Antonio Pappano e Janine Jansen in concerto all’Accademia di Santa Cecilia

Roma, Auditorium “Parco della Musica”, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, stagione 2014-2015
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore Antonio Pappano
Violino Janine Jansen
Gian Francesco Malipiero: Concerti per orchestra
Robert Schumann: Sinfonia n. 4 in re minore op. 120
Johannes Brahms: Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 77
Roma, 23 febbraio 2015
 Ancora un’affascinante violinista è la partner del maestro Antonio Pappano in un concerto dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: si tratta, questa volta, di Janine Jansen (a un mese dall’esibizione della collega Batiashvili), astro del panorama musicale odierno. Il concerto, con ogni probabilità, sarà riversato in un CD e è stato trasmesso live su Rai Radio 3, proprio nella serata del 23-02. Concerto che, dopo le canoniche tre serate all’Accademia, andrà in tournée in Europa (in Germania, Lussemburgo, Belgio e Olanda).
Appena salito sul palco, chetati gli applausi, Pappano introduce − come di consueto − il primo pezzo del programma (non di rado il più desueto o particolare); questa volta ricorda anche che la serata è dedicata alla memoria del recentemente scomparso Luca Ronconi.
La prima parte, dicevo, vede Pappano cimentarsi con i rarissimi Concerti per orchestra di Gian Francesco Malipiero, compositore italiano del ‘900 che meriterebbe una maggiore attenzione nelle sale da concerto. Pappano fa un’operazione sicuramente intelligente nel proporre regolarmente compositori italiani del ‘900 − si pensi al suo recente Dallapiccola. I Concerti malipieriani sono, inoltre, un’ottima partitura per esaltare al meglio le doti dell’orchestra dell’Accademia: la straripante fantasia timbrica e l’orchestrazione immaginifica − che trae spunto da compositori quali Debussy e Stravinskij − mettono degnamente in evidenza il talento di un’orchestra tra le migliori al mondo. Pappano esalta ogni ebrezza sonora e dirige sapientemente una partitura insidiosissima (che può passare, nell’arco di un attimo, da un pezzo cameristico a uno a orchestra piena): le dinamiche attentamente dosate e l’attenzione alle volumetrie sonore nel passaggio da sezioni più squisitamente cameristiche a talaltre orchestrali, rendono l’esecuzione indimenticabile. Le singole categorie strumentali (gli ottoni, i legni, i timpani e gli archi bassi) fanno egregiamente il loro lavoro, dimostrando che un’orchestra che si voglia degnamente fregiare di questo nome, deve essere composta da strumentali eccezionali in ogni ordine e categoria.
Dopo i meritati applausi, Pappano attacca la Quarta Sinfonia di Robert Schumann, pezzo che ha avuto illustri esecuzioni e esecutori nel passato dell’Accademia (ad esempio: Furtwängler, Maderna, Schippers, Muti, Sinopoli, Celibidache); lo stesso Pappano l’ha già ivi eseguita in ben tre occasioni, nel 2010, 2011 e 2012. Pappano inizia il I movimento porgendo ieraticamente − come prescriveva Karajan − il potente accordo iniziale e tesse la trama della lenta, indugiante introduzione fino al Vivace, che caratterizza imponendo un’agogica mai sforzata, nitida, quasi mozartiana. Grande attenzione è tributata al dato timbrico e volumetrico del suono; nel II tende a porgere una cantabilità antica, melodrammatica, trobadorica (ottimo il primo violino nel rapido intermezzo che precede la ripresa della Romanza); nello Scherzo l’orchestra sale di volume e descrive, con grande attenzione, la scansione ritmica (quasi marziale) del brano; nel Finale Pappano esalta la robusta brillantezza dello svolgimento tematico, fino al potentissimo accordo finale, ben tenuto.
Il secondo tempo è dedicato al Concerto per violino di Johannes Brahms. La Jansen si presenta in abito verde smeraldo: un’artista senza fronzoli né movenze divistiche, dal volto delicatamente sornione. L’elaborato Allegro non troppo vede la Jansen impegnata in ogni sorta di difficoltà: il virtuosismo brahmsiano è di difficile esecuzione e non sempre ‘brillantemente’ appagante, quindi l’interprete non può mai abbandonarsi, lasciarsi andare (‘dionisiacamente’) al flusso melodico, ma deve sempre stare attaccato al senso profondamente interpretativo della frase. Le note doppie, i passaggi in legato e i respiri delle frasi vengono, fortunatamente, ben risolti dalla Jansen; l’intesa con Pappano è ottimale; idem con l’orchestra. Il suo virtuosismo più zigano esce fuori nella cadenza, alla fine della quale ci regala un passaggio delicatissimo, indugiante, in pianissimo. Dopo il melanconico Adagio, ove la Jansen cesella un’esecuzione melodiosamente sospesa, giunge lo spumeggiante Allegro giocoso, dal carattere coreuticamente brillante. La performance della violinista è, insomma, ottima, sebbene possa migliorare aggiungendo qualche effetto interpretativo più personale; Pappano, al solito, si conferma eccellente concertatore. Gli applausi regalano agli artisti il meritato tributo. Foto Accademia Nazionale di Santa Cecilia