Georg Philipp Telemann (1681-1767):”Scherzi Melodici” (1734)

Ensemble Symposium: Eva Saladin (violino), Simone Laghi (viola), Marco Lo Cicero (violone), Federica Bianchi (clavicembalo). Registrazione: 12-14 febbraio 2013, Auditorium “Arcangelo Corelli”, Fusignano (RA). Total time: 63’16. 1 CD Brilliant Classics 94330

Georg Philipp Telemann è tuttora uno dei compositori più calunniati della storia. Fu probabilmente una brillante idea del musicologo tedesco Philipp Spitta nella sua biografia Johann Sebastian Bach (Lipsia, 1873) quella di dimostrare la superiorità del suo idolo insultando quello che al tempo di Bach era il più famoso compositore sul suolo tedesco, accusandolo di essere troppo superficiale e troppo prolifico, a dispetto della grande stima che tutti i musicisti tributarono a Telemann nel Settecento (ivi compreso Johann Sebastian Bach, che era suo amico personale e che chiamò quello che sarebbe divenuto il più illustre tra i suoi figli Carl Philipp Emmanuel proprio in suo onore). Come stupirsene, quando ancora oggi musicologi idioti (e potrei citare nomi illustri) credono di dover parlare male di Bach per sostenere la causa di Handel o viceversa? La storia ha vendicato Telemann dimostrando che composizioni che Spitta credeva essere di Bach (ad esempio le cantate BWV 141, 160, 218 e 219) sono sicuramente opera di Telemann. Il popolare poligrafo Romain Rolland nel 1920 tentò di portare l’attenzione del pubblico ad un reale ascolto della musica di Telemann e la musicologia ha portato alla redazione di un catalogo del suo sterminato opus compositivo (TWV) e ha reso disponibili edizioni moderne di moltissime partiture, ma la fama di compositore corrivo e superficiale si era già appicciata al nostro e tuttora viene pappagallescamente ripetuta qua e là nelle poche occasioni in cui il nome di Telemann salta fuori. Non sembra che l’anniversario dei 300 anni della sua nascita nel 1981 abbia portato molti frutti e non si prevede che quello dei 250 anni dalla sua morte nel 2017 possa valere maggiori festeggiamenti. Negli ultimi anni la discografia telemanniana si è certamente arricchita, soprattutto ad opera di onesti ensemble barocchi tedeschi, ma mentre i nomi di Handel e Bach tranquillizzano gli organizzatori di concerti, Telemann è ancora un illustre Carneade e il terzo posto che gli spetterebbe è grottescamente usurpato dalla popolarità che Vivaldi si è guadagnato nel Novecento. Se ci fosse qualche musicologo in cerca di fama che si incaricasse di scoprire qualche inedito di Bach attribuendogli qualche cantata di Telemann, nella maniera in cui si attribuisce qualsiasi cosa a Vivaldi, potremmo almeno ascoltarne un po’ di più. Il pubblico non si accorgerebbe minimamente dello scambio e, anzi, oserei affermare che, se non ne conoscesse il nome dell’autore, darebbe la preferenza alle cantate di Telemann, meno torturate di quelle di Bach e ricche di teatrali sorprese armoniche e timbriche.
Oltre che per la stupidità di alcuni musicologi, la fama di superficialità Telemann se l’è guadagnata scrivendo, a fianco delle più impegnate cantate sacre, molti lavori strumentali che si concentrano più sulla melodiosità della parte superiore e sulla verve ritmica, tralasciando volutamente il contrappunto imitativo, in ciò precorrendo la moda “galante”, rivolgendosi anche al pubblico di suonatori amatoriali con raccolte a stampa di musica di facile esecuzione o dagli intenti didattici. Ma anche in questa parte più “commerciale” della sua produzione, Telemann mantiene una qualità altissima e un’ispirazione originale e talvolta bizzarra, che si rifà alla musica popolare (specialmente a quella polacca) e si avvale spesso di accattivanti asimmetrie e di sorprendenti spostamenti ritmici. È questo il caso di questi Scherzi melodichi (1734), una raccolta di sette suites per violino, viola e fondamento (cioè basso continuo), ognuna intitolata ad un giorno della settimana e ciascuna composta da una Introduzione e sei “ariette semplici e facili”, come promette il frontespizio. Il contrappunto (di cui pure Telemann era abilissimo) vi è bandito e la viola non fa altro che realizzare le armonie del basso o seguire in seste o terze la parte del violino. Musica di consumo quanto altre mai, e difatti è stata scritta “per divertimento di coloro che prendono le acque minerali in Pirmonte”, ovvero per i frequentatori delle terme di Bad Pyrmont, dove il compositore si era recato per curare certi suoi acciacchi. Non penso che questo debba frenare nessuno dall’ascolto di questa musica, piacevole e intelligente oggi come allora.
Nel 2011 l’austriaco Ensemble Delirio aveva pubblicato per la casa discografica Capriccio un album che nonostante il titolo A Week of Telemann eliminava il trio di Giovedì (TWV42: Es2) per fare posto a tre brevi cantate per soprano dalla raccolta Harmonischer Gottesdienst. La scelta è comprensibile. Questa raccolta di pezzetti brevi e disimpegnati si gusta molto meglio a piccoli sorsi. Un concerto composto di tutti e sette gli “scherzi” in fila sarebbe veramente indigesto. Ma d’altra parte non si vede perché uno dovrebbe ascoltare un cd tutto d’un fiato. Immagino che sia una questione di gusti personali. Personalmente ritengo preferibile avere tutta la raccolta in un’unica incisione, come riferimento, come quella appena pubblicata da Brilliant Classics, realizzata dal giovane gruppo romagnolo Ensemble Symposium, composto da Eva Saladin (violino), Simone Laghi (viola, anche autore dell’edizione impiegata, edita da Edizioni Pian & Forte), Marco Lo Cicero (violone) e Federica Bianchi (clavicembalo). A parte il trio mancante, sia l’esecuzione del Delirio che quella del Symposium sono molto valide ed entrambi gli ensemble esibiscono una conoscenza della corretta ornamentazione barocca. I tempi di metronomo sono molto simili, ma all’interno di questi tempi gli italiani esibiscono una maggiore libertà di fraseggio e una maggiore disponibilità ad enfatizzare la provenienza popolare di alcuni materiali e cercano di variare la tavolozza timbrica talora omettendo il clavicembalo o, in un caso, affidando un ritornello al solo clavicembalo. Ma ciò che fa pendere la bilancia dalla parte degli italiani è soprattutto il timbro più piacevole del clavicembalo impiegato e la ripresa del suono della Brilliant, più morbida rispetto a quella più clinica della Capriccio (nonché una copertina del cd più bella). Il succo del discorso comunque è che se amate la musica del Settecento e non conoscete Telemann (o, peggio, pensate di conoscerlo da pochi ascolti frettolosi) vi state perdendo molto. P.V.Montanari