Une étoile oubliée: Sybil Sanderson (Parte IV)

Ormai quasi del tutto scomparsa dal repertorio e opera meno nota di Saint-Saëns, Phryné fu interpretata alla prima da Sybil Sanderson alla sua ultima apparizione all’Opéra-Comique prima del passaggio all’Opéra. In realtà inizialmente l’opera, il cui libretto fu firmato da Lucien Augé de Lassus, era stata scritta da Saint-Saëns per Mlle Simonet, la prima interprete di Angiolina nella sua Proserpine, ma Carvalho, il direttore dell’Opéra-Comique, decise di sfruttare per un’ultima volta il fascino della Sanderson il cui contratto sarebbe scaduto di lì a pochi mesi senza alcuna concreta speranza che potesse essere rinnovato. Inizialmente riluttante, Saint-Saëns, che aveva subito anche l’ironia di Massenet il quale aveva criticato la facilità con cui il rivale aveva composto quest’opera in circa due mesi, accettò la scelta di Carvalho che si rivelò vincente. La prima, il 24 maggio 1893 con Sybil Sanderson (Phryné), Lucien Fugère (Dicéphile), Edmond Clémont (Nicias) sotto la direzione di Jules Danbé fu un successo dovuto anche alla cantante americana come i principali giornali dell’epoca misero in evidenza. Henry Fouqier su «Le Figaro» (25 maggio 1893, p. 3) prorompe in una sciovinistica esaltazione del teatro francese soprattutto dopo il successo riportato sempre all’Opéra dalla Walchiria di Wagner che aveva indotto Ernest Reyer, un critico dello stesso giornale, ad intonare il De Profundis per l’opera d’oltralpe:
“Qualche giorno fa, Ernest Reyer, dopo aver constatato l’eclatante successo, all’Opéra, dell’opera del colosso tedesco, terminava il suo magistrale articolo dichiarando che ai musicisti francesi non restava altro che cadere con grazia. Perché questo abbattimento, questo abbandono di se stesso? Perché cadere? In arte, così come in politica, la Francia non è indispensabile all’equilibrio generale? E soprattutto grazie al suo teatro, alla sua produzione lirica, così mobile e così viva, non deve restare alla testa delle nazioni musicali?  C’è bisogno di opere francesi; ce n’è bisogno per la Francia, ce n’è bisogno per il mondo intero, dove dappertutto occupano la scena, ce n’è bisogno per i Tedeschi, genti che apprezzano le concezioni nebulose e che sopportano voluminose composizioni, ma che si lasciano anche incantare dal piacere, qualche volta, e che si dispiacerebbero nel non assistere a Faust, Carmen, Mignon, Fra Diavolo e tante altre partiture francesi, di grande successo al quale hanno contribuito tanto quanto noi.
È precisamente una di queste opere facili e riposanti, che il teatro dell’Opéra-Comique ci offriva ieri, e il pubblico ha fatto un’accoglienza calorosa a questa Phryné di cui uno dei nostri maestri – forse il più severo – ha scritto la partitura briosa, quasi in stato d’abbandono”, aggiungendo alla fine a proposito degli interpreti e della Sanderson in particolare:
“Gli interpreti dell’opera hanno avuto una larga parte nel successo. La radiosa bellezza della signorina Sanderson ha fatto scalpore; la voce e l’abilità della cantante non sono state meno apprezzate; quanto all’attrice, pur rimanendo irresistibilmente seducente nella scena scabrosa del finale, vi ha dato prova di un tatto e di una misura per le quali non vi sono parole per lodarle. È stata una bella serata per l’affascinante artista”.
Anche Fourcaud su «Le Gaulois» (25 maggio 1893) conferma il successo dell’opera:
“Saint-Saëns ha voluto divertirsi; Saint-Saëns si è divertito. Ha fatto bene, poiché non si può essere costantemente grave e quello non è che uno sfortunato che non ride mai – dal momento che ridere è proprio dell’uomo. […]
Ebbene! Credetemi, quest’opera senza pompa fa ben dimenticare le opere pompose. Non pretende di risolvere niente; vuole essere soltanto un intermezzo grazioso, civettuolo, spigliato, di un’ineguaglianza piacevole […]. E il pubblico ha ragione di applaudire. […]
Gli interpreti, questa volta, sono molto buoni. La signorina Sanderson ha fatto dei progressi come cantante, ed è un piacere guardare una Phryné di una così abbagliante giovinezza”. Dopo questa fortunata première, che valse all’opera ben 110 repliche, Phryné è quasi del tutto sparita dai cartelloni teatrali nonostante le numerose riprese durante la vita di Saint-Saëns.

