Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2013-2014
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Diego Matheuz
Franz Schubert: Sinfonia n. 4 in do minore D 417 Tragica
Luciano Berio: Quattro versioni originali della Ritirata notturna di Madrid di Luigi Boccherini
sovrapposte e trascritte per orchestra
Anton Webern: “Passacaglia” op. 1
Ottorino Respighi :”Passacaglia” in do minore, interpretazione orchestrale della Passacaglia per
organo BWV 582 di Johann Sebastian Bach
Venezia, 31 gennaio 2014
Un pubblico numeroso, nonostante la preannunciata acqua alta, gremiva la Sala del Selva, per ascoltare un concerto, diretto da Diego Matheuz, il cui programma comprendeva quattro titoli a prima vista appartenenti ad autori e contesti culturali alquanto diversi, ma a ben guardare legati da una costante: la rivisitazione, più o meno conflittuale, del passato. Al classicismo viennese guarda, seppur percorsa da inquietudini romantiche, la Quarta Sinfonia Tragica di Franz Schubert, la cui tonalità d’impianto fa pensare evidentemente a Beethoven. Un tardo Settecento, reso con verve, senso del ritmo e del colore, è quello che caratterizza la trascrizione, realizzata da Luciano Berio, della Ritirata notturna di Madrid di Luigi Boccherini, consistente nella sovrapposizione delle quattro versioni originali pervenuteci e nella loro strumentazione per grande orchestra. Analogamente legato al passato è il primo lavoro veramente originale di Anton Webern, la Passacaglia op. 1, seppure influenzata a livello tematico e armonico da Brahms: barocca nella forma, classica nello stile, tardo romantica nei timbri orchestrali, eppure già rivela alcuni di quelli che saranno i tratti distintivi del geniale allievo di Schönberg, ovvero l’estrema concentrazione del materiale musicale e delle sue elaborazioni in pezzi di durata aforistica, l’imponente organico orchestrale, l’elasticità del ritmo, la frammentazione di un idea tra diversi strumenti secondo la tecnica del pointillisme. Assolutamente smagliante, per quanto talora appesantita da una certa magniloquenza, la veste orchestrale creata da Ottorino Respighi per la Passacaglia e fuga in in do minore per organo di Bach, in cui il compositore italiano riesce a riprodurre, con un sapiente utilizzo delle varie sezioni orchestrali, i vari registri dell’organo, riconsegnandoci in una forma trionfale uno dei vertici dell’arte contrappuntistica del maestro di Eisenach.
Anche questa serata – come già la première de La clemenza di Tito – è cominciata nel ricordo di Claudio Abbado, che da poco ci ha lasciato. Salito sul podio, il giovane maestro venezuelano ha pronunciato, rivolgendosi al pubblico, qualche breve, commossa parola in ricordo di uno dei più grandi protagonisti nel panorama musicale internazionale per più di mezzo secolo, nonché di colui che l’ha, tra i primi, riconosciuto il suo talento: a lui intendeva dedicare il concerto che sarebbe cominciato tra pochi istanti, in particolare la prima composizione in programma, la Sinfonia Tragica di Schubert, la stessa che un giovane Abbado agli esordi diresse, molti anni or sono, nella sua prima apparizione alla Fenice. E l’interpretazione di Matheuz relativa a quello che può essere considerato l’ultimo dei lavori sinfonici giovanili di Schubert ci è parsa davvero all’altezza, anche tenuto conto dell’illustre maestro cui era consacrata. Il direttore ha saputo conciliare la vena lirica e cantabile, che fa pensare alla vocazione liederistica del compositore viennese, con la drammaticità, peraltro esteriore, derivante da un più o meno consapevole tentativo di imitazione di Beethoven. Solenne e meditativo è risuonato il Molto Adagio iniziale, fortemente contrastato il successivo Allegro vivace, esasperando il più possibile, attraverso forti accentuazioni a livello dinamico, le tensioni drammatiche, che la scrittura di Schubert tenderebbe ad allentare, imbrigliandole in una struttura staticamente basata sull’iterazione. Nell’Andante si è apprezzata la grazia delle migliori melodie mozartiane, nel Minuetto, inframezzato dal Trio, si sono segnalati gli archi e i legni, mentre nell’Allegro finale l’agogica serrata, oltre ad un’ampia dinamica, sottolineavano una volta a la forte influenza di Beethoven.
La Ritirata notturna, nella trascrizione di Berio, eseguita con precisione da tutta l’orchestra, ha affascinato per gli effetti coloristici con il contributo in primis dei legni, cui via via si sono aggiunti i fiati e gli archi, mentre il tamburo rullante scandiva ossessivamente sempre più forte le proprie figure ritmiche, originando un climax ascendente, che poi – con procedimento opposto – è divenuto discendente, a suggerire l’approssimarsi e poi l’allontanarsi della truppa annunciante il coprifuoco. Ottima la prestazione dell’orchestra anche nella Passacaglia op. 1 di Webern, dove hanno brillato le varie sezioni orchestrali e i singoli strumenti, impegnati nell’esecuzione – rigorosa e brillante – di una composizione, che procede per frammenti tematici senza sviluppo e in cui il timbro è forse il parametro prevalente, sotto la guida di un sicuro gesto direttoriale. Di grande effetto, infine, l’esecuzione della trascrizione della monumentale Passacaglia e fuga in do minore di Bach, analogamente caratterizzata da grande precisione e nitore di suono in cui ha veramente impressionato l’ostinato iniziale, intonato nell’originale per organo dalla sola pedaliera, che Respighi affida ai tromboni e al basso tuba, a questo nucleo portante dell’intera composizione si sono intrecciate le variazioni eseguite magistralmente dalle varie sezioni strumentali come la seguente fuga fino all’imponente sonorità dell’apoteosi finale. Caloroso successo.