Elena Mosuc: Donizetti Heroines

Arie da “Lucrezia Borgia”, “Maria Stuarda”, “Anna Bolena”, “Roberto Devereux”, “Lucia di Lammermoor” (G.Donizetti), “Norma” (V.Bellini).Ivana  Garaj-Korpar (soprano), Marko Mimica (basso), Sascha Reckert (glassharmonica). Orchestra Simphony orchestra of Croatian radio-television, coro Croatian radio-television Choir. Direttore Ivo Lipanović. Registrazione: Zagabria, Lisinski Concert Hall, 17-20 settembre 2012 / 15-20 giugno 2013. T.Time 76′.01 1 CD Sony 88883788222.
La ragione sottesa ad alcuni prodotti discografici resta in molti casi difficile da comprendere, è questo il caso del nuovo CD della Sony Classical “Donizetti Heroines” che vede protagonista il soprano Elena Mosuc accompagnata dall’orchestra e dal coro della radio-televisione croata diretti da Ivo Lipanović.
La cantante rumena è soprano di coloratura molto apprezzato sulla scena internazionale, specie nei teatri di area mitteleuropea dove è stabile presenza ma è ben conosciuta anche dal pubblico italiano; ma si tratta appunto di un tipico soprano lirico-leggero – seppur dotato di un certo corpo vocale – adatto al repertorio di coloratura mentre i brani richiedono un tipo di vocalità decisamente più drammatico – seppur nel valore che questo termine ha nel belcanto italiano del primo Ottocento – sostanzialmente alieno alla vocalità della cantante.
Il primo ascolto presente – la grande aria della protagonista nel prologo di “Lucrezia Borgia” – rende già manifesti i limiti generali della prestazione. Il recitativo manca di autorità e la pronuncia spesso arruffata – da una cantante di matrice linguistica romanza e spesso attiva in Italia ci si aspetterebbe una dizione migliore – impedisce di scandire le parole con la chiarezza richiesta. Nell’aria la voce appare troppo leggera, il settore medio-grave spesso sollecitato risulta sordo, privo di autentica risonanza e la voce tende a sprofondare priva di controllo. Il settore acuto è naturalmente più facile ma la necessità di salirvi da una scrittura per lei così innaturale si ripercuote anche qui e la voce tende a rimpicciolirsi ad una lamina di suono troppo esile mentre i passaggi di coloratura anche quando correttamente eseguiti si riducono a mero esercizio tecnico e sono totalmente privi di quella componente emotiva che dovrebbero trasmettere.
La medesima impressione è trasmessa dai successivi brani dalla “Maria Stuarda”, la tessitura in genere acuta e la natura sostanzialmente lirica di “Quando di luce rosea” dovrebbe essere più congeniale alla Mosuc ma anche qui la voce da spesso l’impressione di fluttuare sul nulla, priva di appoggio. Anche per quanto riguarda gli estratti da “Roberto Devereux” il quadro resta sostanzialmente analogo, riesce a trovare un colore più scuro con cui mascherare in parte la carenza di peso specifico in “E Sara in questi orribili momenti” ma ovviamente tutte le difficoltà riemergono palesi alle prese con “Quel sangue versato”.
I brani tratti da “Anna Bolena” sono i più problematici dell’intero programma. La voce troppo leggera tende impietosamente a naufragare nelle difficoltà della parte e se “Al dolce guidami” viene in qualche modo risolto sul piano vocale – non su quello espressivo totalmente latitante – la grande espansione vocale richiesta da “Coppia iniqua” e al di fuori delle sue possibilità e la cantante si trova costretta a forzare in tutta la gamma con il risultato che la linea vocale risulta imprecisa e pasticciata e le stesse salite in acuto difficoltose.
In “Lucia di Lammermoor” le difficoltà sono decisamente minori, la parte è meno estranea alla vocalità della Mosuc inoltre vi è una maggior famigliarità con il ruolo più volte affrontato in teatro. Resta in ogni caso un’esecuzione che non va oltre una generica correttezza senza però riuscire ad emozionare o a coinvolgere in modo particolare. In “Ardon gli incensi” si opta per la versione originale con la cadenza accompagnata dalla glassharmonica senza che la cosa influisca in modo particolare sulla riuscita complessiva del brano.
In appendice al programma donizettiano è aggiunta la grande scena di “Norma” comprendente “Casta diva” e “Bello a me ritorna” ma priva del recitativo iniziale che effettivamente risulta difficile immaginare affrontato da una voce come quella della Mosuc. L’alta tessitura e l’andamento più regolare della melodia belliniana, priva dei violenti scatti presenti nei brani di Donizetti, gli risultano meno ostiche e almeno sul piano prettamente vocale i brani sono sostenuti con una maggior sicurezza. Restano anche qui però i problemi di fondo: l’eccessiva leggerezza della voce, la mancanza di un’autentica predisposizione a questo repertorio, l’assenza di qualunque intenzione espressiva e la sconsolante piattezza del fraseggio. La corretta ma anonima prova dei complessi orchestrali croati e dei comprimari che compaiono in alcuni brani – il basso Marko Mimika e il soprano Ivana Garaj-Korpar – non contribuiscono certo a risollevare in modo significativo le sorti di un prodotto sostanzialmente e prevedibilmente deficitari