Ferrara, Teatro Comunale: “La Sonnambula”

Teatro Comunale “Claudio Abbado”, Stagione d’opera 2015
LA SONNAMBULA
Commedia in due atti di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Il conte Rodolfo ANDREAS GIES *
Teresa
CHIARA BRUNELLO
Amina
ROSANNA SAVOIA
Elvino
JESÚS LEÓN
Lisa DANIELA CAPPIELLO *
Alessio
PAOLO BERGO
Un notaro
MARCO GASPARI
* vincitori del XLIV Concorso Internazionale per Cantanti “Toti Dal Monte”
Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Coro Lirico Amadeus
Direttore Francesco Ommassini
Maestro del Coro Giuliano Fracasso
Regia Alessandro Londei
Riproduzione delle scene del 1831 di Alessandro Sanquirico
Supervisione costumi Veronica Patuelli
Luci Roberto Gritti
Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Teatro Alighieri di Ravenna, Teatri e Umanesimo Latino Spa Treviso
Ferrara, 22 marzo 2015

Cos’è “La sonnambula”? Non è opera seria, non è opera buffa e in fin dei conti non è neppure opera semiseria. Sta a metà fra queste definizioni, eppure sfugge a tutte e tre. Ragion per cui quando la si esegue è difficile trovare la tinta giusta: il palpito malinconico può sfiorare la melensaggine, l’estatica contemplazione rischia di trasformarsi in estenuante catatonia. E le ampie architetture belcantistiche si possono sfaldare in un attimo, alla ricerca del rallentando espressivo. Il direttore Francesco Ommassini non sempre è sfuggito a queste insidie, nella “Sonnambula” ferrarese che arriva da Treviso e che accoglie i vincitori (due, che si aggiudicano i ruoli di Lisa e del Conte) del Concorso “Toti Dal Monte”. L’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta certo non suona male, ma mancano varietà di accenti e di ritmi, a forza di slentare i tempi gli archi sporcano e il fraseggio va a farsi benedire. Lenta l’introduzione, lenti i duetti. Anche il Coro Lirico Amadeus è sembrato qui poco reattivo, spesso fuori tempo rispetto alla buca.  Discreto servizio è invece reso (non è cosa da poco) alla scrittura vocale belliniana da parte dei membri del cast. Amina è Rosanna Savoia: voce non grande, bel controllo dei fiati e del vibrato, ornamenta e varia in maniera appropriata. Bello ancorché un pelo troppo manierato il suo “Ah, non credea mirarti”, risolve in maniera autorevole la pirotecnica cabaletta finale. Più animoso sulla scena e nel canto l’Elvino del messicano Jesús León. A fare i vociologi si potrebbe obiettare che qualche suono è troppo aperto e che certi acuti non trovano proiezione infallibile, però sono tutti timbrati e controllati alla perfezione. E le note scritte per quel mostro degli acuti che fu Giovanni Battista Rubini, primo Elvino, ci sono tutte. Qualche nota invece, ma nel registro grave, manca a Andreas Gies: il suo conte Rodolfo è tratteggiato con bella linea di canto e il ragazzo ha dalla sua buona presenza scenica e musicalità infallibile. Ma il sospetto è che gli sia molto più confacente la corda baritonale che non quella di basso. Con le sue puntature, Daniela Cappiello fa di Lisa un alter ego di Amina, ma il timbro è meno ricco e interessante di quello della primadonna e anche le variazioni suonano meno felici. E se l’Alessio di Paolo Bergo è parso affaticato e d’intonazione non infallibile, più solida e d’accento più appropriato era la Teresa di Chiara Brunello. Onesto Marco Gaspari nel laconico ruolo del Notaio. All’insegna del pittoresco la parte visiva. Felice l’idea di realizzare le scene partendo dai bozzetti di Alessandro Sanquirico per la prima milanese dell’opera del 1831. Peccato che Veronica Pattuelli, nel realizzare i costumi, si sia mossa sul filo di un didascalismo talvolta grottesco: certi copricapi assai improbabili che circolavano fra i coristi non si scordano. Come la direzione, anche la regia ogni tanto ha faticato a trovare il bandolo della matassa. Alessandro Londei rispetta con lodevole coerenza gli snodi della vicenda, ma è evidentemente a disagio con i tempi dell’azione. Si inventa pertanto l’espediente di tre figuranti in abito similelvetico che si danno a gag raramente divertenti. Alla ricerca disperata di un qualche guizzo da cabaret che, piaccia o non piaccia, non è proprio di quest’opera. Foto Marco Caselli Nirmal