Teatro Cantero di Chiavari: “Turandot”

Chiavari, Teatro Cantero, Stagione lirica 2014/2015
“TURANDOT”
Dramma lirico in tre atti, libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, da Carlo Gozzi. Finale completato da Franco Alfano
Musica di Giacomo Puccini
Turandot GABRIELLE MOUHLEN
Altoum RAFFAELE FEO
Timur FRANCO LUFI
Calaf MIKHEIL SHESHABERIDZE
Liù GIULIA MIJ
Ping PIERLUIGI DINENGITE
Pang ENRICO SALSI
Pong GAMPIERO DE PAOLI
Un Mandarino CLAUDIO OTTINO
Orchestra Ritorno all’Opera
Corale Lirica Ambrosiana
Direttore Valter Borin
Maestro del Coro Roberto Ardigò
Regia Andrea Elena
Scenografie APLM Cuneo
Costumi Arte Scenica
Chiavari, 7 novembre 2014

Ignoto al grande pubblico, il Teatro Cantero di Chiavari è un piccolo gioiello della città (datato 1930 e che meriterebbe in verità un risistemata generale) che offre ormai da diversi anni un’interessante stagione musicale organizzata dall’Associazione Ritorno all’Opera. Tale entità si prefigge il nobilissimo obiettivo di diffondere l’opera soprattutto nella sua messinscena completa, potendo vantare già all’attivo numerosissimi allestimenti nei teatri minori e spazi aperti della Liguria e non solo. Tutto ciò appare ancora più lodevole se consideriamo che, naturalmente, tutta questa attività viene svolta potendo contare su budget ridotti all’osso, il che significa, tra l’altro, la necessità di allestire tutto lo spettacolo in appena uno o due giorni di prove. La scommessa, di per sè titanica, è persa in partenza quando si decide di portare sul palcoscenico opere complesse e mastodontiche come Turandot. Va detto, tuttavia, che il pubblico cui questo spettacolo si è rivolto nell’unica recita del 7 novembre non è parso particolarmente avvezzo al teatro e all’opera e, pertanto, possiamo immaginare che molti spettatori siano rimasti soddisfatti dell’esecuzione, dati gli applausi scroscianti che sono piovuti a più riprese durante la manifestazione. In realtà, spiace constatare come l’impegno profuso nel voler mettere in scena un titolo così ambizioso si sia risolto in un sostanziale pasticcio sotto quasi tutti i punti di vista.
Non si può fare una colpa al regista Andrea Elena se in poche ore di prove ha malapena il tempo di suggerire indicazioni di massima sugli spostamenti di coro e personaggi. Tutto lo spettacolo si svolge nella semi-immobilità e molto (quasi tutto) viene lasciato comprensibilmente all’estro degli interpreti. Bruttino il fondale che dovrebbe rappresentare una Cina favolistica ed invece ricorda più una metropoli orientale. La resa scenica dello spettacolo avrebbe anche potuto accettarsi se supportata da una valida prova musicale, che purtroppo non c’è stata. La risicata Orchestra Ritorno all’Opera ha enormi difficoltà ad affrontare una partitura considerata tra le più difficili da suonare, stecca sensibilmente con frequenza costante e manca totalmente della sincronia nell’esecuzione. Il direttore Valter Borin raramente riesce a tenere insieme musicisti, solisti e coro, situazione dalla quale consegue un interminabile elenco errori gravi e grossolani e che inficiano irrimediabilmente la performance di tutti i cantanti. Gabrielle Mouhlen è stata una Turandot davvero apprezzabile quanto a vocalità, assai adatta al personaggio e di buona presenza scenica, una sorpresa. Naturalmente tutto il contesto non ha contribuito a valorizzare le sue doti: si prenda ad esempio l’episodio in cui, al termine della prima aria dell’algida principessa, il tenore irrompe in anticipo di diverse battute dovendo poi rimediare in maniera imbarazzante per recuperare. Ci sorprende come Mikheil Sheshaberidze (Calaf) riesca ad arrivare al termine della rappresentazione senza esplodere, tanto è forzata, sgraziata e non di rado stonata l’emissione della voce. La pronuncia è più che grezza, l’interpretazione frigida e la scarsa intesa col direttore critica in più punti. Poco approfondito da Giulia Mij anche il personaggio di Liù, reso con voce un poco nasale ma accettabile nel complesso della serata (si dia sempre per scontata l’imprecisione generale che ha caratterizzato tutta l’opera). Come si potrà immaginare, le scene in cui sono stati coinvolti i tre ministri Ping, Pong e Pang hanno subito pesanti dissesti ritmici. Vocalmente buona la prova dei due tenori Enrico Salsi e Giampiero De Paoli, mentre qualche perplessità in più ha destato il Ping di Pierluigi Dilingite. Apprezzabile il Timur di Franco Lufi e null’altro da segnalare sugli altri interpreti che hanno assolto al proprio compito con impegno.
La Corale Lirica Ambrosiana fatica assai a mantenere l’intonazione ed il tempo. In generale, le scene corali sono state forse le più critiche della serata, compresa quella finale, in cui ognuno andava per conto proprio.
Come detto, il pubblico che occupava il teatro numeroso ha tributato grandi ovazioni a tutto l’ensemble e noi che, come direbbe Jago, non siamo che critici, ci interroghiamo sull’opportunità o meno della scelta di titoli del genere quando si opera in situazioni di ristrettezza estrema ossia su quanto in là possa spingersi il compromesso tra l’andare in scena e la qualità, soprattutto musicale, dello spettacolo offerto.