“Anna Karenina” di Boris Eifman al San Carlo di Napoli

Teatro di San Carlo di Napoli, Autunno Danza 2014
Coreografia Boris Eifman tratto dall’omonimo romanzo di Lev Tolstoj
Musiche P. I. Ĉajkovskij
Scene Zinovij Margolin
Costumi Vjaĉeslav Okunev
Luci Gleb Fil’ŝtinskij
Anna NATAL’JA POVOROZNJUK
Karenin PAVEL MOSKVITO
Vronskij IGOR’ SUBBOTIN
Eifman Ballet Sanpietroburgo
Napoli, 26 ottobre 2014, ore 17.00

Un vero capolavoro, sotto tutti i punti di vista. Con fragorosi applausi e richieste di “bis” è stato accolto il balletto di Boris Eifman Anna Karenina, portato in scena dalla sua splendida compagnia, l’Eifman Ballet di Sanpietroburgo. Ispirato al celebre romanzo di Lev Tolstoj, il magistrale lavoro del coreografo siberiano si pone nell’ambito di una poetica mirata a costituire un innovativo repertorio del balletto dei nostri giorni, basato sulla ricca tradizione del teatro russo sulla quale sviluppare nuove forme di coreografia. Eifman, artista che da diversi decenni si è ritagliato un ruolo di primo piano nel panorama della danza contemporanea, torna al San Carlo dopo il successo del Mozart Requiem, andato in scena lo scorso giugno. Insignito, tra gli altri riconoscimenti, del prestigioso titolo di “Artista del Popolo di Russia”, ha all’attivo un repertorio di circa quaranta balletti. Per la sua prestigiosa carriera ha ricevuto il Premio di Stato della Federazione Russa, la Maschera d’Oro. Se il New York Times lo la definito “il migliore coreografo del mondo” senza mezzi termini, ci sarà un motivo.
Il romanzo Anna Karenina mi ha sempre affascinato – racconta Eifman – Quando si legge questo grande classico della letteratura firmato da Tolstoj, si rimane colpiti dall’incredibile capacità dell’autore di esaminare in profondità l’universo psicologico dei suoi eroi con una precisione e una sensibilità stupefacenti. Anna Karenina non è soltanto lo studio approfondito del mondo interiore della sua eroina, ma una vera rivelazione psico-erotica della sua personalità. Difficilmente nella letteratura contemporanea troviamo tali passioni, metamorfosi o fantasmagorie. Tutti questi elementi messi insieme sono il senso più autentico delle mie riflessioni coreografiche […] Anna è condannata a una vita da esclusa; non ci sono più momenti felici… Rimangono solo sensazioni tragiche e la mancanza di libertà… Capisco questa donna che diventa dipendente da un uomo. Questa dipendenza, come tutte le altre, è una malattia e una sofferenza… Ha in sé due esseri… Cos’è più importante? Preservare un’illusione accettata da tutti in armonia, nel pieno rispetto del dovere e dei sentimenti familiari o sottomettersi a un’autentica passione? Abbiamo il diritto di distruggere la famiglia? Di privare un bambino della protezione materna per la follia della carne? Queste domande tormentavano anche Tolstoj, in passato, e nemmeno noi oggi possiamo eluderle. Non ci sono risposte. C’è solo il desiderio inappagato di essere compresi, nella vita come nella morte.
La potenza di sentimenti eternamente presenti nella vita e perennemente validi è trasposta in un linguaggio coreografico geniale. L’attenzione dello spettatore viene catalizzata sul dipanarsi della vicenda principale, esplicata con una dinamica perfetta nell’alternarsi delle masse e dei Passi a due. La velocità e la ricchezza del vocabolario coreico di Eifman annullano a la possibilità di una lettura analitica (immediata) del movimento, per condurre l’occhio dello spettatore sull’insieme sapientemente costruito, non permettendo neanche ai solisti di rubare la scena alla vera protagonista della situazione, che è la coreografia. Essa è inoltre sostenuta da una scelta musicale ad hoc e abilmente letta, da un disegno luci superbo e incisivo, oltre che da scenografie funzionali, da costumi modernamente tradizionali e di gran gusto. Un’estetica efficacissima che fonde sapientemente stili sempre diversi, che si rivelano al pubblico come veri colpi di scena coreografici. Ogni sentimento o situazione ha il suo linguaggio, differente e appropriato al contempo. Il sentire russo è dovunque: nella musica, nell’ascendenza letteraria, nella coreografia, nell’interpretazione e nell’apparato tecnico.
