“Die Zauberflöte” al Petruzzelli di Bari

Teatro Petruzzelli – Stagione d’Opera e Balletto 2014
“DIE ZAUBERFLÖTE
Opera tedesca in due atti, su libretto di Emanuel Schikaneder
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Sarastro DIMITRY IVASCHENKO
Regina della notte  CHRISTINA POULITSI
Tamino ANTONIO POLI
Pamina JACQUELIN WAGNER
Papageno ALEX ESPOSITO
Papagena LAVINIA BINI
Prima dama PERVIN CHAKAR
Seconda dama GIUSEPPINA BRIDELLI
Terza dama ADRIANA DI PAOLA
Monostato KURT AZESBERGER
Primo fanciullo IVANA D’AURIA, KRISTIAN LULA
Secondo fanciullo PIERPAOLO GALLONE, ANNA CASTELLANETA
Terzo fanciullo NICOLAS BOVE, ESTER SASSANELLI
Oratore e Primo sacerdote FLORIAN PLOCK
Primo armigero e secondo sacerdote FRANCESCO CASTORO
Secondo armigero e una voce DOMENICO COLAIANNI
Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli
Direttore Roland Böer
Maestro del Coro Franco Sebastiani
Regia Daniele Abbado
Scene Graziano Gregori
Costumi Carla Teti
Coreografie Alessandra Sini
Disegno luci Alessandro Carletti
Bari, 14 dicembre 2014

La stagione 2014 del Petruzzelli di Bari si chiude riproponendo (con poche elisioni) la produzione del Flauto Magico che debuttò al Teatro Valli di Reggio Emilia nel 2005 e che vide la prima collaborazione di Claudio Abbado col figlio Daniele. Anche allora, come in questa occasione, le scene furono ideate da Graziano Gregori, i costumi da Carla Teti e i movimenti scenici da Alessandra Sini. A distanza di dieci anni quell’allestimento non ha affatto perso la raffinatezza e l’intensità espressiva con cui incarnò la natura polimorfa di Zauberflöte, che nel  settembre del 1791 sarà stato pur recepito come un singspiel a forte connotazione massonica, ma che oggi resta – per merito della stratificazione caleidoscopica dei registri stilistici che presenta la musica di Mozart – uno dei più straordinari compendi filosofici della nostra Umanità. Di questa Zauberoper Daniele Abbado ha privilegiato la vicinanza con il genere fiabesco, sfrondando l’apparato simbolico primigenio e riducendo l’impianto scenico a una scatola delle meraviglie, tanto buia quanto dinamica nei giochi di apparizioni e sparizioni, alla stregua di un nero cilindro da prestigiatore dal quale può uscire un dragone cinese (il serpente della scena iniziale), un’enorme testa di tigre (la stanza dove è rinchiusa Pamina) o un semplice armadio a due ante (il ‘nido’ di Papageno e Papagena). A monte di questa regia si colloca la poetica teatrale di Maria Grazia Cipriani e del suo Teatro del Carretto, nato nel 1983 con Biancaneve, spettacolo costruito all’insegna della fusione (con-fusione) tra le categorie del meraviglioso e del reale, sul gusto concreto della materia e dell’artigianato, mirato ad esplorare il segreto dell’incontro tra l’interprete umano e la figura animata. Questa idea di teatralità e la sua predilezione per lo Shakeaspeare visionario ha senza dubbio influenzato le scelte di Abbado e di Gregori (uniti in fruttuoso sodalizio artistico dal 2001 con il Pollicino di Henze) che, non a caso, hanno declinato Zauberflöte alla stregua di Midsummer Night’s Dream e, ancor più, di The Tempest con sottintesi abbinamenti: Sarastro/Prospero, Papageno/Calibano, Tamino e Pamina/Ferdinando e Miranda. A rimarcare il tono fiabesco ha provveduto l’elegante disegno luci di Alessandro Carletti, sempre ottimamente calibrato sull’azione scenica.
Questa messinscena visivamente suggestiva, tecnicamente complessa, ma a tratti invadente nei confronti degli interpreti, ha richiesto all’intero cast vocale un surplus performativo e una capacità di concentrazione assoluta. Forse il nervosismo della direzione di Roland Boër, evidente fin dallo stacco di tempo dell’Allegro moderato (sic!) dell’ouverture, va relazionato alla difficile interazione con uno spazio scenico di eccessivo dinamismo; di fatto in più punti si è avvertita una certa imprecisione che ha inficiato una fluidità di scambio tra fossa orchestrale e palcoscenico.
Il Papageno di Alex Esposito si è distinto per notevole energia attoriale e verve comica; a una gestualità spassosa ma mai caricata s’è abbinata un’ammirevole precisione nell’esecuzione (ad eccezione purtroppo di qualche sbavatura agogica nel duetto finale con Papagena). Antonio Poli, nonostante l’intralcio di un’improvvisa indisposizione, ha ben interpretato Tamino arginando la natura verdiana della sua voce tenorile senza tuttavia evitare portamenti piuttosto pesanti durante i passaggi verso la zona acuta. Ottima la Pamina di Jacquelin Wagner, soprano di bella risonanza e di raffinate dinamiche che potrebbe ritardare il raggiungimento del suono pieno nei passaggi con note lunghe, sfruttando maggiormente le ‘messe di voce’. Christina Poulisti/Regina della notte non ha dato il giusto volume alla zona grave della sua parte (va detto che in O Zittre Nicht la costrizione di postura non ha certo facilitato la cantante, sospesa da terra e coinvolta in una sorta di crocifissione esoterica, inscritta in un cerchio di luce) ma ha compensato questa mancanza in Der Hölle rache donandone una bella interpretazione per la morbidezza e la calorosità dei passaggi sovracuti. Molto buono ma non sempre uniforme nel volume in zona grave il Sarastro di Dimitry Ivaschenko. Interessante il Monostato di Kurt Azesberger, un tenore dal timbro particolarissimo e perfettamente adeguato al personaggio. Meno convincente la prova di Lavinia Bini/Papagena e delle tre dame che non hanno padroneggiato con sicurezza il contrappunto dei loro terzetti. Lodevoli i tre fanciulli – musicalmente non alfabetizzati, alle prese con un testo in tedesco e messi alla prova dalle evoluzioni macchinistiche – preparati con la consueta passione da Emanuela Aymone. Molto buona la prova del coro del teatro Petruzzelli diretto da Franco Sebastiani che solo nell’episodio dentro le quinte e nell’ultima parte dello spettacolo si è scomposto quanto a coordinazione. Ottime le parti di fianco Francesco Castoro, Domenico Colaianni e in particolar modo Florian Plock un basso baritono dotato di timbro prezioso. Entusiastica la ricezione da parte di un pubblico caloroso come non mai che ha fatto registrare il sold out. Si replica il 16, 18, 19, 22 dicembre. Foto Carlo Cofano