Daniel Purcell (c.1664-1717):”The Judgment of Paris”

Opera su testo di William Congreve. Samuel Boden (Paris), Anna Dennis (Venus), Amy Freston (Pallas), Ciara Hendricks (Juno). Spiritato e Rodulfus Choir. Direttore Julian Perkins. Registrazione 27-29 settembre 2013 presso la St. John’s Smith Square, London. RES 10128 (disponibilità solo in download)
La storia della diffusione e dell’affermazione dell’opera di stampo continentale in Gran Bretagna è una storia lunga e tormentata, combattuta fra un sincero e precoce interessamento ed una tradizione locale restia ad accettare le innovazioni di matrice italiana o francese. Rispetto all’opera tradizionale totalmente cantata tende infatti ad affermarsi il genere nazionale del masque di derivazione rinascimentale caratterizzato dalla compresenza di parti cantate e parlate; verso la fine del XVII secolo in questo genere teatrale il ruolo della componente musicale andava progressivamente diminuendo riducendosi a musiche strumentali di collegamento e a ballabili mentre le limitate parti cantate destinate ad attori e non a cantanti professionisti perdevano progressivamente di interesse e l’epoca dei grandi lavori di Henry Purcell sembrava rapidamente tramontata.
Per porre un argine a questa decadenza il 18 marzo 1700 sulla London Gazzette un gruppo di nobili inglesi appassionati di musica con a capo Charles Montagu conte di Halifax annunciarono l’apertura di un concorso per opere totalmente cantate su testi in inglese affidando al drammaturgo William Congreve – una delle figure più interessanti del teatro inglese del periodo – la stesura dei libretti. Il concorso non ottenne particolare successo e solo quattro compositori vi si iscrissero – di cui uno Gottfied Finger era un immigrato boemo di formazione musicale tedesca – e il tentativo di far nascere un’opera autenticamente inglese sarebbe stato rapidamente schiacciato dall’affermarsi delle compagnie italiane negli anni immediatamente successivi.
Il concorso fu vinto a sorpresa – e non senza polemiche – da John Eccles davanti al favorito John Weldon mentre in terza posizione si classifico Daniel Purcell con “The Judgement of Paris” che nonostante il risultato non felicissimo della composizione attirò non poco l’attenzione del pubblico tanto da essere fra le opere presentate l’unica a suscitare qualche sporadico interessamento nel corso del XVIII secolo come attesta una revisione di Thomas Arne portata in scena nel 1742.c
Dimenticata per oltre 300 anni la versione originale di Purcell è stata nuovamente eseguita a Londra nel settembre del 2013 e opportunamente registrata dall’etichetta britannica Resunos permettendo di rendere fruibile al pubblico un lavoro non privo di interesse e godibilità.
Daniel Purcell è figura per certi aspetti misteriosa e sfuggente. Nato verosimilmente intorno al 1670 e morto nel 1717 viene abitualmente considerato fratello minore del più celebre Henry anche se studi recenti sembrerebbero indicarlo come cugino; in vita godette di notevole successo per la sua capacità di rinnovare il linguaggio della musica inglese alla luce delle novità italiane senza perdere però il legame con la tradizione nazionale che aveva visto in Henry il più illustre rappresentante.
All’ascolto la scrittura musicale di Purcell presenta infatti notevoli elementi di interesse; pur utilizzando un complesso di dimensioni abbastanza ridotte la scrittura orchestrale è decisamente ricca e molto curata e non lesina effetti sonori alquanto sorprendenti come l’entrata di Giunone che attestano l’acquisizione di moduli derivati dal gusto barocco per la meraviglia. I singoli personaggi sono musicalmente caratterizzati da alcuni strumenti specifici che in qualche modo ne rappresentano la duplicazione orchestrale anticipandone gli ingressi e accompagnandoli nei passi solistici: l’oboe per Paride, la tromba per Pallade, il flauto per Venere, il violino per Mercurio.
