Intervista al tenore Giacomo Aragall

In occasione del compleanno del celebre  tenore spagnolo Jaime Aragall I Arriga, da tutti i melomani meglio conosciuto come Giacomo Aragall nato a Barcellona il 6 giugno del 1939, pubblichiamo questa intervista che il cantante, ha rilasciato in esclusiva  a Marta Moretto che ha avuto anche il piacere di cantare in duetto dalla Cavalleria rusticana (che potrete e vedere in questa intervista) con lui durante un concerto di gala tenutosi a Barcellona nel novembre 2013 e  che testimonia la straordinaria freschezza vocale di Aragall.
Mi racconti come ti sei avvicinato al canto?
Undicenne, quando andavo a scuola, un sacerdote  musicista mi volle come cantore nel coro della chiesa e vi rimasi fino a quindici anni. A diciotto la voglia di diventare un cantante era forte, soprattutto dopo aver visto un film con Mario Lanza. Da quel momento desiderai anche cantare per gli altri.
Qualcuno nella tua famiglia amava l’opera?
Tutti!  Da mio zio, mia madre, i miei fratelli…Mio padre, in modo particolare,  aveva una voce stupenda!
L’indubbia bellezza della tua voce è un dono della natura, ma la tecnica come l’hai acquisita? Hai un segreto?
No, nessun segreto! Gli esperti non hanno mai parlato di me elogiandomi per la tecnica, ma soprattutto per le qualità timbriche e vocali. Ho iniziato a studiare a diciotto anni con un maestro che si chiamava Jaime Francisco Puig, era un pianista alla sua prima esperienza come maestro di canto. Abbiamo collaborato insieme. Poi nel 63′ sono andato in Italia per studiare con Vladimiro Badiali, maestro del tenore Bruno Prevedi. Dopo sei mesi mi sono presentato a Busseto per il concorso Voci Verdiane ed ho vinto il primo premio. Così a ventitrè anni dopo un’audizione debuttai alla Scala di Milano con “ L’amico Friz” di Mascagni e a Venezia con “Gerusalemme” di G.Verdi.
Puoi raccontarci i tuoi ricordi più belli con i colleghi e con i direttori d’orchestra?
Il rapporto che si ha con i direttori d’orchestra è diverso da quello con i colleghi ed è caratterizzato da una forma di rispetto : è come stessero su un altro livello. Molti sono i direttori che mi hanno dimostrato un senso di amicizia, in particolare Carlos Kleiber. Non sono mancati degli screzi, ma questo non ha messo in discussione la reciproca stima. É stata una grande amicizia! Ho anche un particolare ricordo anche  del M°Abbado.  Nel ‘66 mi scelse per il ruolo di Romeo nei Capuleti e Montecchi alla Scala. Era la prima volta che questo ruolo veniva cantato da un tenore (sappiamo che invece questo ruolo è originariamente per mezzosoprano) e ricordo che il ruolo di Tebaldo (che sappiamo è il vero ruolo tenorile) era sostenuto dal giovane e in ascesa Luciano Pavarotti. Giulietta era Renata Scotto. Ebbene, dopo le prove di sala, quando iniziarono le prove con l’orchestra, un gruppo di cantanti italiani appoggiati dai sindacalisti fermarono la prova per chiedere come mai uno straniero di 26  anni fosse stato scritturato per un ruolo principale. In quegli anni (come sono cambiati i tempi!) c’era un forte ostruzionismo nei confronti degli artisti stranieri. Una cosa che trovavo strana visto che in  Spagna e in particolare a Barcellona cantavano quasi esclusivamente cantanti italiani. Ebbene, Abbado rispose con grande tranquillità che se avessero se si fosse presentato un tenore migliore del sottoscritto, mi avrebbe fatto sostituire….Non si presentò ne trovarono nessuno!
Come vivi la rivalità tra colleghi?
E’ come nel calcio, la competitività è sempre presente. Come tra Cristiano Ronaldo che è del Madrid e Messi del Barcellona! Ma fuori campo non c’è rivalità. Io sono sempre stato amico di Pavarotti, Kraus, Domingo e Carreras. La rivalità esiste solo sul palcoscenico dove ogni uno vorrebbe essere il migliore, ma fuori dalle scene siamo amici. Abbiamo passato molti anni della nostra vita artistica incrociandosi e affiancandoci, siamo buoni colleghi e buoni amici.
Hai sempre scelto accuratamente i tuoi ruoli, senza cedere alle lusinghe di ruoli più spinti o drammatici.
