Milano, Teatro alla Scala: “Jewels”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione d’opera e balletto 2013-2014
“JEWELS”
Coreografia George Balanchine
“Emeralds”
Ripresa da Elyse Borne
Musica Gabriel Fauré
VITTORIA VALERIO – ANTONINO SUTERA
VIRNA TOPPI – MICK ZENI
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
“Rubies”
Ripresa da Patricia Neary
Musica Igor’ Stravinskij
Pianoforte Roberto Cominati
MARTA ROMAGNA
VITTORIA VALERIO – IVAN VASILIEV
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
“Diamonds”
Ripresa da Maria Calegari
Musica Pëtr Il’ič Čajkovskij
POLINA SEMIONOVA – FRIEDEMANN VOGEL
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Direttore David Coleman
Scene Peter Harvey
Costumi Karinska
Milano, 15 marzo 2014

1904 – 2014: centodieci anni dalla nascita di George Balanchine. 1983 – 2013: trent’anni dalla morte di George Balanchine. Quali di queste due ricorrenze si scelga, occorre ammettere che non sono state tra le più onorate. D’altronde chi oggigiorno può rendere autentica giustizia a questo grande coreografo? Ma, soprattutto, chi può permettersi di festeggiarlo? Poche compagnie. Quella di Jewels resta però una sfida che fa gola a molte direzioni di corpi di ballo. Quali balletti possono reggere il confronto con una concezione della danza così bella e pura? Solo i capolavori del Petipa “maturo” (Raymonda, La bella addormentata, la grande scena delle ombre de La Bayadère) e… poco altro. Partiture coreografiche in cui il modo di concepire la danza è talmente alto da essere inferiore solo a se stesso. Solo per limitarci a tempi recenti, l’Opéra di Parigi, l’Het Nationale Ballet e da ultimo il Bolshoi di Mosca, hanno fatto le cose veramente “in grande”, ripensando anche il set di Jewels: ne riparleremo al termine dell’articolo. È dalla Russia però che arrivano – come quasi sempre – i proverbiali assi nella manica. Lo scorso anno ha fatto molto parlar di sé l’ultima scoperta del Bolshoi, Olga Smirnova, proprio come interprete di Diamonds (l’ultimo brano di Jewels), la quale ha avuto la propria “consacrazione” anche in occidente, con la tournée del Balletto moscovita a Londra negli scorsi mesi di luglio e agosto. Il Balletto del Mariinskij, per non essere da meno, esibisce invece una delle sue grandi dive, Yekaterina Kondaurova, in tutte e tre le parti del balletto: un’impresa veramente titanica non solo sul piano tecnico quanto su quello stilistico. Tutto questo – oltre al fatto di accennare a recentissime celebri interpreti – per ribadire ancora volta l’importanza di cui a tutt’oggi Jewels si ammanta. In primo luogo nel tentativo di rivitalizzare il mito di Balanchine, del suo modo di fare danza e delle sue muse ispiratrici (proprio come Petipa che sempre ebbe a rimarcare la propria bravura nel modellare la danza per il corpo femminile, anche per quelle ballerine che non gli andavano propriamente a genio…); e poi, banco di prova non secondario, quello previsto per l’intero corpo di ballo qui impiegato in modo veramente massiccio.
È inutile soffermarsi a lungo sulla genesi e la storiografia di Jewels: balletto “astratto” a serata intera in tre parti (Emeralds su musiche di Gabriel Fauré, Rubies su musica di Igor’ Stravinskij e Diamonds su musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij) venne eseguito per la prima volta nel 1967 dal New York City Ballet, la storica compagnia di Balanchine, nata nel 1948 di cui fu maître de ballet e coreografo principale fino al 1983, anno della propria morte. Le tre parti del balletto sono solitamente accostate ad altrettanti periodi e stili di danza: il balletto romantico francese, l’esprit della nuova danza americana e, per ultimo, un omaggio alla tradizione del Balletto Imperiale. A livello di “vocabolario e sintassi”, è invece importante sottolineare come Balanchine rispondesse a chi gli domandava quali fossero i referenti di Rubies che lui si era semplicemente attenuto alle indicazioni previste dalla musica di Stravinskij… insomma, come se quella fosse l’unica coreografia possibile. Magari i risultati fossero sempre questi.
Il Balletto della Scala, dopo il debutto nel 2011, torna a riproporre questo balletto-simbolo anche per la corrente stagione di ballo. E con buoni risultati. In Emeralds hanno figurato complessivamente bene entrambe le coppie, Vittoria ValerioAntonino Sutera e Virna ToppiMick Zeni. La Valerio, ballerina di tipo petite e di tecnica agguerrita, ha sorpreso in particolar modo per versatilità e brio, giacché dopo la defezione di Natalia Osipova a tutte le recite della produzione, è stata impiegata anche all’interno della coppia di Rubies accanto ad Ivan Vasiliev. Vasiliev, a ben vedere l’unico neo della serata, è apparso fuori forma, affaticato nella dinamica e stilisticamente tutt’altro che irreprensibile: è forse vero che già all’apparire del nome in cartellone qualche perplessità poteva nascere, ma era altresì legittimo aspettarsi qualcosa di più. Peccato. Contraltare ironico e guizzante alla coppia principale è stata ancora una volta Marta Romagna in ottima forma. La coppia principale di Diamonds ha scatenato, a buon diritto, vere e proprie ovazioni presso il pubblico. Polina Semionova è stata eccellente, radiosa fin dal suo apparire in scena. La postura nobile di testa e collo, il lavoro di gambe e braccia, oltre alla schiena che sembrava letteralmente svaporare ai cambré, hanno contribuito a rendere la sua esibizione una pagina di magistero tecnico. Accanto e lei, Friedemann Vogel ha dato ancora una volta sfoggio di tecnica vellutata e adamantina. Tutto è stato “semplicemente” calibrato, pulito, leggero, impalpabile. Senza queste direttive imprescindibili, i lavori di Balachine comprensibilmente non reggono. All’interno delle delicate asimmetrie di Jewels, il Corpo di Ballo ha dato ancora una volta prova dell’ottimo livello raggiunto in questi ultimi anni. Splendida la direzione di David Coleman a capo dell’Orchestra scaligera.
Un’ultima annotazione, anche se marginale, su scene e costumi. Le scene rimangono quelle di Peter Harvey, così come i costumi ideati da Karinska, la costumista feticcio di Balanchine. In occasione del debutto scaligero, vennero tacciati di essere ormai superati e polverosi. Chi scrive li ha trovati invece ancora belli, forse talmente legati alla coreografia da esserne quasi parte integrante. Con quell’eccesso barocchetto e un po’ fané… gioielli nei gioielli per questo grande e irripetibile balletto. Foto Brescia/Amisano © Teatro alla Scala