Piacenza, Teatro Municipale: “La vedova allegra”

Piacenza, Teatro Municipale, Stagione Lirica 2013-2014
“LA VEDOVA ALLEGRA”
Operetta in tre atti di Franz Lehàr
su libretto di Viktor Lèon e Leo Stein dalla commedia L’Attachè d’ambassade di Henri Meilhac
Il Conte Danilo Danilowitch ALESSANDRO SAFINA
Anna Glavari PAOLA SANGUINETTI
Il Barone Mirko Zeta DANIELE CUSARI
Valencienne DILETTA RIZZO MARIN
Camille de Rossillon ORESTE COSIMO
Il Visconte Cascada DARIO GIORGELÈ
Roul de St. Brioche GRAZIANO DALLAVALLE
Bogdanowitch GIOVANNI BELLAVIA
Sylviane FEDERICA GATTA
Kromow VALENTINO SALVINI
Olga CHIARA MANESE
Pritschitch ANDREA ZAUPA
Praskowia STEFANIA MAJARDI
Njegus CORRADO CALDA
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Direttore Andrea Sanguineti
Maestro del coro Corrado Casati
Regia Nicola Berloffa
Scene e costumi Artemio Cabassi
con la partecipazione dell’étoile Giuseppe Picone
Produzione Fondazione Teatri di Piacenza
Nuovo allestimento
Piacenza, 16 febbraio 2014

In concomitanza con la festa di San Valentino, per tre recite, il Teatro Municipale di Piacenza ha allestito una nuova produzione de La vedova allegra di Franz Lehàr. La recita domenicale ha riscosso un notevole successo di pubblico sia in termini di presenze in sala che di consensi, nonostante una parte musicale tutt’altro che irreprensibile.
La parte visiva (scene e costumi) è stata affidata ad Artemio Cabassi. Già all’apertura del sipario, sorge dal pubblico un applauso spontaneo, quasi a segnare da subito la bellezza dello spettacolo: in effetti lo sfarzo che contraddistingue la scena del ballo promosso dall’Ambasciata pontevedrina non può lasciare indifferenti.
Non è assolutamente chiaro però quale volesse essere l’ambientazione di questa Vedova: stando alle parole dello scenografo e costumista «Il primo Atto […] si svolge presso l’ambasciata del Pontevedro»; per poi proseguire «Il secondo atto, sempre ambientato nel Pontevedro». Quindi l’ambasciata dovrebbe essere quella del Pontevedro e nel Pontevedro?
Quale che sia questa ambientazione, secondo le intenzioni di Cabassi ci sarebbe comunque un’evoluzione negli ambienti e nei costumi che caratterizzano l’allestimento. Si passa dall’ambiente borghese dell’ambasciata di uno staterello ininfluente per poi finire alla festa voluta dalla Vedova «alla maniera di quei locali un po’… eccitanti», caratterizzata dai colori sgargianti e dallo sfrenato ritmo del can-can. Un’evoluzione di gusto e di costume, quindi. Anche Anna Glavari sembrerebbe far sua questa linea, indossando costumi in netto contrasto con le mogli degli altri ambasciatori. Quella che emerge sugli altri è però la figura di Valencienne, alla quale sono destinati i costumi più belli dell’intera serata, sempre pronti ‘a raccontare il personaggio’, mai eccessivi: il vero motore di questa Vedova (o la vera rivoluzionaria) sembrerebbe essere lei, ora ammiccante nell’abito a sirena ora civettuola durante la festa nel giardino di casa Glavari, lontana anni luce da tutte le altre dame in scena. Ma, più generale, tutti i costumi sono magnifici: talmente bella è la commistione tra provinciale e mondano durante la festa in giardino, da richiamare la grande scena di Ascot di My Fair Lady.
Non sarà stato sicuramente facile inserirsi in un impianto così marcato, ma la regia di Nicola Berloffa poteva osare (ma semplicemente dire) qualcosa di più. A parte entrate ed uscite gestite con ordine, si sono visti giusto finti ammiccamenti, finti brindisi, finti abbracci, la Vedova che entra e ride, movenze di ballo da lombalgia … insomma, una regia un po’ ‘a ciliegia’, dove un cliché sembrebbe tirare l’altro.
In forma smagliante l’étoile Giuseppe Picone, chiamato a dare autentico brio ai ricevimenti degli ultimi due atti. La vera sferzata di energia di questa produzione è stata lui.
Andrea Sanguineti, succeduto a Christopher Franklin nell’ultima recita, impronta una lettura clangorosa e in netto contrasto con le ragioni del canto: il cast non sarà stato l’ideale, ma un accompagnamento maggiormente amorevole e accorto avrebbe senz’altro giovato.
Paola Sanguinetti, soprano molto conosciuto e amatissimo nella provincia emiliana, ha impersonato un’Anna Glavari statica e matronale scenicamente e udibile solo nei pochissimi acuti previsti dalla parte. Problemi di volume anche per Alessandro Safina che almeno può contare su una verve e un’idea del personaggio più accattivanti. Le cose vanno meglio con la coppia ‘clandestina’, Valencienne e Camillo. Diletta Rizzo Marin, forte anche della bella presenza scenica, tratteggia una baronessa briosa e spumeggiante; la voce è sufficientemente ampia e estesa e belle sono parse le intenzioni musicali; a Oreste Cosimo mancherebbe solo di eliminare lo ‘scalino’ sul passaggio acuto per rendere piena giustizia alla sua bella voce di tenore lirico. La coppia funziona comunque benissimo, tanto in scena quanto nei duetti che li vedono protagonisti. Sufficiente il Barone Zeta di Daniele Cusari, forse giocato un po’ al risparmio al primo atto. Divertenti e convincenti musicalmente il Visconte Cascada di Dario Giorgelè e il Raoul de St. Brioche di Graziano Dallavalle. Spassoso e ruffiano al punto giusto il Njegus di Corrado Calda. Sufficiente l’apporto del resto della compagnia, così come quello del Coro del Teatro Municipale di Piacenza guidato da Corrado Casati.
Applausi per tutti, con particolari apprezzamenti per Safina, Rizzo Marin e Cosimo.
Foto per gentile concessione dell’Ufficio Stampa del Teatro Municipale di Piacenza