La Compañía Nacional de Danza al Teatro Comunale di Modena

Modena, Teatro Comunale, Danza Primavera 2014
Compañía Nacional de Danza de España
Prima italiana
In occasione del 35° anniversario della Compagnia
Direzione artistica José Carlos Martínez
“Who Cares?” (Estratti)
Coreografia George Balanchine
Musica George Gershwin
Interpreti Nandita Shankardass, Noëllie Conjeaud, Natalia Muñoz, Anthony Pina
“Trois Préludes”
Coreografia Ben Stevenson
Musica Sergej Rachmaninov
Interpreti Lucie Barthèlèmy, Toby William Mallitt
Carlos Faxas pianoforte
“Herman Schmerman”
Coreografia William Forsythe
Musica Thom Willems
Interpreti Rebecca Connor, Eugenia Brezzi, Natalia Muñoz, Jacopo Giarda, Anthony Pina
Noëllie Conjeaud, Alessandro Riga                            
“Delibes Suite”
Coreografia José Carlos Martinez
Musica Léo Delibes
Interpreti Yae Gee Park, Alessandro Riga
“Sonatas”
Coreografia José Carlos Martínez
Musiche Antonio Soler, Domenico Scarlatti
Interpreti principali Aurelia Bellet, Toby William Mallitt
Yae Gee Park, Anthony Pina
Rebecca Connor, Noëllie Conjeaud
Modena, 17 aprile 2014

La Compañía Nacional de Danza de España è la principale compagnia spagnola: fondata nel 1979, dopo lungo periodo trascorso sotto la direzione di Nacho Duato (1990-2010) che ne rivoluzionato l’immagine, è ora affidata a José Carlos Martínez, ex étoile dell’Opéra di Parigi. Il repertorio attuale della Compagnia è molto variegato, benché pressioni ministeriali propendano per la formazione di una compagnia di balletto di “base classica”. Nonostante lo spettacolo di impronta “contemporanea” Nippon-Koku, su coreografia di Marcos Morau, eseguito recentemente a Madrid, la serata “neoclassica” presentata al Teatro Comunale “Luciano Pavarotti” di Modena è il nuovo biglietto da visita della Compagnia: lavori di George Balanchine, Ben Stevenson, William Forsythe cui vanne affiancate due creazioni di Martínez. Questo nuovo indirizzo è riscontrabile anche nella serata che tra maggio e giugno avrà luogo al Teatro Real di Madrid: ancora Balanchine (Allegro brillante), ancora Forsythe (In the Middle, Somewhat Elevated) e Casi-casa di Mats Ek. A chi non l’avesse ancora fatto, consigliamo di vedere questa breve intervista-video fatta dal Teatro Comunale ad Alessandro Riga, ex étoile di MaggioDanza ora in forze alla Compañía Nacional in qualità di principal: veniamo quindi a sapere che il repertorio si allargherà anche al balletto romantico (con Giselle), mentre il programma di sala riporta anche Raymonda divertimento (evidentemente ispirato/tratto dal balletto di Petipa-Glazunov). Un programma da far tremare i polsi anche alle compagnie più ferrate, quindi: dalle origini del balletto fino al “canto del cigno” dei fasti imperiali, per poi proseguire con la danza neo e post classica.
La serata modenese ha avuto inizio con alcuni estratti da Who Cares?, lavoro creato da George Balanchine per il New York City Ballet nel 1970 su musiche di George Gershwin nell’orchestrazione di Hershy Kay. È uno dei lavori più conosciuti di Balanchine, anche in forza dei brani di Gershwin; brani – la maggior parte dei quali scritti su testi del fratello Ira – che hanno inevitabilmente condizionato la fortuna e la notorietà del musical americano. La coreografia non vuole richiamare alcunché (in questo caso, l’epoca “d’oro” del musical), come quasi sempre quando si ha a che fare con Balanchine. La musica è qui messa al servizio di una grande partitura di base accademica che si snoda in grandi scene d’insieme, duetti e soli. Gli estratti proposti hanno coinvolto quattro interpreti (Nandita Shankardass, Noëllie Conjeaud, Natalia Muñoz, Anthony Pina). Occorre dire che le signore non abbiano figurato proprio bene: tra scivolate, linee frammentate e spigolose, fraseggio un po’ manierato e sincronia molto laboriosa, l’estetica balanchiniana è stata in buona misura fraintesa. Ha fatto molto bene Anthony Pina, invece: anzi, se consideriamo il fatto che ha praticamente dovuto guidare da sé il numero conclusivo, è stato fenomenale. Ha esibito slancio e morbidezza nel salto, fraseggio elegante e grande musicalità.
