“Vito Mazzeo & Solisti Het Nationale Ballet” al Teatro Salieri di Legnago

Legnago, Teatro Salieri, Stagione di danza 2014-2015
“VITO MAZZEO & SOLISTI HET NATIONALE BALLET” – Esclusiva Nazionale
Interpreti Igone de Jongh, Emilie Gallerani, Wenting Guan, Victoria Ananyan, Cristiano Principato, James Stout
Coreografie Hans van Manen, Rudi van Dantzig, Ted Brandsen, Mikhail Fokine, Ernst Meisner, Alberto Alonso
Legnago, 22 novembre 2014

Non è un periodo d’oro per la danza in Italia: si sa. Tra conti in rosso, stagioni che boccheggiano, corpi di ballo vittime di cattive gestioni… ce n’è davvero per tutti i gusti. Càpitano però serate in cui intelligenza e arte hanno la meglio, così come è avvenuto al Teatro Salieri di Legnago in occasione della serata “Vito Mazzeo & Solisti Het Nationale Ballet”. Già il nome della serata induce qualche riflessione. Il fatto che un ballerino italiano trovi lavoro in una compagnia estera non stupisce più: anzi, ormai sappiamo che è quasi di prammatica. Stupisce positivamente invece che una dirigenza artistica abbia avuto la lungimiranza di ospitare una compagnia di ballo tra le più prestigiose d’Europa – l’Het Nationale Ballet, per l’appunto – sia per qualità delle coreografie che per quella dei danzatori. A onor del vero, la stagione di danza del Teatro Salieri riserva sempre qualche perla preziosa per i palati più esigenti: è il caso di ricordare la serata capitanata dalle giovani stelle russe di un paio di stagioni addietro, come il Gala dello Stuttgart Ballet della stagione appena trascorsa.
Vito Mazzeo giunge a Legnago forte di una ricca e prestigiosa carriera presso diversi corpi di ballo: diplomatosi alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala, entra a far parte nel 2005 del Royal Ballet di Londra per poi passare al Balletto dell’Opera di Roma, il San Francisco Ballet e infine l’Het Nationale Ballet dove oggi è Principal. In Olanda, l’istituzionalizzazione di una compagnia nazionale ha per diversi aspetti seguito l’esempio dell’Inghilterra, sebbene con qualche anno di ritardo: una personalità di rilievo che formasse la compagnia (Sonia Gaskell, ex danzatrice dei Ballets Russes) e che allo stesso tempo ne definisse il repertorio, affiancando nuove creazioni ai titoli ottocenteschi. La serata legnaghese – contrariamente a quanto accade alla maggior parte dei gala presentati in Italia – ha avuto il grande pregio di mostrare la cifra della Compagnia, in un continuo dialogo tra passato e presente.
I coreografi cresciuti in seno alla scuola della Gaskell, purtroppo, hanno trovato poca risonanza al di fuori dell’Olanda. Hans van Manen (1932 – ) è forse oggi più noto ai più come fotografo che come coreografo. Destino curioso e anomalo per quello che a buon diritto può essere considerato il padre del balletto moderno olandese. Gli viene solitamente contrapposto Rudi van Dantzig (1933 – 2012), caratterizzato da una poetica più cerebrale e ombrosa. A Legnagno, di van Dantzig è stato eseguito il solo adagio tratto dal Lago dei cigni (interpretato da Wenting Guan e James Stout): era previsto anche il raffinatissimo Four Last Songs ma un infortunio occorso a Vito Mazzeo ne ha impedito l’esecuzione. Di van Manen invece sono stati invece rappresentati due “lavori chiave” che ne hanno illustrato ottimamente estetica e linguaggio. Dai celebri riferimenti ai balli di sala (come il solo di 5 Tangos, reso magnificamente in tutto il suo furor da Vito Mazzeo) fino ad un lavoro più ‘geometrico’ come Trois Gnossiennes, dove una splendida ballerina come Igone de Jongh, affiancata da James Stout, ha letteralmente giocato la parte del leone per aderenza al dettato coreografico. A proposito di questo brano, sarà forse utile ricordare che Sonia Gaskell fu sì insegnante intransigente (perseverando, cioè, nel tramandare la scuola russa nella sua accezione più pura e nobile) ma al contempo fu sostenitrice del balletto astratto di matrice balanchiniana.
Come abbiamo detto in apertura il fil rouge della serata è stata l’identità della Compagnia, ieri come oggi: ecco quindi in apertura un lavoro di Ted Brandsen (Replay, protagonisti Vito Mazzeo e Igone de Jongh), attuale Direttore e coreografo residente dell’Het Nationale Ballet, per poi passare a Ernst Meisner, coordinatore artistico della “formazione Junior” della Compagnia, con Embers dove si sono messi in luce due neodiplomati scaligeri Emilie Gallerani e Cristiano Principato. I due giovani italiani si sono poi esibiti nel passo a due di Coppélia, dove qualche incertezza su passaggi e legato non ha inficiato sulla buona resa complessiva.
Grande omaggio ai Ballets Russes è stato poi Shéhérazade di Mikhail Fokine (in Italia, ormai chi lo balla più?), imperniato sul salto elegante e il fraseggio sempre nobile e eloquente di Vito Mazzeo; l’ha affiancato Victoria Ananyan, più convincente nel solo di Carmen Suite di Alberto Alonso che nell’esotismo di maniera ideato da Fokine. Ha chiuso la serata il défilé di tutti gli artisti sulla musica della Grand coda del Pas d’action dal secondo atto di Raymonda. Indubbiamente uno spettacolo di qualità che ci fa concludere pensando due cose. La prima è che talvolta la provincia abbia più idee e coraggio rispetto a realtà più blasonate. La seconda è che la danza non sia questione di pancia come in molti sono portati a credere… ma soprattutto di testa. Foto Paolo Laudicina