzione del famoso tema di partenza. Il principale rischio esecutivo, però, di questo poema sinfonico è che dopo l’avvio icastico, riconosciuto da chiunque in qualunque tipo di pubblico, la tensione scenda, e si stemperi in un clima poco più che accademico (da poema lisztiano, per intendersi). Valčuha, al contrario, insistendo sulle tinte delle diverse sezioni, e giovandosi della bravura del violino solista (sempre Milani), sostiene assai bene il prosieguo del discorso musicale; e per ottenere al meglio tale risultato introduce un leggero abbrivio ritmico a mano a mano che la sonorità cresce, con effetto felicissimo. A partire dalla sezione Il canto dei sepolcri la tensione è invece garantita dagli archi, senza dubbio la falange più compatta e duttile dell’OSN. Nella scelta tematica dei capitoli nietzscheani, Strauss opera in modo antologico, analogamente a come farà poi con il testo di Cervantes; il sofferto nichilismo del profeta persiano di Ormazd è trasformato in empito dionisiaco (in fondo, sempre di Nietzsche si tratta …) con l’episodio della Canzone a ballo e delle sue inflessioni viennesi; a questo punto Valčuha lavora sulla dolcezza cullante del ritmo e dei temi, per mantenerla fino agli accordi conclusivi, affidati ancora al primo violino. Ma se la pubblicazione del libro filosofico risaliva a pochi anni prima (1882-1885, il tempo della morte di Wagner), la successiva ricerca di ispirazione letteraria sarebbe approdata al romanzo primo-secentesco: una sorta di cosmopolitismo artistico a passeggio tra i secoli, in cui Strauss si sente perfettamente a suo agio; al pari di Valčuha e del pubblico torinese, durante e alla fine del concerto.