Lawrence Brownlee: Virtuoso Rossini Arias

“La gazza ladra”, Atto I: Vieni fra queste braccia; “Le Comte Ory”, Atto I: Que les destins prosperes accueillent vos prieres; “L’occasione fa il ladro”: Aria: D’ogni piu sacro impegno; “Otello, ossia Il moro di Venezia”, Atto II: Aria: Che ascolto?;”Semiramide”, Atto I: Ah dov’e, dov’e il cimento?; “Il Turco in Italia”, Atto II: Recitativo e  Aria: Intesi: ah tutto intesi … Tu seconda il mio disegno;”La donna del lago”, Atto II: O fiamma soave; “Zelmira”, Atto I: Cavatina: Terra amica, ove respira.Lawrence Brownlee (tenore), Kaunas City Symphony Orchestra.Constantine Orbelian (direttore).Registrazione 2013. T.Time: 54′.32 1 CD Delos DE3455
Da qui l’ascolto dell’album
Lawrence Bronwlee, statunitense di Youngstown nell’Ohio, classe 1972 è tra le figure più in vista dell’attuale scena tenorile per quanto riguarda il repertorio belcantista e soprattutto rossiniano affrontato con regolarità e con grande successo sui maggiori palcoscenici del mondo sia per le doti musicali sia per la grande personalità scenica e l’innegabile, istintiva simpatia che lo caratterizza specie nel repertorio “buffo”.
Proprio a seguito dei seguenti successi nasce questo recital discografico inciso per l’etichetta statunitense Delos ed integralmente dedicato a Rossini e alle arie di bravura per tenore del compositore pesarese. Il tenore è accompagnato per l’occasione dalla Kaunas City symphony Orchestra diretta da Constantine Orbelian, presente con regolarità nelle incisioni Delos specie con funzione di accompagnamento di cantanti lirici. Si tratta di un’orchestra  di buona professionalità che offre una prova solida e funzionale anche se si sente una mancanza di abitudine con questo repertorio ed un’eccessiva pesantezza nei passaggi di coloratura specie ad un orecchio italiano più avvezzo a letture più agili e brillanti.
La voce di Bronwlee presenta le caratteristiche classiche del tenore rossiniano d’agilità con timbro luminoso, buona facilità nel canto di coloratura e nelle salite in acuto cui aggiunge di suo un registro centrale di buona robustezza e dall’interessante velluto che si apprezza particolarmente nei momenti più lirici e distesi. Di contro in questa produzione si nota una tendenza a una certa monotonia espressiva, una scarsa propensione ad approfondire ed evidenziare le differenze stilistiche ed interpretative dei singoli brani tutti risolti principalmente sul terreno dell’esibizione vocale virtuosistica fine a se stessa piuttosto che di una più accorta ricerca di colori e di  espressività.
Posto in apertura del disco “Vieni fra queste braccia” da “La gazza ladra” evidenzia al meglio le doti di Bronwlee con una sezione iniziale in cui si apprezzano la rotondità e la morbidezza del canto ed una conclusiva più virtuosistica dove il tenore si muove molto bene in una serie di passaggi complessi ma non estremi e dove sale con grande facilità in acuto. Caratteristiche analoghe si apprezzano nell’aria de “L’occasione fa il ladro” “D’ogni più sacro impegno” dove la coloratura si fa più fitta ma sempre nei modi propri dell’opera buffa mentre l’acuto conclusivo colpisce per sicurezza e luminosità anche se forse sarebbe stato stilisticamente più opportuno non eccedere nella tenuta dello stesso.
La propensione di Bronwlee per i ruoli di “mezzo carattere” – non casuale se si considera che il tenore è oggi fra gli interpreti di riferimento del Don Ramiro di “La Cenerentola” di cui dispiace per assenza dell’aria – si apprezza in pieno nella lettura dell’ario di Don Narciso “Intesi, ah tutto intesi…Tu seconda il mio disegno” da “Il turco in Italia” dove la facilità del canto e la perfetta identificazione espressive rendono al meglio il carattere sentimentale e vanesio e del personaggio mentre le buone doti di coloratura gli permettono di superare in scioltezza le difficoltà della parte conclusiva. “Que les destins prosperes” da “Le comte Ory” pur ben eseguito manca in parte della brillantezza richiesta anche se le responsabilità sono anche attribuibili a un accompagnamento orchestrale piuttosto pesante. Fra i brani tratti dalle opere serie i risultati più apprezzabili ci arrivano da  “O fiamma soave” da “La donna del lago” opera frequentemente affrontata da Bronwlee anche sul palcoscenico come nella recente e prestigiosa produzione all’Opera di Santa Fe al fianco di Joyce DiDonato e Marianna Pizzolato. L’andante iniziale è ottimamente cantato e rende bene la dimensione estatica del brano e anche la seconda parte “Per te forsennato” è superata di slancio con buona naturalezza nei passaggi più virtuosistici. Gli altri brani seri convincono meno nonostante l’esecuzione musicale sia nell’insieme valida. Nell’insieme si nota la mancanza di quella somma stilizzazione, di quella dimensione “super-urania” cui i grandi specialisti di questo repertorio ci hanno abituato nel loro rendere di assoluta naturalezza anche i passaggi più impervi mentre nella lettura di Bronwlee le difficoltà tecniche comunque ben risolte sono in qualche modo troppo percettibili. Il cimento della grande aria di Roderigo “Che ascolto” da “Otello” è in questo senso esemplificativo. La voce di Bronwlee certamente  sicura sugli acuti è messa in tensione nei passaggi più acrobatici della parte tutta proiettata su tessiture acutissime.  Anche in questo caso si ha l’impressione  di un’eccessiva attenzione al puro tecniscimo della scrittura a discapito dell’interpretazione espressiva.
I restanti due brani del programma presentano per certi aspetti caratteristiche analoghe anche se sul piano strettamente vocale la linea torna ad essere più uniforme e meno evidente lo sforzo in certi passaggi, così è nell’aria di Idreno “Ad dov’è, dov’è il cimento” da Semiramide resa in modo sostanzialmente più soddisfacente rispetto al brano precedente forse per una tessitura o una linea di canto più congeniali al tenore statunitense.
Posta in chiusura del programma è “Terra amica, ove respira” la cavatina di Ilo da  Zelmira altro autentico cimento di bravura di cui Bronwlee offre una lettura complessivamente convincente sul piano vocale ma come nei brani precedenti in qualche modo troppo concentrata sulle note e quindi limitata  sul piano interpretativo.
Il risultato complessivo è quello di un prodotto godibile e nell’insieme ben eseguito, ma con il sospetto che con un direttore e un’orchestra più avvezzi a questo repertorio e alle sue necessità espressive avrebbe potuto toccare l’eccellenza.