Per gli addetti ai lavori l’esordio è un vero e proprio godimento. La Serenata per archi in do maggiore op. 48 di Ĉjajkosvskj apre il balletto dipingendo una serenità solenne fatta di azioni abituali e decoro. Inevitabile non pensare a Serenade di Balanchine, che ha reso immediata l’associazione di musica e coreografia per questo brano, la cui perfetta trasposizione degli elementi musicali in movimenti sembrerebbe insuperabile o ineguagliabile. E invece la coreografia di Eifman si mostra altrettanto perfetta, sia nella risoluzione visiva dell’elemento musicale, sia nella solida struttura coreografica. In maniera completamente diversa da Balanchine. Il trenino giocattolo dell’incipit sarà l’inquietante richiamo al dramma finale nell’ultima scena del primo atto, dove il genio di Eifman, con questo sottile richiamo, fa letteralmente rabbrividire il pubblico, che già assapora la tragedia.
La vicenda principale del romanzo di Tolstoj si dipana con chiarezza ed efficacia. Il culmine del lirismo è raggiunto nella scena che richiama uno dei topoi principali della letteratura romantica, ovvero gli innamorati lontani che immaginano la stessa situazione, che si ritrovano a danzare all’unisono in una “metavisione” che permette allo spettatore di incrociare contemporaneamente le due figure sul palco. Questo momento è affidato a un altro famosissimo brano, l’Adagio del Primo movimento della Sinfonia n. 6 in si minore detta Patetica, la cui struggente melodia è il canto dei due amanti divisi.
Il dramma familiare e personale si esprime alla perfezione nel Passo a due di Anna con il marito Karenin nella scena che prevede la collocazione del letto al centro del palcoscenico: un giaciglio che non è più un talamo ma prefigura il letto di morte. E qui la voluta ritrazione dei piedi in flex (che ricorre più volte per Anna) fa immediatamente pensare alla rigidità della morte o dell’oggetto in cui si è trasformata Anna per il marito, una marionetta di cui tenere i fili. Perché lei è già morta dentro.
La scena del carnevale colpisce per la sontuosità festante e dissonante con il profilo della protagonista, magnifica carrellata dal sapore barocco. Bellissimi i quadri dei gruppi maschili e femminili, in cui la coreografia trionfa sui corpi, sia pure bellissimi e preparatissimi dei danzatori, ma che nei lavori di Eifman costituiscono un tutt’uno che non permette allo spettatore di pensare solo alla tecnica o al singolo. Ed e questa la vera forza del suo talento coreografico.
Nel momento di dramma interiore più forte ecco un altro colpo di scena, un quadro assolutamente inaspettato che proietta i personaggi in una sorta di inferno dantesco, un gioco vorticoso di “caos ordinato” che stravolge la protagonista, la quale, secondo i canoni più classici, con i capelli sciolti ha perso il senno e si aggira per la stazione. Qui il gruppo di operai che mima la locomotiva va vapore è il culmine della drammaticità, di quello che non ci si aspetta di vedere, ma che in realtà succede per esaurire il climax di suggestione e di suspance. Le luci accecanti sul pubblico al momento del suicidio, come se un treno stesse travolgendo la platea, lasciano lo spettatore attonito: il coinvolgimento emotivo è totale. La catarsi è avvenuta. Una volta usciti dal teatro, non si fa che pensare a quanto si è visto.
Trentuno gli elementi della Compagnia (composta da ben sessantasette danzatori) impegnati al San Carlo. Brillante l’ensemble, splendidi i solisti. Le doti interpretative di una Fracci o di una Ferri sarebbero state il non plus ultra per Anna Karenina. Ma il tempo scorre, la storia non si ferma e questo allestimento è, senza ombra di dubbio, una perla preziosa in ogni suo aspetto.
Il pubblico è esploso più volte in applausi a scena aperta, un vero trionfo. Ci auguriamo che Boris Eifman e la sua Compagnia possano essere ancora ospiti del Massimo napoletano.
All’uscita, una elegante signora russa mi ha chiesto se mi fosse piaciuto il balletto. Con enfasi ho risposto di sì, e la gentile connazionale di Eifman ha sottolineato che a San Pietroburgo non aveva trovato i biglietti per il “tutto esaurito”. Una implicita espressione di meraviglia per i palchi vuoti del San Carlo. Naturalmente i biglietti per la prossima Giselle con Svetlana Zakharova, prevista ad aprile, stanno già andando a ruba… Forse i napoletani impiegheranno altri centocinquant’anni per capire che Anna Karenina è un capolavoro come Giselle e, forse, nel complesso lo è anche di più… Ma a buon intenditor poche parole.
Prossimo e ultimo appuntamento dell’Autunno Danza promosso dal Teatro di San Carlo sarà Eduardo artefice magico di Francesco Nappa, il 29 e 30 ottobre, con il Corpo di Ballo di casa. Un’altra tessera del mosaico della danza contemporanea da non perdere. Foto Francesco Squeglia