Quartetto di Cremona: Esplorando Beethoven alla “IUC(II)

Istituzione Universitaria dei Concerti, Stagione 2013/2014, Aula Magna de “La Sapienza” Università di Roma
QUARTETTO DI CREMONA
Violini Cristiano Gualco, Paolo Andreoli
Viola Simone Gramaglia
Violoncello Giovanni Scaglione
Ludwig van Beethoven: Quartetto in mi bemolle maggiore op. 127; Quartetto in do maggiore op. 59 n. 3
Roma, 25 gennaio 2014

Il secondo appuntamento con il Quartetto di Cremona all’Istituzione Universitaria dei Concerti è all’insegna delle celebrazioni a seguito della morte del grande Claudio Abbado; in tal senso, il professor Franco Piperno (ordinario di Musicologia all’Università “La Sapienza”) ne ricorda brevemente la figura e i concerti che ha diretto alla IUC: d’intesa con il QdC, il concerto è dedicato alla sua veneranda memoria. Per questo, l’ordine originario dei quartetti viene alterato: prima si esegue l’op. 127, poi l’op. 59. 3, per il carattere di apoteosi del movimento finale (Allegro molto) di quel quartetto, più consono a una celebrazione radiosa, invece che cupa, funerea, del Maestro milanese. Tutti i membri del quartetto – come nello scorso concerto – suonano divinamente: pongono un’attenzione notevole al discorso, al volume, al colore e al carattere della musica, facendo respirare, vibrare gli strumenti. Ambedue sono quartetti estremamente complessi, lunghi e corposi. L’op. 127 (della maturità, del 1822) inizia con un Maestoso, Allegro tematicamente complesso, dove il discorso melodico si rinsalda in accordi voluminosi; segue un’introduzione a canone in pianissimo nell’Adagio ma non troppo e molto cantabile, la cui seconda sezione presenta un delizioso dialogo fra i violini e i pizzicati di viola e violoncello; dopo i frammenti melodici dello Scherzando vivace, il quartetto termina con il finale preparato da splendidi trilli.
Prima dell’intervallo, gli strumentisti – con la consueta perizia che gli deriva da una profondissima conoscenza di Beethoven – prendono la parola e spiegano l’opera che vanno suonando: forse la caratteristica più nobile e interessante dell’offerta della IUC. Il violista Simone Gramaglia ricorda come l’op. 59. 3 presenti un mistico paradosso: pur avanzando la sordità, Beethoven scelse una tonalità estremamente solare (do maggiore) per il quartetto, quasi ammantando di positività l’estrema tragedia; il violoncellista Giovanni Scaglione parla dell’incipit dell’op. 59. 3, analizzando l’inconsueto uso dell’accordo diminuito sfuggente dalla tonalità e il ritmo notevolmente disorientante; il violinista Paolo Andreoli pone l’accento sull’evoluzione delle parti secondarie nei quartetti beethoveniani, come si vede nei virtuosismi presenti nell’op. 59. 3; il primo violino Cristiano Gualco conclude discorrendo della bellezza di queste composizioni, del piacere di riscoprire a ogni lettura interpretazioni diverse, che attestino l’eterna incompletezza della ricerca interpretativa, dell’uso del metronomo da parte di Beethoven (s’era da poco inventato, e lo prediligeva alle indicazioni tempistiche, più soggette all’arbitrio interpretativo), del mondo filosofico e psicologico che si sprigiona da ogni suo accordo.
Il concerto si conclude con l’esecuzione dell’op. 59. 3 (l’ultimo del trittico ‘Rasumowsky’, dal nome del principe russo dedicatario); del periodo di mezzo, il quartetto fu composto nella seconda metà del primo decennio del XIX secolo. La sezione Andante con moto dell’introduzione, dal carattere malinconico e tonalmente disorientante (che ricorda quasi quella sezione dopo il poderoso accordo iniziale dell’ouverture della mozartiana Don Giovanni), fa da cappello per un Allegro vivace; nell’Andante con moto quasi Allegretto sono sontuosi gli effetti degli archi alti sopra i pizzicati del violoncello; dopo un Minuetto grazioso, si arriva attraverso una magnifica sortita a canone degli strumenti allo sfrenato, solare finale (Allegro molto).
Il concerto termina con un’ulteriore dedica a Abbado: il Presto (II movimento) dell’op. 130, gradito regalo per il pubblico che applaude appagato.