Intervista con il direttore d’orchestra Antonio Pirolli.
Lei ha diretto il Teatro di Ankara dal 1995 al 2001 e dal 2002 è direttore del Teatro d’Opera di Istanbul. Quali sono state le circostanze che l’hanno portata in questo paese?
Le circostanze che mi hanno fatto approdare in Turchia sono veramente incredibili. In una calda giornata di luglio del lontano 1986, passeggiando nei pressi di via del Corso, a Roma, incontrai per caso il mio insegnante di direzione d’orchestra, il M° Bruno Aprea, con il quale mi ero diplomato l’anno precedente. Casualmente quel giorno era arrivato il direttore artistico del Teatro di Stato di Ankara per delle audizioni e il M° Aprea mi suggerì di incontrarlo. Da quel giorno la mia vita è radicalmente cambiata….
Istanbul, città meravigliosa, segna il confine tra l’Europa e l’Asia. Dal punto di vista musicale come si conciliano le due culture?
L’impatto con questa nuova realtà non è stato facile. All’inizio si è mossi dal desiderio di avventura; un breve periodo di esperienza per “farsi le ossa”, come si dice in gergo. Quel percorso che tutti i direttori d’orchestra che desiderano acquisire la pratica necessaria al mestiere e poter in seguito affrontare teatri o compagini più ambiziosi. In questo il Teatro di Ankara era perfetto, lontano dagli occhi severi del pubblico e della critica, mi offriva tutto ciò di cui avevo bisogno: un’orchestra e un coro stabili, un ensemble di solisti piuttosto giovane con i quali lavorare in serenità. E così è stato; nel giro di pochi anni avevo già al mio attivo una ventina di titoli del repertorio più in uso.
La politica locale come si occupa della cultura musicale occidentale?
Istanbul è una città straordinaria dalle mille contraddizioni e chi c’ è stato sa che di cosa parlo. Non soltanto dal punta di vista geografico, ma principalmente culturale, Istanbul vive a cavallo di due culture, quella europea e quella asiatica. Le riforme radicali operate da Mustafa Kemal Ataturk agli inizi del secolo hanno consegnato la Turchia, reduce dal tracollo dell’impero ottomano, alla storia moderna. Ma come tutte le rivoluzioni che non nascono da una coscienza collettiva, i segni della regressione culturale non sono tardati a venire. La Turchia “moderna” non ha ancora deciso l’indirizzo da seguire. Pur avendo intrapreso la strada della modernizzazione socio-economica, fa una gran fatica ad accettare e, forse, a comprendere la cultura cosiddetta “occidentale”.
Vivere da molto tempo a Istanbul ha contribuito ad arricchire la sua sensibilità musicale?
Lei mi chiede se vivere ad Istanbul possa aver arricchito la mia sensibilità musicale. La musica popolare turca è di difficile fruizione per un occidentale. Al di là della curiosità iniziale non credo che l’ascolto di questo tipo di musica possa influenzare la sensibilità di un musicista con una formazione accademica di stampo europeo. I due stili sono troppo distanti l’uno dall’altro.
Lei è nato a Roma e vive ad Istanbul. Quali sono le emozioni che suscitano queste due città così ricche di storia?
Istanbul è una città molto affascinante che ti rapisce già dal primo momento. La sovrapposizione ancestrale di culture diverse la rendono una città di straordinaria bellezza. Potrei dire che le assonanze con Roma sono tante, ma il percorso comune alle due città si ferma con il crollo dell’Impero Romano d’Oriente. Istanbul è essenzialmente una città ricca di storia e unica al mondo per la sua collocazione a cavallo di due continenti.
Che importanza dà alla spiritualità, Lei che vive al confine tra due culture religiose?
Credo che la spiritualità sia una componente fondamentale dell’animo di ogni musicista. Il popolo turco vive la religione in maniera discreta e nel massimo rispetto degli altri, merito soprattutto della impostazione laica dettata da Mustafa Kemal, il quale ha imposto una netta linea di demarcazione tra Stato e Chiesa.
Quale repertorio predilige il pubblico turco?