La struttura drammaturgica si compone di una serie di brani solistici – limitati gli interventi del coro o i brani a più voci riducibili ad un duetto Paride-Mercurio e ad un terzetto delle tre Dee – spesso presentanti una forma intermedia fra l’aria di matrice italiana e il declamato arioso che si era affermato in Francia con Lully mentre la scrittura vocale pur senza raggiungere il virtuosismo estremo di matrice italiana richiede buone doti di coloratura e propensione nel canto di agilità.
L’esecuzione è affidata a “Spiritato” un complesso di giovani musicisti inglesi nato nel 2008 e specializzato nell’esecuzione di musiche del XVII e XVIII secolo guidato dal clavicembalista e direttore Julian Perkins grande conoscitore di questo repertorio. La prova offerta dai giovani musicisti si segnala per intensità ed entusiasmo, il suono è sempre estremamente pulito ma anche ricco e pieno di vita, i contrasti affettivi così importanti in questo tipo di partiture sono evidenziati al meglio e l’accompagnamento del canto sempre efficace; l’esecuzione riesce a trasmettere la passione e la gioia di fare musica che unisce i membri della formazione e fornisce un altro tassello al quadro di grande vitalità e originalità che caratterizza la musica barocca in Europa e il suo profondo radicamento nelle nuove generazioni.
Il cast è composto anch’esso da cantanti giovani, volenterosi e ben preparati che contribuisco positivamente alla riuscita complessiva del progetto. Nel ruolo del protagonista Samuel Boden fa valere una bella voce di tenore agile e luminosa; la scrittura del ruolo è molto acuta e si rifà sostanzialmente al modello degli haute contre francesi e richiede un buon controllo della coloratura nonostante il tono sostanzialmente elegiaco della parte particolarmente evidente nell’aria di sortita con oboe “Oh Hermes, I thy Godhead know by thy” in cui si riflette tutto il gusto barocco per le scene pastorali o nella conclusiva “I yield, I yield, O take the Prize” caratterizzata però da maggiori difficoltà vocali e da un uso più fitto della coloratura.
Nel terzetto delle Dee si distingue la Venere di Anna Dennis, soprano lirico dalla voce morbida e carezzevole, luminosamente femminile, perfettamente a suo agio tanto nella languida aria di sortita con flauto “Hither turn thee gentle Swain” quanto nel grande monologo che accompagna la sua vittoria nella contesa “Stay lovely Youth, delay thy choice” brano di grande lunghezza e complessità caratterizzato da ampi scarti espressivi che passano dal lirismo della sezione iniziale alla scrittura decisamente virtuosistica di “Nature fram’d thee sure for Loving” dove pur all’interno di un tono languido e sensuale la voce è chiamata a muoversi con estrema agilità su una scrittura orchestrale mossa e frastagliata molto vicina a quella di certi lavori della piena maturità di Henry.
Pur nella brevità della parte si fa apprezzare la Giunone di Ciara Hendricks, l’aria di sortita con archi e macchina del vento “Saturnia, Wife of Thundering” è un piccolo gioiello di freschezza che la cantante risolve con grande proprietà sia sul piano vocale sia su quello espressivo rendendo con efficacia la natura sostanzialmente distaccata e ironica della regina dei Numi.
Meno convincente la Pallade di Amy Freston, voce più anonima come timbro ma soprattutto messa in difficoltà da una parte caratterizzata da un taglio marziale tanto nell’aria di sortita con tromba “This Way Mortal, bend thy Eyes “ quanto la successiva e più virtuosistica “O what Joy does Conquest yield!” in cui nonostante l’impegno della cantante si notano difficoltà specie nel settore acuto dove la voce tende ad indurirsi. Positiva invece la prova di Ashley Riches che presta una buona voce di baritono chiaro ed un accento brillante ed ironico a Mercurio contribuendo al meglio alla scena iniziale dell’opera con Paride in cui è compresa l’aria con violino “This Radiant Fruit behold” dall’andamento danzante e non priva di suggestioni francesi. Il Rodulphus Choir risolve con puntualità e precisioni i propri – per altro limitati – interventi.