“El amor brujo” e “Cavalleria rusticana” (cast alternativo) al Teatro Filarmonico di Verona

Teatro Filarmonico – Stagione d’Opera e Balletto 2014/2015
“EL AMOR BRUJO” 
Musica di Manuel de Falla
Cantaora  CLARISSA LEONARDI
Primi ballerini
TERESA STRISCIULLI, EVGHENIJ KURTSEV, ANTONIO RUSSO
“CAVALLERIA RUSTICANA”
Melodramma in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
Musica di Pietro Mascagni
Santuzza ILDIKO KOMLÓSI
Turiddu  DARIO DI VIETRI
Lola CLARISSA LEONARDI
Alfio SEBASTIAN CATANA
Mamma Lucia MILENA JOSIPOVIC
Coro, Orchestra e Corpo di ballo dell’ Arena di Verona
Direttore Jader Bignamini
Maestro del Coro Vito Lombardo
Regia e Coreografia Renato Zanella
Scene e costumi Leila Fteita
Verona, 10 Marzo 2015

È ormai una piacevole consuetudine ritrovare un pubblico foltissimo e vociante il martedì sera al Filarmonico: certo, avremmo potuto trovare più godibile il magnifico Intermezzo senza squilli di cellulari, bisbigli, caramelle, fischiettii, ma la “serata young” ci piace così, fresca e scapigliata. Insomma, applausi e ovazioni a scena aperta, per una serata che ne meritiva per diversi motivi, non si sono fatti mancare. Protagonista assoluta la superba interpretazione di Ildiko Komlósi, che – mirabile dictu – realizza una performance ancora migliore di quella, pur rimarchevole, della Prima. Il mezzosoprano ungherese si conferma come una delle migliori interpreti del ruolo di Santuzza: la voce è avanti, i passaggi di registro precisi e il fraseggio impeccabile. La Komlósi è attrice superba, che disegna una Santuzza dalle molteplici sfaccettature: sanguigna, disperata, languida e allo stesso tempo feroce. Ad un ottimo Voi lo sapete o mamma si accosta un Inneggiamo di cui il mezzosoprano esalta la sublime linea del tema senza sbavature o eccessi veristici. Anche il duetto con Turiddu è di grande impatto: insomma, sia negli a solo che nei momenti d’assieme Ildiko Komlósi brilla di luce propria, ben diretta registicamente e musicalmente in un territorio assolutamente congeniale alla sua voce e alla sua curatissima presenza scenica. Debuttante su questo palcoscenico è anche Dario Di Vietri, tenore poco più che trentenne già noto al pubblico veronese per alcune interpretazioni areniane: il suo Turiddu è vocalmente interessante, esperienza e qualche aggiustamento tecnico ne faranno certamente un interprete di livello; la pasta della voce è molto bella, l’intonazione è nel complesso precisa, come possiamo dire anche della pronuncia. Qualche lacuna tecnica non pregiudica una performance complessivamente gradevole. L’ineluttabile confronto con la navigata Komlósi si fa evidente e pericoloso nel duetto della gelosia, mentre nel Viva il vino e soprattutto nello straziante addio alla mamma Di Vietri ne esce con stile, ottenendo il plauso e l’approvazione del pubblico in sala.  Si riconferma un Alfio credibilissimo Sebastian Catana, che si immedesima con successo nel ruolo del carrettiere tradito: vocalmente il baritono rumeno è al pieno delle forze, la pronuncia è perfettamente comprensibile e la proiezione del suono ben lavorata. La maschera funziona, il personaggio pure e l’ingresso in scena (all’uscita dal teatro più di qualche spettatore canticchia ancora Il cavallo scalpita!) è di grande effetto. Molto brava, sia come cantaora nel Balletto che come Lola, la seducente Clarissa Leonardi, che accosta al talento naturale una tecnica impressionante: la voce è calda nel centro ma non perde smalto in acuto. La pronuncia è buona e la presenza scenica notevole. A livello di intonazione la Leonardi non mostra indugi, il fraseggio, come già avevamo notato nella Prima, risulta filologico e dinamicamente curato. Si riconferma una buona Mamma Lucia di Milena Josipovic, volto notissimo sul palcoscenico veronese, interprete appassionata e di grande esperienza.  Ancora ottima la performance del Coro, preparato da Vito Lombardi, come anche la direzione di Jader Bignamini, che si dimostra esperto conoscitore dello spartito e delle esigenze tecniche dei cantanti, cui va incontro con tempi a loro congeniali. Per i dettagli sulle scene e i costumi, curati da Leila Fteita, si rimanda all’articolo precedente, mentre è d’obbligo complimentarsi nuovamente col Corpo di ballo dell’Arena di Verona e particolarmente con i primi ballerini Teresa Strisciulli, Evghenij Kurtsev e Antonio Russo per la performance affascinante e tecnicamente impeccabile. Renato Zanella è in questo frangente sia coreografo che regista e si dimostra in entrambi i ruoli artista esperto e brillante: l’azione scorre senza intoppi e senza perdere mai tensione drammatica; il passaggio dal Balletto all’Opera è ben congegnato e l’azione, pur rimanendo nel solco del gusto verista, non cade mai nel patetico o nel retorico. Tra i momenti più rimarchevoli si sottolineano senza dubbio per El amor brujo la Danza ritual del fuego e la Danza del terror, per la Cavalleria sicuramente il Regina coeli e l’Intermezzo. Proprio nel corso dell’Intermezzo una fila di donne velate segue il lento incedere di Santuzza, a turno inciampando e cadendo a terra, per la rappresentazione di una via crucis tutta al femminile (impossibile ignorare la strizzata d’occhio all’8 marzo). La “Mala Pasqua!” che ucciderà Turiddu trova infine la sua tremenda realizzazione: mentre Cristo risorge per i peccati dell’uomo, l’uomo è punito per i propri peccati: se lo spettacolo potesse ricominciare dall’inizio e far risorgere Turiddu grazie ai filtri magici della strega de El amor brujo il cerchio potrebbe dirsi chiuso, ma ecco la voce di una popolana – affidata alla stessa Clarissa Leonardi, disperata Lola sostenuta a stento dalle compaesane – che grida “Hanno ammazzato Compare Turiddu!”. E lo stesso sipario, è solo la rappresentazione di un muro o piuttosto di un’immensa pietra tombale? Le suggestioni sono numerosissime e contribuiscono a dare un valore aggiunto ad uno spettacolo davvero ben congegnato, sia nella struttura che nelle scelte musicali e registiche. Un pubblico osannante si profonde in calorosi applausi e numerose chiamate sul palco. Foto Ennevi per Fondazione Arena