Verona, Teatro Ristori: Il Camerismo alto del Quartetto di Cremona

Verona, Teatro Ristori, Società Amici della Musica. 104a Stagione Concertistica
Quartetto d’archi di Cremona
Violini Cristiano Gualco,  Paolo Andreoli
Viola Simone Gramaglia
Violoncello Giovanni Scaglione
Ludwig van Beethoven: Quartetti  per archi n. 10 in Mi bemolle maggiore op. 74 e  n. 14 in Do diesis minore op. 131
Verona, 17 Marzo 2014
Protagonista dell’ultimo appuntamento musicale degli Amici della Musica di Verona, il 17 Marzo, è il Quartetto d’archi di Cremona. La formazione, nata quattordici anni fa, è ora una delle realtà cameristiche di spicco del panorama internazionale e registra presenze nelle maggiori sale da concerto d’Europa e non solo. Non fatichiamo a capirne il perché: ciò che maggiormente colpisce l’ascoltatore, anche solo dopo pochi minuti d’esecuzione, è la strenua ricerca di una vivida omogeneità sonora. La tavolozza timbrica della formazione è sconfinata, capace di suggestive escursioni nelle impalpabili dinamiche di piano e pianissimo così come di  scatti impetuosi seppur sempre eleganti e mai forzati nella sonorità.
Il programma propone al pubblico un viaggio nella produzione cameristica della maturità di Ludwig van Beethoven. Nella prima parte il Quartetto per archi n. 10 in Mi bemolle maggiore op. 74, detto “delle arpe” con riferimento al ricorrente uso che Beethoven fa del suono pizzicato. Molto interessanti all’interno della composizione sono gli spunti di un carattere eroico squisitamente beethoveniano, accortamente messi in buona evidenza nel primo movimento e nello scherzo centrale. L’affiatamento del gruppo cremonese è evidente nella grande unità di intenzione musicale dei singoli componenti, guidati dalla sensibilissima mano del primo violino Cristiano Gualco. Particolarmente apprezzabile è risultato il finale Allegretto con variazioni, il cui gioco tra le parti è deliziosamente portato avanti con egual bravura da Andreoli, Gramaglia e Scaglione.
Nella seconda parte il Quartetto per archi n. 14 in Do diesis minore op. 131, forse il più complesso ed enigmatico nel gruppo delle ultime composizioni per quest’organico. Massimamente appropriata risulta qui la grande coesione timbrica e sonora del Quartetto d’archi di Cremona, adattissima alla struttura formale che vede i sette movimenti avvicendarsi senza soluzione di continuità lasciando intravedere i primi segni di distacco dal formalismo classico.
La formazione riesce a mantenere ben tesa musicalmente l’enorme quantità di materiale tematico utilizzato dal maestro di Bonn, rendendo l’ascolto piacevole e tutt’altro che indigesto. Come bis, a chiudere l’ideale cerchio della serata beethoveniana, il secondo movimento dal primo quartetto -op. 18 n.1 in Fa maggiore- scritto in assoluto dal compositore: un Adagio affettuoso ed appassionato che lascia presagire lo sviluppo romantico che la scrittura di Beethoven verrà presto ad assumere, nella stesura del quale egli affermò di essersi ispirato alla vicenda shakespeariana di Romeo e Giulietta.  Applausi vivi e sentiti per il Quartetto d’archi di Cremona. Foto Brenzoni