Cronache del MITO: Ian Bostridge interpreta Schubert e Strauss

Torino Milano – Festival Internazionale della Musica, VIII Edizione – MITO Settembre Musica
Torino, Tempio Valdese
Tenore Ian Bostridge
Pianoforte Julius Drake
Franz Schubert : Das Heimweh D. 456 (I strofe), Sehnsucht D. 879, Im Freien D. 880, Bei dir allein D. 866, Der Wanderer an den Mond D. 870, Das Zügenglöcklein D. 871, Die Perle D. 466 (I e V strofi), Freiwilliges Versinken D. 700, Der zürnenden Diana D. 707, Lied des gefangenen Jägers D. 843, Normans Gesang D. 846
Richard Strauss : Krämerspiegel op. 66, Dodici Lieder di Alfred Kerr
Torino, 12 settembre 2014

Il giorno di Natale 2014 Ian Bostridge compirà esattamente cinquant’anni; per un cantante così attento alla scelta del repertorio, e in particolare così fedele agli autori della tradizione liederistica, questo significa entrare in una fase di maturità stilistica ed espressiva quanto mai promettente. Il recital vocale presso il Tempio Valdese di Torino è un’ulteriore prova dell’eccellenza del tenore inglese: tutto è perfetto, a cominciare dall’ottimo pianista Julius Drake, da molti anni impegnato ad accompagnare il cantante, così in sintonia con lui, che nel corso dell’esecuzione non hanno neppure bisogno di guardarsi. E poi è magnifica la scelta di suddividere la serata in due parti, la prima tutta ritagliata all’interno del catalogo di Schubert, la seconda centrata su una raccolta di Strauss che di rarissimo ascolto. I Lieder schubertiani sono inanellati in modo tale da rappresentare la vicenda personale di un uomo che si allontana da casa, ne prova intensa nostalgia quando fa buio, poi leopardianamente si rivolge alla luna, ascolta campanelli in lontananza nella notte, aspira a un riposo definitivo e contemporaneamente alla dolcezza di un canto nuziale. I componimenti che Bostridge ha cucito insieme risalgono a un periodo compositivo racchiuso tra 1816 e 1828, l’anno di morte del compositore. Al solo 1918 risalgono invece i dodici Lieder su testo dello scrittore e critico berlinese Alfred Kerr, musicati da Strauss per documentare sarcasticamente una vicenda editoriale di cui era stato protagonista: rifiuti di pubblicazioni e beghe contrattuali diventano così occasione ghiottissima per popolare boschi, foreste e giardini di partiture animate, capri, maiali, personaggi grotteschi, i cui nomi rimandano sempre alla biografia straussiana (il compositore stesso è un “mazzo di rose”, Rosenstrauss, che difende l’abitazione del Cavaliere della Rosa dalle insidie di un ingordo “caprone”, Bock in tedesco, nome di uno dei due editori berlinesi, Bote & Bock, con i quali si era aperto lo screzio).
Alla raffinatezza del programma si accompagna quella esecutiva: nella sequenza schubertiana Bostridge cambia accenti e registro a seconda del Lied, in modo da far risaltare la distanza che intercorre tra le varie composizioni, comunque accostate per finalità narrative. La voce dell’artista londinese costituisce una di quelle singolari “personalità vocali”, i cui caratteri sono ben noti: intonazione perfetta, timbro chiaro, tecnica di respirazione che permette grandi virtuosismi, a partire da robuste messe di voce nel registro centrale, con un suono capace di rinforzarsi senza diventare fisso. Si può naturalmente sollevare qualche dubbio sul registro acuto, impostato benissimo, ma non sempre in grado di garantire la piena copertura del suono, a volte affaticato, a volte stridente. Ma chi vuole ascoltare acuti sfolgoranti non deve certo rivolgersi agli interpreti del Lied … Bostridge, d’altra parte, è capace di dispensare anche una grazia da tenore belcantista: nel neoclassico Der zürnenden Diana (All’adirata Diana) gli acuti si aprono a ventaglio, ma con sobrietà; e tutto il porgere del suono, sostenuto con grande finezza, è una cifra stilistica che caratterizza le composizioni schubertiane appunto del periodo “neoclassico”. Con piglio eroico-cavalleresco, con il canto che realizza bene un ritmo galoppante, il Lied des gefangenen Jägers risulta alla fine tra i più suggestivi.
Per il pubblico di MI.TO. è una vera sorpresa lo Strauss del Krämerspiegel (Lo specchio del rigattiere), poiché di rarissimo ascolto; e il duo Bostridge-Drake lo porge nei toni più grotteschi, caricaturali, esagerati, rimarcando le assurdità surreali, quasi ai limiti del cattivo gusto, di tale musica greve e divertentissima, ricolma di autocitazioni e di allusioni al repertorio teatrale. Ma sarebbe riduttivo parlare di quadretti umoristici, sia per l’impegno vocale richiesto al cantante sia per l’ampiezza delle introduzioni pianistiche, pagine ariose e impervie, in cui Drake si disimpegna da grande virtuoso. Si potrebbe dire piuttosto che domina l’effetto della pointe epigrammatica, enfatizzato dalla voce di Bostridge, che però resta sempre serissimo e impeccabile nelle misurate movenze: incarnazione perfetta di un accostamento very British all’umorismo graffiante di Kerr e Strauss.
Il pubblico che gremisce il Tempio Valdese si abbandona ad applausi entusiastici, davvero impressionato dall’arte completa di Bostridge, vocale, visiva, gestuale. E il tenore, con grande generosità, regala altri tre Lieder schubertiani (secondo quella fedeltà di cui si diceva in apertura): Das Lied im grünen, Der Jüngling an der Quelle, Der Einsame; altre tre perle di ineffabile bellezza. Come scrive Johann Mayrhofer in Freiwilliges Versinken (Volontario inabissarsi), uno dei Lieder della prima parte del programma, l’adepto di Helios “non afferra, sa soltanto dare”; e desidera immergere il suo corpo di fiamma nel freddo mare, perché soltanto in questo modo “nuovo calore / potrà donare al fuoco della terra”. La voce di Bostridge è realisticamente così: non è soltanto bella (non è del tutto bella), e non si percepisce come esteticamente “calda”; anzi, brucia e cauterizza, come il fuoco, donando sempre un nuovo calore.