Venezia: “Le Saphir” di Félicien David

Scuola Grande San Giovanni Evangelista, Festival “Félicien David, da Parigi al Cairo”
“LE SAPHIR”
Opéra-comique in tre atti su libretto di Adolphe De Leuven, Michel Carrè, Térence Hadot da “Tutto è bene quel che finisce bene” di W.Shakespeare
Musica di  Félicien David
Hermine GABRIELLE PHILIPONET
Fiammetta KATIA VELLETAZ
Olivier  MARIE LENORMAND
La Regina/Lucrezia MARIE KALININE
Gaston CYRILLE DUBOIS
Parole JULIEN VÉRONÈSE
I Solisti de Le Cercle de l’Harmonie
Violino e direzione Julien Chauvin
Esecuzione in forma di concerto
Venezia, 5 aprile 2014     

Si svolge in questo periodo a Venezia, organizzato dal Centre de musique romantique française, che ha sede presso il Palazzetto Bru Zane, il festival dedicato al compositore francese Félicien David, pressoché sconosciuto al grande pubblico, eppure al suo tempo autore di successo, apprezzato da Hector Berlioz, cui succedette come direttore della biblioteca del Conservatorio di Parigi.
Il programma del festival, intitolato Félicien David, da Parigi al Cairo, in cartellone dal 27 marzo al 17 maggio, prevede, oltre all’opera di cui ci occupiamo, anche l’integrale dei quartetti per archi, due trii con pianoforte, una scelta rappresentativa di melodiés e di pezzi pianistici e una selezione delle Quatre Saisons per quintetto con contrabbasso.
La rassegna, apertasi giovedì 27 marzo con una conversazione con Alexandre Dratwicki, direttore scientifico del Palazzetto Bru Zane, accompagnata da un concerto del Quator Giardini, ha visto sabato 5 marzo uno dei suoi appuntamenti più attesi con l’esecuzione in forma di concerto, presso la Scuola grande di San Giovanni evangelista, di una vera e propria rarità: l’opéra-comique Le Saphir, ispirata alla commedia Tutto è bene quel che finisce bene di William Shakespeare. Si tratta dell’ultima opera lirica messa in scena vivente il compositore, la cui première ebbe luogo l’8 marzo1865 (Parigi, Opéra-Comique). Un’opera, lontana dall’esotismo con cui David – saint-simoniano innamorato dell’Oriente – aveva in precedenza conquistato il suo pubblico (a partire dall’ode sinfonica Le Désert) e che contiene indubbiamente pagine pregevoli, sotto il profilo armonico e melodico, in cui si coglie qualche affinità con Gounod e anche con Bizet. Del resto Félicien David è un musicista completo, che ha affrontato vari generi musicali e – oltre a lavori per le voci e l’orchestra – può vantare, tra l’altro, una cospicua produzione da camera.
Il libretto de Le Saphir, firmato da Adolphe de Leuven, Michel Carré e Térence Hadot, racconta di come la Regina di Navarra – avendo saputo che il Conte Gaston de Lusignan fa nuovamente la corte a Hermine, sua fiamma della prima giovinezza, senza alcuna intenzione di sposarla – gli combina uno scherzo riuscendo a costringerlo ad accettare la mano di Hermine. Nel primo atto, il Conte fa ritorno alla corte della Regina di Navarra, dove – come lo informa il Capitano Parole, suo amico – si festeggia la salvezza dalla morte del figlio della sovrana ad opera di Hermine. Quest’ultima, che ha vissuto con Gaston un amore adolescenziale, apprende con stupore di essere ancora amata dal nobiluomo e chiede come ricompensa alla Regina la sua mano. Il Conte, però, prende tempo dicendo alla fanciulla che potrà divenire sua sposa solo dopo che lui stesso le avrà messo al dito uno zaffiro. Parte, quindi, in guerra alla volta di Napoli assieme al paggio Olivier e all’amico Capitano Parole. Nel secondo atto i tre uomini corteggiano in terra partenopea la locandiera Fiammetta, ma Hermine, che li ha seguiti, con la complicità di Lucrezia (in realtà la Regina di Navarra), seduce, fingendosi Fiammetta, il Conte e si fa consegnare lo zaffiro. Nell’ultimo atto Gaston fa ritorno in patria e, stanco di avventure, fa valere i propri diritti maritali nei confronti di Hermine, che sorpresa, gli rivela di possedere già lo zaffiro.
L’opera di David è stata proposta, in forma di concerto, in una versione per ensemble di nove strumentisti e sei cantanti, realizzata da Alexandre Dratwicki assieme al fratello Benoît, direttore artistico del Centre de musique baroque di Versailles, sulla base dello spartito per canto e pianoforte, essendo andata perduta la partitura per orchestra. In questa versione sono assenti i cori, oltre ad alcuni numeri dell’originale, tuttavia, la riduzione operata dai due specialisti, se ha perso in  imponenza, ha guadagnato in sobrietà, mettendo in valore gli aspetti più intimi, la vena lirica che percorre questo lavoro. Del resto l’opéra-comique – che alterna tipicamente recitativi parlati a numeri cantati – ai tempi di Félicien David aveva perso gran parte delle valenze umoristiche originarie, per divenire un genere di mezzo carattere, per assumere inseguito tinte tragiche con Carmen o Manon.
Fondamentale ovviamente per la riuscita di questa soirée di grande interesse musicologico l’abilità dei Solisti de Le Cercle de l’Harmonie – validamente guidati da Julien Chauvin, primo violino dell’ensemble – , che hanno saputo sedurre con la magia del suono, in uno spazio come la sala della scuola grande di S. Giovanni evangelista, non proprio acusticamente perfetto, un suono morbido anche per la presenza del flauto e di altri “legni” (oboe, clarinetto) d’epoca.
Di prim’ordine anche il cast. Il soprano Gabrielle Philiponet ci ha regalato un’Hermine appassionata e decisa a farsi valere, cui ha prestato la sua vocalità chiara e brillante, segnalandosi per intensità espressiva, senza mai scadere nel sentimentalismo, come nell’aria del secondo atto “Je me livrais, pauvre insensée”. Le ha fatto da pendant Cyrille Dubois, tenore dal timbro piuttosto brunito, che ha sfoggiato un  fraseggio incisivo, per quanto talora un po’ troppo enfatico. Ma in “C’est vous seule Hermine” (terzo atto), ha saputo rendere con compostezza stilistica il proprio tenero sentimento d’amore.  I due interpreti insieme si erano già fatti apprezzare per sensibilità interpretativa fin dal loro primo duetto ”Le temps emporte sur ses ailes”. Autorevole il mezzosoprano Marie Kalinine, nei panni della Regina e di Lucrezia, dotata di una voce dal timbro abbastanza chiaro, comunque rivelatasi efficace nel tratteggiare un personaggio nobile e generoso. Analogamente all’altezza della sua parte Marie Lenormand, che ha conferito il giusto carattere brioso al paggio Olivier. Cordiale e spigliato il Parole offerto da Julien Véronèse, un baritono dalla voce corposa e buone doti interpretative. Civettuola e brillante Katia Velletaz nella parte di Fiammetta, che ha interpretato con la giusta dose di sincera ingenuità l’aria “Mon beau segneur” (terzo atto), in cui confessa a Gaston di non avere mai ricevuto l’anello. Successo calorosissimo a conclusione di uno spettacolo intrigante e raffinato. Foto Michele Crosera