Cronache del MITO:”Dido and Aeneas” al Teatro Carignano

Torino, Teatro Carignano, MI-TO 2014 
“DIDO AND AENEAS
Opera in tre atti su testo di Nahum Tate
Musica di Henry Purcell
Didone, Prima strega, marinaio ANNA CATERINA ANTONACCI
Belinda, seconda strega, spirito  YETZABEL ARIAS FERNÁNDEZ
Enea, seconda donna, maga LAURA POLVERELLI
Accademia degli Astrusi
Ars Cantica Choir
Direttore Federico Ferri 
Maestro del Coro  Marco Berrini    
Torino, 9 settembre 2014
Andata in scena la prima volta nella primavera del 1689 presso un collegio femminile di Chelsea “Dido and Aeneas” rappresenta il lavoro più noto e amato di Henry Purcell nonché la sua unica autentica opera lirica secondo i moduli di derivazione italiana – seppur riadattati al gusto inglese e al particolare contesto di destinazione. L’edizione andata in scena al Teatro Carignano all’interno del cartellone di MI-To 2014 – preceduta da esecuzione milanese in Santa Maria delle Grazie – presentava alcune differenze rispetto alla versione canonica dell’opera. Considerando la brevità del lavoro esso è stato arricchito con alcuni brani strumentali: tra il secondo e il terzo atto è stata inserita una ripresa del “grave” dell’ouverture mentre nel terzo atto dopo il coro dei marinai “Come away” si è ascoltata la “Chaconne” di “The fairy Queen” dello stesso Purcell. L’altra particolarità è la scelta di affidare tutte le parti a sole tre cantanti il che ha reso sicuramente più agile il funzionamento dell’insieme ma al contempo poteva creare qualche confusione in una parte del pubblico.

La parte orchestrale è stata affidata all’Accademia degli Astrusi con la direzione di Federico Ferri, il complesso bolognese ha confermato le ottime sensazioni date anche ultime prove anche discografiche; si apprezzano la capacità di unire sempre un’innegabile piacevolezza sonora ad un attento studio stilistico ed espressivo. Per chi conoscesse l’opera solo attraverso prestigiose ma ormai datate incisioni affidate ad orchestre moderne è un vero incanto ascoltare un suono così terso e allo stesso tempo leggero, capace nell’organico sostanzialmente limitato – archi, arpa, alcuni strumenti a corda pizzicata e percussioni – di creare effetti coloristici di assoluta originalità e ricchezza e di accompagnare alla perfezione il gioco degli affetti con una naturalezza molto più difficile da ottenere per un’orchestra moderna. Unica nota negativa la macchina del vento decisamente troppo rumorosa.
All’ottima prova orchestrale fa eco quella altrettanto buona del coro, il complesso milanese Ars Cantica Choir diretto da Marco Berrini e ormai abituale compagno di strada dell’Accademia degli Astrusi. Chiamato significativamente in causa nonostante la brevità della composizione ha offerto una prestazione rimarchevole nell’unire alla notevole presenza una leggerezza e una trasparenza del suono perfettamente in linea con il gusto di Purcell.
Regina assoluta della serata Anna Caterina Antonacci è apparsa in ottima forma e alle prese con un repertorio assolutamente ideale per le sue caratteristiche vocali ha pienamente confermato le attese. Dotata di non comune carisma scenico entra in scena con un elegantissimo abito panna di taglio leggermente antichizzante e uno scialle a coprire le spalle e subito la regina di Cartagine prende vita e figura. Se la presenza è folgorante il canto non è da meno, personalmente ho sempre trovato molto bella la sua voce nell’individualità immediatamente riconoscibile e nella sua ambiguità di muoversi fra i registri vocali sfuggendo a qualunque classificazione rigida. La parte di Didone con la sua tessitura ibrida è ideale per i mezzi dell’Antonacci così come la cavata ampia e nobile della cantante bolognese è perfetta per la dolente regina africana. Se inappuntabili solo il dato tecnico – da sentire la pulizia sui passaggi di coloratura di “Whence could so much Virtue spring” – e la linea di canto è sul versante espressivo che l’Antonacci ottiene la definitiva vittoria in virtù di un fraseggio mobile e ricchissimo capace di passare dal lirico abbandono di “I languish till my Grief” alla capacità di mordere la frase come una fiera ferita nel declamare i versi di sapore ancora shakespeariano che precedono il finale “Thus on the fatal Banks of Nile” fino alla sublimità del finale di austera, aristocraticissima sofferenza. Oltre al ruolo di Didone l’Antonacci affrontava le brevi parti del marinaio e della seconda strega.
Laura Polverelli – in abito lungo nero – si cimentava su due ruoli di una certa importanza e con risultati più alterni, se infatti ben centrata è stata la parte della maga in cui è ben evidenziato il carattere grottesco senza però eccedere in forme troppo caricaturali maggiori difficoltà si sono ravvisate nella parte di Enea. Il ruolo è l’unico scritto originariamente per voce maschile – basso-baritono – destinato ad un cantante professionista appositamente chiamato per affiancare le studentesse di Chelsea e l’affidarlo ad un mezzosoprano non è forse scelta ideale in quanto non solo la tessitura è decisamente grave per una voce femminile ma impone alla cantante di differenziarsi il più possibile da Didone scurendo il timbro e spesso forzando alla ricerca di una maggior virilità di suono nel settore medio-grave a scapito della linea generale pericoli a cui non è sfuggita la Polverelli. Oltre a questi ruoli il mezzosoprano senese era impegnata anche come seconda donna. Completava il cast il giovane soprano cubano Yetzabel Arias Fernández. Voce di pretta natura lirica dotata di un buon corpo e di un’interessante proiezione con buoni acuti e settore medio grave morbido e sonoro. Pur senza particolari doti espressive riesce comunque a dare un’efficace differenziazione fra i vari personaggi che gli sono affidati delineando una Belinda brillante e leggera ed uno Spirito non primo di arcana suggestione.  Sala quasi completamente piena anche se restavano alcuni posti liberi e trionfale successo per tutti gli interpreti con autentiche ovazioni per Anna Caterina Antonacci.