Roma,Terme di Caracalla:”La Bohème”

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2013/2014, Terme di Caracalla
“LA BOHEME”
Opera in quattro atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa.
Musica di Giacomo Puccini
Mimì CARMELA REMIGIO
Rodolfo  AQUILES MACHADO
Marcello JULIAN KIM
Shaunard SIMONE DEL SAVIO
Colline GIANLUCA BURATTO
Musetta ROSA FEOLA
Benoit ROBERTO ACCURSO
Parpignol LUCA BATTAGELLO
Alcindoro ROBERTO ACCURSO
Sergente dei doganieri GIAMPIERO PIPPIA
Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma diretta da Josè Maria Sciutto
Direttore Daniele Rustioni
Regia scene costumi e luci Davide Livermore
Nuovo allestimento in collaborazione con Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia
Roma, 31 luglio 2014

Finalmente in scena con il cast previsto per la prima e con l’orchestra questa Bohème di Puccini dopo scioperi, polemiche, maltempo e quant’altro. L’allestimento, affidato globalmente per regia, scene, costumi e luci alle cure di Davide Livermore, ha visto la vicenda trasposta alla fine dell’ottocento in una Parigi impressionista molto ricca di colori, evocata attraverso un immaginario osservatorio che dovrebbe essere lo studio di Marcello, con la proiezione di quadri dell’epoca su una fila di panelli disposti sul fondale del palcoscenico e sui ruderi delle terme. Dalle note di regia pubblicate nel programma di sala si legge: ”In questa partitura vengono descritte azioni ed emozioni con una precisione assoluta …… e la risposta alla domanda di come posso raccontare questa storia oggi, è fare Puccini, assecondare la sua meravigliosa partitura fino in fondo”. L’idea sembra sicuramente buona ma, a parte qualche dettaglio, è apparsa nella sostanza smentita dai fatti. I protagonisti non si capisce che cosa abbiano da correre su e giù per la soffitta per tutto il primo atto. Nel secondo Parpignol non ha nessun carretto di giocattoli che i bambini dovrebbero desiderare la sera della vigilia di Natale, i camerieri di Momus si muovono come saltimbanchi e l’atmosfera è nell’insieme più da circo equestre che non parigina. Nell’atto della barriera d’Enfer durante il terzetto Mimì resta visibilissima per tutto il tempo e dunque appare assai poco credibile e in sostanza collocabile nell’ambito del più risaputo e divertente ridicolo operistico, la sorpresa di Rodolfo e Marcello quando si accorgono della sua presenza. Infine, come possono i due amanti cercare una chiave “a tastoni” in un buio nel quale non si riusciva ad intravedere il rossore di Mimì, quando la scena è inondata di luce e dunque ci si dovrebbe vedere benissimo? Ironia perfida della sorte, forse una sulfurea toscana vendetta del sor Giacomo, un buio involontario è stato prodotto invece da un breve guasto tecnico temporaneo che ha interrotto per alcuni istanti l’illuminazione e l’azione proprio in quel momento così atteso. Ma a parte questi dettagli, in fondo perché no anche divertenti, crediamo che la questione non risieda tanto nel fatto se Mimì debba morire su un lettuccio o su un sofà, stufa in ghisa o termoconvettore, se il bambino abbia veramente il mano la trombetta e il cavallin o se la neve promessa debba cadere o meno anche sul pubblico o solo sulle rovine di Caracalla. Per la cronaca sul pubblico non è caduta, ma forse per noi romani era ancora presto: il miracolo della neve di S. Maria Maggiore sarà il 5 agosto. Non si può delegare l’emozione di una serata solo ad una serie di effetti tecnologici o di trovate, con l’evidente scopo di rendere adatto ad un grande spazio all’aperto un titolo operistico che oggettivamente non pare averne troppo le caratteristiche strutturali e sembrerebbe bisognoso di altri spazi per essere messo in scena. Si può far cadere neve fin che si vuole e coprirne le Terme fino al limite del crollo ma se poi sulla scena per esempio non ci si muove come se facesse freddo davvero e si scorazza qui e là in maniera afinalistica è difficile riuscire a creare una atmosfera e alla fine regalare un’emozione che rimanga impressa. La tensione narrativa viene spesso interrotta e lo spettacolo, pur gradevole a vedersi, nell’insieme risulta un po’ noioso. Va precisato però che il clima nel quale è andato in scena intuiamo che non sia stato dei più sereni e abbiamo avuto la sensazione che forse diverse intenzioni del regista non siano state recepite ed elaborate fino in fondo. Altro aspetto discutibile è apparso quello dell’amplificazione. Nei diversi fuori scena previsti il suono proveniva da una altra direzione ed anche nelle scene di insieme non sempre era facile capire chi stesse dicendo cosa, sempre per ragioni legate alla direzione del suono.
E veniamo alla parte musicale. La direzione del maestro Daniele Rustioni è sembrata nell’insieme energica e ben equilibrata nelle scelte dei tempi e nel fraseggio anche se forse, anche data la serata, più volta a cercare entusiasmi che non a dispensare emozioni. Onestamente ingiudicabile per la situazione tecnica la qualità del suono dell’orchestra che è apparsa in forma meno smagliante del solito. Discreta la prova del coro. Aquiles Machado ha impersonato un Rodolfo sincero e credibile cantando con voce dal timbro davvero splendido e generoso anche se forse con qualche prudenza nel registro acuto che però non ha a nostro avviso inciso sulla qualità eccellente della prestazione. Mimì è stata cantata dal soprano Carmela Remigio con professionalità e correttezza anche se con una voce dal timbro, per quanto possibile giudicare all’aperto e con l’amplificazione, leggermente inaridito. Quello che lascia alla fine un pò perplessi nella sua interpretazione è una sorta di algido distacco che le impedisce di realizzare compiutamente un personaggio che forse, semplicemente, potrebbe non essere troppo nelle sue corde. Discretamente cantato ma poco credibile nel complesso il Marcello del baritono coreano Julian Kim, probabilmente per un problema di distanza di formazione culturale che non può essere colmata solamente da un uso anche corretto ed intelligente della voce. Molto simpatico e buono sotto il profilo vocale lo Shaunard di Simone del Savio. Assai interessante il Colline di Gianluca Buratto cantato con bella voce e sincera partecipazione, offrendo una esecuzione di “vecchia zimarra” misurata e profondamente commovente. Infine la ottima Musetta di Rosa Feola, impersonata con assoluta sicurezza, credibilità, eleganza musicale e, soprattutto, gran bella voce. Benoit ed Alcindoro sono stati interpretati con appropriatezza da Roberto Accurso forse più a suo agio nel primo personaggio che non nel secondo. Divertente il Parpignol di Luca Battagello e funzionale il sergente di Giampiero Pippia. Al termine applausi e commozione: il finale de La Bohème funziona sempre, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche o sindacali.