Il Grupo Corpo brazilian dance theater al Teatro Comunale di Modena

Modena, Teatro Comunale, Danza Primavera 2014
GRUPO CORPO Brazilian Dance Theater
Direzione artistica Rodrigo Pederneiras
Prima italiana
“Ímã”
Coreografia Rodrigo Pederneiras
Musica +2 (Moreno, Domenico, Kassin)
Scene e luci Paulo Pederneiras
Costumi Freusa Zechmeister
“Triz”
Coreografia Rodrigo Pederneiras
Musica Lenine
Scene Paulo Pederneiras
Costumi Freusa Zechmeister
Luci Paulo Pederneiras e Gabriel Pederneiras
Modena, 11 maggio 2014
Se l’energia esiste la contiene tutta il Grupo Corpo. Il delizioso Teatro Comunale di Modena ospita la straordinaria compagine sudamericana che il prossimo anno festeggia quarant’anni di vita. Storia originale e affascinante: sei fratelli, i Pederneiras, soprattutto Paulo, direttore artistico, light designer e scenografo e Rodrigo, coreografo, tengono in piedi questo delirio di forze. Vengono in mente molte cose osservando gli eccezionali danzatori: crogioli di culture, il ballo latino, l’afro, la modern americana, il jazz, misto di musica colta e popolare: un atletismo incredibile, un allenamento estenuante, un rigore ferreo. A riassumere tutto ciò è Ímã, una vorticosa composizione sulla musica del trio brasiliano +2, caleidoscopio di strumenti e sonorità dal vago sapore arcaico per un brano scintillante. Inizia piano con calme danze ancheggianti luci soffuse per trasformarsi lentamente in un travolgente studio ritmico per piedi soli e coppie sia miste che non. Danzatori come macchine dal rumore perfetto attraversano in largo e lungo il palco illuminati dai colori più svariati, verdi, blue, rossi, fuxia che si alternato sul fondale e nei tagli laterali. Non un vero disegno luci ma gioco di atmosfere e piazzati ampi con i colori ripresi dalle t-shirt che i danzatori cambiano continuamente.
Una danza prevalentemente senza braccia ma caratterizzata dal piccolo sbalzo, una miriade di sissonne, temp levé, petit jeté alternati a piccoli e continui passi di collegamento che poi esplodono in grandi gesti improvvisi che fissano in aria bellissime pose. Gioia, allegria, flusso continuo di movimento estenuante ma curato alla perfezione e quel che impressiona è che i danzatori non sembrano mai in debito d’ossigeno. Bellissimi corpi dinamici e lavorati, uomini possenti che muovono le donne come bambole di pezza in un gioco leggero senza scontri, slanci di gambe, attitudes, arabesques dalle belle linee e dal portamento energico delineano in scena uno studio sulle infinite possibilità dinamiche dell’incontro, sui canoni coreografici, sulla scrittura dei gruppi che partono insieme si dividono per ritrovarsi sempre all’unisono. Ritmo puro in un crescendo che porta i danzatori ad avere sul finale tutte t-shirt dai diversi colori in un tripudio di gioia. Di tutt’altra fattura Triz, meditato, con un impianto scenico raffinato ed un disegno luci ricercato.
Il palco come una stanza con tre porte, tre pareti costruite da 15 km di cavo d’acciaio che quando non illuminate appaiono indistruttibili e poi in un curioso gioco di riflessi assumono toni cangianti dal dorato, all’argenteo, al plumbeo. L’atmosfera non è sempre gioiosa, spesso scura, la musica composta da Lenine su strumenti a corda porta all’introspezione, come le corde delle pareti, come quei toni cangianti. Triz come capelli, come il capello che regge la spada di Damocle, un senso di precarietà, di sottomissione al destino. I danzatori entrano ed escono dalle porte ed attraversano le strade delineate dalle luci, sembra camminino e si spostino a memoria come se non fossero le loro gambe a muoverli. Il costume li divide esattamente in due come se la spada li avesse attraversati, un accademico mezzo bianco e mezzo nero e gli occhi ancora di nero a mo’ di occhialetti scuri da supereroe. Il linguaggio coreografico in realtà non cambia il vocabolario resta quello anche se la scrittura dei passi è a tratti meno frenetica, solo le braccia articolano di più come le teste e il busto. In un sapiente crescendo che prepara il finale in cui il buio arriva, quelli che erano duetti trii e poi piccoli gruppi divengono tutti i danzatori sulla scena. Si spegne la luce e parte il caloroso incessante applauso del pubblico modenese, caldo, appassionato, colto a salutare gli straordinari generosi instancabili interpreti.