Lusinghe? Non credo! “Non si può tirare il braccio più lungo della manica”. Ho sempre che pensato che la mia voce non deve soffrire! La pima persona importante che mi ha ascoltato fu Alfredo Kraus, e lui mi ha sempre consigliato di non cantare mai ruoli drammatici o, al contrario, troppo “leggeri”. Sono sempre rimasto fedele a questo principio e ho cantato solo le opere nella  quali potevo eccellere: Madama Butterfly, Rigoletto, Lucia di Lammermoor, Faust, Werther, come del resto cantava anche Pavarotti nella prima parte della sua carriera, prima di spingersi in altri repertori. Ho aspettato dieci anni prima di cantare Tosca. Il mio limite massimo. Le mie escursioni “fuori repertorio” si  sono  limitate a qualche aria in concerto e basta, per il resto ho sempre rispettato la mia voce.
C’è qualche opera che non hai cantato e avresti voluto interpretare?
Sì. Andrea Chenier e Pagliacci. Mi avevano  anche scritturato a Parigi per “Roméo et Juliette”di Gounod ma poi mi sono ammalato e non si è fatto più nulla. Credo comunque di aver cantato tutti i ruoli che mi ero prefisso all’inizio della carriera.
Sei considerato come un personaggio piuttosto schivo e introverso, in particolare con i giornalisti…è un aspetto solo caratteriale o anche di autodifesa dall’ambiente professionale, non facile…
Amo e ho sempre amato l’opera,  i colleghi, il palcoscenico è un mondo che mi affascina sempre. Riguardo il mondo della critica musicale  posso dire di non aver nulla contro, perché tutti sono liberi di esprimere la propria opinione. Quello che mi stupisce è sono le grandi contraddizioni di giudizio che spesso anche loro non siano d’accordo; trovi uno che dice una cosa e un altro l’esatto contrario .Così non si capisce chi abbia ragione! L’importante è che noi siamo soddisfatti di noi stessi e ovviamente che il pubblico sia contento.
Parlaci della Fondazione che porta il tuo nome.
La nostra è una Fondazione che non ha scopo di lucro. Aiutiamo gratuitamente dei giovani meritevoli attraverso le mie Master Class. Lo faccio così, per amore del teatro e senza fini materiali, semplicemente per aiutare i giovani che vogliono affrontare il mondo del teatro.
Dal 1994 ti occupi del concorso che porta il tuo nome. Cosa pensi dei giovani talenti?
Siamo arrivati all’undicesima edizione. Credo che se un giovane ha il talento debba andare avanti. Ci vuole la voce certo, ma il talento è la cosa superiore. Alcuni giovani possiedono la voce , ma privi di talento non vanno da nessuna parte e al contrario voci modeste ma molto talentuose che si avviano alla carriera. Il talento nell’arte bisogna averlo!
Hai dei consigli per chi vuole iniziare questa carriera?
Prima di tutto bisogna avere il “materiale”, e poi studiando farne emergere le qualità. A volte si danno dei consigli in buona fede e si viene male interpretati. I consigli vanno dati con maniera: se ti trovi difronte un soggetto con tutte le qualità certamente lo incoraggi a proseguire, ma a volte chi ti chiede aiuto non dispone delle caratteristiche dovute, e quindi con molta delicatezza bisogna farglielo capire, senza che si senta offeso. Non è cosa semplice. Nel caso in cui un giovane possedesse le qualità bisogna indirizzarlo sapientemente, soprattutto per ciò che è giusto fare per la sua voce, poi gli consiglio di non fare il gradasso, essere umili, non cercare grane, mantenere un tono sommesso quando non sei conosciuto e fare bene il proprio lavoro.
Cosa pensi delle regie moderne?
Questo è un problema che ha toccato anche me, anche se ci deve essere un’evoluzione nella regia. Penso che l’importante è che siano belle regie. Se un regista ha talento può fare una valida regia anche con pochi mezzi, ma spesso si sprecano migliaia di euro per produzioni che non valgono nulla. E ’un peccato! Attualmente le opere vengono ambientate in uno spazio temporale diverso da quello pensato dall’autore, ma un’opera del settecento può essere trasportata nel duemila se fatta con intelligenza e risultare un lavoro interessante. Penso a Giancarlo Del Monaco regista di grande talento, forse è molto esigente, ma sempre con ragione. Anche Mario Gas è un regista fantastico!
Hai qualche rimpianto?
E chi non ne ha!
Se dovessi descriverti con poche parole
Sai, non vorrei essere mal interpretato. Io sono un uomo semplice, a volte pigro, che ama la musica e la famiglia. Sono nato nel segno dei gemelli, oggi penso una cosa e domani un’altra. Ogni giorno sono diverso! Foto ritratto di  Antoni Bofill