“Madama Butterfly” al Teatro Verdi di Padova

Teatro Verdi di Padova – Stagione Lirica 2014
“MADAMA BUTTERFLY”
Tragedia giapponese in tre atti di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini
Madama Butterfly (Cio-Cio-San)  ANDREA ROST
Suzuki  DANIELA INNAMORATI
Kate Pinkerton SABRINA VIANELLO
F.B. Pinkerton   LUCIANO GANCI
Sharpless   GIORGIO CAODURO
Goro   MAX RENÉ COSOTTI
Il Principe Yamadori  WILLIAM CORRÒ
Lo Zio Bonzo ABRAMO ROSALEN
Il Commissario Imperiale FRANCESCO MILANESE
Dolore SEBASTIANO CORRÒ
Orchestra di Padova e del Veneto
Coro Città di Padova
Direttore Tiziano Severini
Maestro del Coro  Dino Zambello
Regia, scene, costumi  Beni Montresor
Allestimento del Teatro Carlo Felice di Genova
Ripreso da Paolo Giani
Padova, 26 ottobre 2014

Buon successo di pubblico per la rappresentazione di Madama Butterfly del 26 ottobre al Teatro Verdi di Padova. La scenografia, essenziale e minimalista, curata da Beni Montresor e ripresa da Paolo Giani, ha l’indiscutibile pregio di concentrare l’attenzione sulla vicenda interiore di Cio-Cio-San; tuttavia la scarsità di oggetti scenici, unita ad effetti luce un po’ troppo da screen-saver, ottiene talvolta l’opposto e indesiderabile effetto: anche l’assenza di elementi a lui familiari tende a deconcentrare lo spettatore, specialmente nella cornice di un teatro importante ma dallo spazio scenico relativamente contenuto come il Verdi.
La regia è certamente curatissima, strettamente legata al libretto; alla raffinatezza della caratterizzazione psicologica viene anteposta la chiarezza delle intenzioni, scelta azzeccata in una cornice sostanzialmente priva di altri indicatori scenici. La direzione musicale è in questo modo ulteriormente esposta, ma, nelle mani di Tiziano Severini, possiamo sentirci tranquilli: il direttore conosce Madama Butterfly come le sue tasche, non perde un colpo e, anzi, esalta la grandezza di pagine complesse come quella del matrimonio di Pinkerton e Butterfly, notoriamente tra le più spinose.
Madama Butterfly, una Andrea Rost chiaramente fuori dal suo repertorio tipico, non brilla nel primo atto, riuscendo assai più efficace nel terzo e soprattutto nel secondo, dove strappa l’atteso applauso a scena aperta col suo interessante “Un bel dì vedremo”. Decisamente più a suo agio nei panni della più maliziosa Butterfly matura e abbandonata, non risulta particolarmente credibile come ingenua quindicenne, nonostante il dolcissimo “Vogliatemi bene, un bene piccolino”. Ben diretta, dopo i primi quindici minuti, poco convincenti, torna al ricco timbro che ci aspettavamo, oltre che a un (fin troppo) cauto uso del fraseggio. Qualche imprecisione sui fiati non ne pregiudica la buona performance.
F.B. Pinkerton, un Luciano Ganci in ottima forma, realizza un primo atto convincente, in cui la sua generosità lo porta talvolta a gigioneggiare troppo in acuto, tuttavia sempre con precisione e senza latranti sguaiature. Il suo Pinkerton è odioso, vigliacco, ben caratterizzato ma forse non sufficientemente sensuale e brutale nel duetto della “cattura” della farfalla Cio-Cio-San. Insomma, se il Pinkerton che ci piace detestare è un rivoltante e superficiale corruttore di vergini, Ganci sembra ancora solo un bravo ragazzo con qualche vizietto, cui finiamo quasi per affezionarci. In ogni caso la pronuncia e il fraseggio sono irreprensibili, la voce perfettamente avanti, calda nei gravi e squillante in acuto.
Eccellente la Suzuki di Daniela Innamorati: il suo dolore è quasi più palpabile di quello di Butterfly. La voce è quella di un mezzosoprano autentico, i suoni non sono mai troppo bruniti. A qualche imprecisione nel fraseggio accosta una presenza scenica invidiabile, oltre che una ricchezza espressiva particolarmente struggente. Il baritono Giorgio Caoduro, Sharpless, nonostante trascorra buona parte del tempo seduto, riesce comunque credibile nel ruolo di grillo parlante che ammonisce severamente Pinkerton “badate, ella ci crede”. La zona centrale è impeccabile, come anche la pronuncia; peccato per la sostanziale immobilità registica.
Goro, l’applauditissimo Max René Cosotti, alla precisione ritmica privilegia decisamente l’interpretazione, una scelta che risulta funesta per tutto il primo atto. Meglio nel secondo, Cossotti non riesce tuttavia ad esaltare la multiforme e spregiudicata leziosità di Goro, in ogni caso vocalmente credibile.
Le poche battute di Kate Pinkerton, Sabrina Vianello, sono efficaci, per quanto il personaggio sia reso forse con troppa sensualità e poca costernazione per la tragedia di Butterfly.
Molto bene il principe Yamadori di William Corrò, severo e disperato al punto giusto, dispiace non poterne apprezzare più a lungo l’interessante vocalità. Molto bene il Coro, diretto da Dino Zambello; il momento a bocca chiusa del II atto è sempre di grandissimo effetto, e l’interpretazione che ne dà Severini è veramente commovente.
Completano efficacemente il cast l’Imperial Commissario, Francesco Milanese, e lo Zio Bonzo, Abramo Rosalen. Adorabile e davvero pazientissimo il piccolo Dolore di Sebastiano Corrò.
Prossimo appuntamento operistico al Teatro Verdi in dicembre, con La Vedova Allegra di Franz Lehar. Foto Giuliano Ghiraldini