Verona, Teatro Filarmonico – Stagione Opera e Balletto 2013/2014
“IL LAGO DEI CIGNI”
Balletto in due parti
Coreografia, coordinamento scene, costumi e luci Renato Zanella
Musica Pëtr Il’ič Čajkovskij
Interpreti principali Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli, Amaya Ugarteche, Evgueni Kourtsev, Antonio Russo
Direttore Wiktor Bockman
Orchestra, Corpo di ballo e tecnici dell’Arena di Verona
Verona, 15 maggio 2014
Torna Il lago dei cigni a Verona come ultimo titolo della Stagione di Balletto della Fondazione Arena. Il lago è titolo di grande richiamo per il pubblico ma non solo. Nel corso della storia, è stato anche banco di prova per molti coreografi: chi lo ha riadattato (anche a proprio uso e consumo), chi ne ha preso spunto, chi ne ha fatto un balletto completamente diverso. La coreografia di Renato Zanella prende piede dagli celebri atti bianchi del Lago. Viaggio coreografico negli atti bianchi ispirati alle coreografie originali di Lev Ivanov: così recita il sottotitolo che compare in locandina e nel comunicato diffuso della Fondazione. In effetti, i quadri coreografati da Lev Ivanov sono quelli di retaggio più romantico, impreziositi della stessa vena sognante e malinconica che si può riscontrare all’interno de Lo Schiaccianoci. Il maître dei Balletti Imperiali, Marius Petipa, coreografò invece i rimanenti due quadri (ad eccezione della danza veneziana e di quella ungherese del terzo quadro, attribuiti di nuovo ad Ivanov). Il balletto – se consideriamo il debutto la versione del 1895 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, ovvero quella coreografata da Petipa e Ivanov – visse quindi di due anime fin dalla sua nascita. Stando alle memorie redatte dai due maître la stima in ambito lavorativo sembrerebbe reciproca: Petipa riconosce la bravura di Ivanov, lodandolo e citando anche titoli di altri balletti ai quali prese parte in veste di coreografo. Dal canto suo, Ivanov ammette di essere inferiore al genio di Petipa pur considerandosi un buon maître ma non menziona alcun titolo al quale lavorò.
Anche il Lago di Zanella vive di due anime: una bianca e, ovviamente, una nera. Dopo i primi dieci minuti di spettacolo, sono già chiari i referenti di questo nuovo Lago: Dada Masilo (soprattutto per quanto riguarda l’appeal dei “cigni”) e Matthew Bourne per quanto riguarda la componente maschile. La danza femminile è analizzabile più velocemente e quindi da questa partiamo. Abbiamo citato Dada Masilo per un richiamo ai tutù molto corti e, se vogliamo, più ‘asciutti’ mentre il vocabolario pensato da Zanella rimane di matrice accademica, con l’accentuazione del port de bras “cignesco”. Più complessa la danza maschile. Il rimando a Matthew Bourne e ai suoi cigni è evidente dal trucco molto marcato ma soprattutto da una danza quasi “predatoria”: ad esempio, insiste molto sul plié profondo à la seconde (come un animale che si acquatta in attesa della preda) e su improvvisi scatti verticali. C’è però di più: in questo fare ferino, c’è un chiaro riferimento al Fauno di Nižinskij principalmente per quanto riguarda le brevi camminate laterali, in una linea quasi bidimensionale, con le mani appoggiate sui fianchi. Quest’aspetto primitivo è sottolineato anche dai costumi, lunghe gonne nere che nella foggia richiamano dei pantaloni a palazzo.
Sfrondato (purtroppo o per fortuna) tutto il virtuosismo richiesto dalla danza “del Cigno Nero”, eliminate le impervie danze di carattere e la pantomima, rimangono i grandi momenti d’insieme per il corpo di ballo femminile. Occorre dire che, opportunamente rimpinguata dai cosiddetti esterni, la sezione femminile si è comportata bene facendo emergere i criteri di bellezza e armonia richiesti per una buona esecuzione degli atti bianchi. Certo, siamo ancora numericamente distanti dagli standard delle grandi compagnie, ma le signore hanno complessivamente ben figurato. Pur compattata, la coreografia ha mantenuto numeri noti e cari al pubblico, come il Grand Adagio o la Danse des Petits Cygnes (dalle canoniche quattro interpreti qui passano a tre, davvero brave e quindi le citiamo tutte: Scilla Cattafesta, Marta Marigliani e la prima ballerina Teresa Strisciulli). Più difficoltosa la prova della compagine maschile, per problemi di omogeneità e di sincronia che ha visto qualche assestamento nell’ultimo quadro della prima parte. Per tirare le somme, noi abbiamo letto questo Lago come il canonico incontro-scontro fra sessi, essendo la danza così marcatamente bipartita fra componente maschile e femminile. Ci permettiamo un’osservazione in merito al trucco dei cigni che semplicemente si intravedeva da metà platea: si è visto solo alle uscite finali mentre un buon trucco teatrale dovrebbe vedersi sempre e in qualsiasi posizione si trovi lo spettatore. Perché non usare quindi una colore più marcato, magari richiamando le belle luci del primo atto? La produzione ha visto coinvolti i primi ballerini dell’Ente (Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli, Amaya Ugarteche, Evghenij Kurtsev e Antonio Russo) e l’Orchestra dell’Arena di Verona; la lettura di Wiktor Bockman, pur non esente da alcuni clangori, è stata comunque funzionale.
Il pubblico numeroso (arrivato “a flussi” a causa del passaggio della Mille Miglia) ha salutato gli interpreti con calorosi applausi. Foto Ennevi – Fondazione Arena di Verona