L’opera

Atto primo

Phryne Es. 1Ispirata ad un’etera greca, che non solo era stata protagonista delle liriche Lesbos e La beauté tratte da Les Fleurs du mal di Baudelaire, ma anche della fantaisie di Maurice Donnay rappresentata nel 1891 al Théâtre du Chat noir a Parigi, l’opera si apre con un brevissimo preludio di classica e sensuale bellezza negli eleganti florilegi dei violini che in genere evocano nella partitura la presenza di Phryné (Es.1). Come ci informa una voce recitante, in una piazza pubblica dell’Atene del IV sec. a. C. un araldo sta per inaugurare un busto in onore di Dicéphile, un arconte famoso per l’austerità dei suoi costumi. All’apertura del sipario un coro(Honneur et Gloire à Dicéphile), per la verità piuttosto convenzionale, inneggia a Dicéphile il quale ringrazia i presenti in una scrittura che poco ha di austero, soprattutto nell’accompagnamento orchestrale caratterizzato da svolazzanti e leggeri trilli degli archi. Un dolcissimo flauto, che riprende il tema in semicrome del preludio, annuncia l’ingresso dell’eponima protagonista il cui fascino ammalia tutti i presenti eccetto l’arconte che mostra qualche moto d’impazienza. La donna, ignara di quanto sta avvenendo, chiede alla sua schiava Lampito informazioni in merito e, appreso della cerimonia, scambia qualche battuta con l’arconte, mentre gli altri presenti restano incantati dalla bellezza di Phryné.
Phryne Es. 2Rimasto solo con suo nipote Nicia, l’arconte pretende di dargli una lezione di morale (Enfant, Je te donne l’example) dicendogli che la scelta migliore per un uomo è di restare celibe, ma il giovane risponde Rien sur la terre / N’est pas solitaire producendosi in una melodia dalle ampie arcate melodiche quasi da tenore romantico (Es. 2) che stride con il grossolano e pomposo accompagnamento che caratterizza la parte di Dicéphile il quale conclude il duetto, dalla struttura tripartita (A-B-A1), affermando di rimanere fermo nel suo proposito.
Rimasto solo, Nicia, in una breve aria, esprime tutto il suo amore per Phryné, quando, come annunciato sempre dalla voce recitante, giungono i danzatori e i cantanti che si producono in un coro festoso di carattere quasi operettistico. Subito dopo ne nasce un tumulto, in quanto i Demarchi, Cynalopex e Agoragine, vorrebbero arrestare Nicia che è salvato da Phryné la quale gli offre anche di ospitarlo in casa sua. Giunge un coro di giovani ai quali Nicia offre l’ultimo denaro rimastogli affinché questi facciano una serenata allo zio Dicéphile che viene canzonato (On raconte / Qu’un archonte) sia nel testo pieno di giochi allitterativi sia nella musica caratterizzata da una melodia semplice sulla quale alla fine Phryné si produce in gorgheggi nei quali sicuramente la Sanderson diede il meglio di sé alla prima. Come afferma sempre la voce recitante, tutti entrano nella casa di Phryné lasciando vuota la scena sulla quale appare Dicéphile con una lanterna in mano; questi, vedendo che tutto è tranquillo, si mostra soddisfatto, ma viene sbeffeggiato da un coro interno che lo apostrofa con la parola fripon (briccone).
Atto secondo
Nel secondo atto la scena si sposta all’interno della casa di Phryné
dove, dietro un drappeggio, si cela un piccolo santuario in onore di Afrodite. Dopo un breve preludio nel quale ritornano alcuni temi dell’atto primo, Nicias e Phryné, in duetto intriso di lirismo, confessano di amarsi reciprocamente. Subito dopo Lampito, in un’aria di carattere classicheggiante e intrisa di lirismo, inneggia ad Afrodite. Alla donna si uniscono Phryné e Nicias dando vita ad un delicato e semplice trio di carattere omoritmico nel quale inneggiano alla dea dell’amore. Rimasta sola, Lampito intona un’arietta (C’est ici qu’habite Phryné) dalla struttura tripartita (A-B-A1) nella quale grazie ad una scrittura semplice e leggera esalta la bellezza di Phryné. All’arietta di Lampito si contrappone il successivo couplets di Dicéphile nel quale l’arconte, sempre accompagnato dal tema trillante che lo ha caratterizzato sin dall’inizio, conferma il suo atteggiamento misogino. Dicéphile vorrebbe condurre in giudizio Phryné, ma nel successivo duetto resta affascinato dalla donna. A rendere la scena ancor più incantavole è un coro che esalta la bellezza di Phryné i cui tratti vengono riprodotti nella statua di Afrodite scoperta poco prima. L’opera si conclude con un coro festante in onore di Dicéphile musicalmente strutturato con i temi del coro iniziale e di quello finale dell’atto primo.