Verona: serata dedicata a Giacomo Puccini e Leonard Bernstein

Verona, Teatro Filarmonico, Fondazione Arena. Stagione Sinfonica 2013-2014 
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Coro di voci bianche A.LI.VE

Direttore Gianluca Martinenghi
Maestro del Coro Armando Tasso
Voci bianche dirette da Paolo Facincani
Tenore Cataldo Caputo
Basso Davit Babayants
Giacomo Puccini:
“Preludio Sinfonico”
Leonard Bernstein: “Chichester Psalms” per voce bianca, quartetto solista, coro e orchestra
Giacomo Puccini: “Messa di Gloria” per solisti, coro e orchestra
Verona, 3 maggio 2014

 Sala discretamente piena per il nono concerto della Stagione Sinfonica del Teatro Filarmonico di Verona. In programma un omaggio a Giacomo Puccini (1858 – 1924), di cui si celebrano i novant’anni dalla scomparsa, avvenuta quando l’altro protagonista della serata, Leonard Bernstein (1918 – 1990), aveva appena sei anni. Si parte col Preludio Sinfonico in La maggiore, che precede di pochi anni la composizione di Edgar (in cui il tema portante del Preludio è ampiamente riutilizzato). Opera di un Puccini non ancora ventiquattrenne, il Preludio viene spesso annoverato tra le composizioni di maggiore ispirazione wagneriana del lucchese: l’esempio più evidente è il riferimento al tema del cigno di Lohengrin, ma dalla struttura stessa del brano, costruito su due temi sviluppantisi da un’unica idea primigenia, fa immediatamente capolino Wagner con la sua Unendliche Melodie. A guidare l’Orchestra dell’Arena di Verona troviamo il direttore Gianluca Martinenghi, che stasera non sembra particolarmente a proprio agio: il suo gesto è rigido, metronomico, non rende giustizia alle pastose sonorità pucciniane. I ritenuti sono artificiosi, le dinamiche grigiastre, in una pagina che si prestava ad un’interpretazione di grande intensità. Peccato.  Le cose non migliorano con i Chichester Psalms di Leonard Bernstein. I tre movimenti, corredati da introduzione e finale, sono una delle composizioni “ebraiche” cui Bernstein era più legato: fu proprio lui a riarrangiare il testo biblico (mantenuto nell’ebraico originale) dei sei salmi utilizzati. Insieme al Coro dell’Arena, preparato dall’inaffondabile Armando Tasso, fa il proprio ingresso anche il Coro di voci bianche A.LI.VE. di Paolo Facincani. Eseguiti per la prima volta nel 1965, i Chichester si distinguono per una notevole difficoltà esecutiva, che ha condizionato fortemente l’interpretazione veronese: salvando voci bianche e percussioni, che ce l’hanno messa tutta, i suoni risultano malamente amalagamati, le sezioni sfasate e le voci interessanti più che altro nei momenti solistici. Sicuramente un ruolo viene giocato anche dall’acustica ingenerosa del teatro; l’accoglienza, in ogni caso, è tiepida.
La seconda parte del concerto ha visto l’esecuzione della Messa di Gloria, composta da Puccini nel 1880 come esercizio per il suo Diploma di Composizione.  Ottima la prestazione dei due solisti, il tenore Cataldo Caputo, debuttante al Filarmonico, e il baritono Davit Babayants, apprezzato Amonasro nella Stagione Lirica di un paio di anni fa. Nonostante una microfonazione davvero eccessiva abbiamo potuto apprezzare la ricca linea di fraseggio di Caputo, una vera rivelazione, e il pastoso timbro dell’armeno Babayants, il cui Benedictus qui venit, rimane il momento di maggiore coinvolgimento della serata. Caputo porta perfettamente i suoni in avanti, sostiene ma non spinge, colora senza gonfiare. Un pucciniano particolarmente dotato nella zona centrale, che si muove con sicurezza attraverso i repentini cambi di tempo e dinamiche. Babayants calibra con sapienza i fiati, crea un’atmosfera vellutata col suo colore denso di armonici ed equilibrato in ogni tessitura. Martinenghi sceglie delle suddivisioni molto ampie, talvolta prendendosi delle libertà agogiche abbastanza lontane dalla tradizione, ma lasciando respirare i solisti e assecondandoli con grazia nelle dinamiche. Prossimo appuntamento al Teatro Filarmonico con Šostakovič, Respighi e L’Uccello di Fuoco di Stravinskij.