Ancora “neoclassico” il secondo brano, Trois Préludes di Ben Stevenson creato nel 1969 per l’Harkness Youth Ballet, che prende come avvio l’incontro tra un ballerino ed una ballerina alla sbarra per poi svilupparsi in tre quadri. I due interpreti (Lucie Barthélémy e Toby William Mallitt) sono stati molto bravi nel rendere la sottigliezza e l’ariosità del movimento così come nel risolvere impervie prese previste nel secondo quadro. Se proprio si volesse fare un appunto, non sono stati ben appaiati dal un mero punto di vista estetico… ma questi sembrano ormai essere criteri ininfluenti.
La linea frammentata e improvvisa di William Forsythe sembrerebbe meglio adattarsi al corpo di ballo rispetto a quella morbida ed elegante di Balanchine. Come terzo titolo è stato infatti eseguito Herman Schmerman. In questo celebre pezzo di Forsythe, composto da un quintetto ed un passo e due su musica di Thom Willems, ritroviamo tutti gli stilemi cari all’ex direttore del Frankfurt Ballet, compagnia per il quale venne creata la coreografia nel 1994: a partire dalla canonica destrutturazione della danza accademica, dalla dinamica non sempre veloce ma pronta a fermarsi e magari riprendere in un altro punto del palcoscenico, entrate e uscite di scena anch’esse improvvise e inattese quasi fossero semplici camminate… Bravi gli interpreti del quintetto (Rebecca Connor, Eugenia Brezzi, Natalia Muñoz, Jacopo Giarda, Anthony Pina) ma ancor meglio Noëllie Conjeaud e Alessandro Riga nel passo a due conclusivo che vede dapprima i ballerini in una danza emulativa l’uno dell’altra fino al famoso finale che vede gli interpreti indossare i gonnellini giallo canarino creati da Versace.
Le ultime due coreografie non le abbiamo capite. Nel senso che ci sono sembrate proprio superflue. Si può (e si deve) condividere il fatto che per portare un corpo di ballo da un repertorio ad un altro occorra muoversi con cautela e gradatamente. Ma anche con buonsenso. Sarebbero moltissime le coreografie adatte al momento attuale della compagnia. E invece no. José Carlos Martínez crea su musica di Léo Delibes (La Source e Coppélia) un pas de deux (entrée, variazione maschile, variazione femminile e coda) che intitola Delibes Suite: il risultato è uno strano ibrido di rimandi russo-francesi, manierato e zuccheroso sia nella pretesa che nei costumi, questi ultimi giocati sui toni del blu. Yae Gee Park e Alessandro Riga, ancorché bravi, sono apparsi poco coinvolti… quasi fosse il classico compito da eseguire per forza.
Ha chiuso la serata Sonatas su musiche di Antonio Soler e Domenico Scarlatti. Qui Martínez occhieggia i classici “concerti danzanti” di Balanchine ma l’intera coreografia è spesso anti musicale e i passi due centrali noiosi. I costumi di Agnès Letestu (sic!) sembrano patchwork e nulla più. Il corpo di ballo, inoltre, ha mostrato troppe limiti (in primis, di sincronia e forma) in quelli che dovrebbero essere i grandi momenti d’insieme.
Un serata tra luci e ombre per la più celebre compagnia spagnola, che a Modena – unica tappa italiana – ha festeggiato i trentacinque anni di attività. Foto Rolando Paolo Guerzoni – Teatro Comunale di Modena