Il pubblico turco è un pubblico molto aperto. Nei teatri d’opera vengono rappresentati titoli di svariati autori, ma la preferenza, e lo posso affermare con certezza dopo tanti anni di esperienza, è il repertorio italiano. Grandi maestri del passato, direttori d’orchestra,cantanti e registi italiani,hanno lasciato un segno profondo nella tradizione musicale turca.
Quali sono i compositori che lei predilige?
E’ difficile dire quali siano i compositori da me preferiti. Sono tanti, e nominarne qualcuno significherebbe fare un torto agli altri. Certo, in cima alla classifica devo mettere Verdi, seguito da…..faccia lei.
Dei direttori d’orchestra del passato quali ama ricordare?
Tra i direttori d’orchestra invece sono costretto a sbilanciarmi: per il sinfonico, ma anche nella lirica, per alcune straordinarie letture devo mettere Karajan. Di stile completamente diverso ma ugualmente inarrivabile Carlos Kleiber.
Cosa pensa delle regie moderne?
Punto dolente dell’attività lirica mondiale sono a mio avviso le cosiddette “regie moderne”. A questo proposito bisogna fare un distinguo: se per moderna intendiamo una regia che rompe con la tradizione puntando solo sulla sensazionalità o sullo scandalo, mi trova in pieno disappunto. Così come sono contrario alle trasposizioni storiche di quei libretti che hanno riferimenti storici troppo definiti, vedi titoli come Aida, Tosca e via dicendo. Accetto solo la “modernità” che risponda a determinati criteri di logicità; allora perché non intervenire anche sulla musica alterando magari la partitura con elementi di musica contemporanea, non le sembra?
Ha un sogno nel cassetto?
Io ho tanti sogni nel cassetto. Adoro volare, ma non sono riuscito a realizzare il desiderio di pilotare un aereo, semplicemente perché sono miope. L’altra mia passione è la medicina, in particolare la chirurgia. Ho molti amici chirurghi che, conoscendomi, mi invitano a seguire i loro interventi.
Come riesce a conciliare carriera e vita affettiva?
La mia vita affettiva è stata molto burrascosa. Sono al mio terzo matrimonio dal quale ho avuto due magnifici gemelli. Per un direttore d’orchestra non è facile conciliare la vita affettiva con quella professionale. La persona che si ha accanto deve essere pronta al sacrificio, spesso anteporre gli interessi della famiglia ai propri.
Vista da un italiano in Turchia come appare la nostra Italia?
L’Italia vista dalla Turchia è senz’altro migliore di quella che siamo abituati a vedere dal vivo ogni giorno. I turchi guardano all’Italia e agli italiani con grande ammirazione. Il patrimonio storico-artistico dell’Italia è da fare invidia al mondo, anche se purtroppo noi spesso non ce ne rendiamo conto.
Kebab o spaghetti?
Tra spaghetti e kebab non saprei quale scegliere, forse dovrei tentare una combinazione dei due piatti che secondo me si sposerebbero bene.
Antonio Pirolli è nato a Roma, città dove ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio di Musica “Santa Cecilia”, diplomandosi in pianoforte, musica corale e direzione di coro, composizione e direzione d’orchestra. Ha perfezionato i suoi studi di direzione d’orchestra con Zoltan Pesko, Vladimir Delman e Rudolf Barshai, classificandosi terzo, nel 1987, alla terza edizione del Concorso Internazionale di Direzione d’Orchestra “Arturo Toscanini” di Parma (Italia).
Dal 1995 al 2001 è stato Direttore Musicale Generale del Teatro dell’Opera di Stato di Ankara (Turchia).Ha diretto nei teatri più importanti, tra cui il New National Theatre di Tokyo (Giappone), il Teatro Saõ Carlos di Lisbona (Portogallo), il Teatro Colon di Buenos Aires (Argentina), il Teatro dell’Opera di Wiesbaden (Germania); e in Italia: il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro Carlo Felice di Genova, il Teatro Vincenzo Bellini di Catania.Dal 2002 è Direttore Musicale Generale del Teatro dell’Opera di Stato di Istanbul in Turchia. Svolge intensa attività sinfonica prediligendo il repertorio tardo romantico e contemporaneo.