Emmanuelle Bertrand & Pascal Amoyel: Violoncello e pianoforte secondo George Onslow e altri al Palazzetto Bru Zane

Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “George Onslow, un altro Beethoven?”
“GENERAZIONE ROMANTICA”
Violoncello Emmanuelle Bertrand
Pianoforte Pascal Amoyel
George Onslow: Sonata per violoncello e pianoforte opus 16 n. 1
Camille Saint-Saëns:
Sonata n°1 per violoncello e pianoforte in fa minore
Charles-Valentin Alkan:
Barcarolle op.65 n°6
Frédéric Chopin: Sonata per violoncello e pianoforte in sol minore op. 65
Venezia, 11 aprile 2015   
Serata inaugurale del Festival, che il Centre de musique romantique française dedica in questo periodo (dall’11 aprile al 21 Maggio) a George Onslow, alla riscoperta del compositore di Clermont-Ferrand, che fu a suo tempo designato “Il Beethoven francese”. Interpreti: la violoncellista Emmanuelle Beltrand e il pianista Pascal Amoyel. Il concerto aveva come protagonisti i due strumenti più amati dall’autore, il quale – pianista di ottima formazione – dedicò alla tastiera la maggior parte delle sue opere d’esordio, per poi dedicarsi anche allo studio del violoncello, strumento ai suoi tempi ancora considerato con sufficienza, cui generalmente era affidata la pura e semplice linea del basso, nonostante le sue trascorse fortune in età barocca, nella quale erano state scritte per le sue corde sonate, suites e concerti. Onslow fu un pioniere nel processo di emancipazione del violoncello in Francia, che precedette addirittura quello del violino. Nelle le sue Trois Sonates pour violoncelle et piano op. 16 (composte nel 1820) l’autore pone i due strumenti allo stesso livello, sulla falsariga di analoghe composizioni di Beethoven e di Mendelssohn, contribuendo a fare del violoncello uno strumento romantico per eccellenza.
E, in effetti, un pathos romantico percorreva l’Allegro con cui si apre la Sonate pour violoncelle et piano op. 16 n. 1, dedicata a Charles Baudiot, docente di violoncello presso il Conservatorio di Parigi. Qui i due solisti hanno saputo intessere un dialogo appassionato, che li vedeva protagonisti alla pari, dividendosi equamente il materiale tematico. Nel successivo patetico Andante si sono apprezzati i colori intensamente espressivi con cui il pianoforte ha accompagnato – con una sequenza di terzine – il violoncello, che “cantava” con leggerezza e rotondità di suono. Brioso il Finale con il violoncello intonatissimo, anche nella zona acuta, finché gradatamente il movimento si è spento con semplicità.
Dedicata al violoncellista Jules-Bernard Lasserre, con cui Saint-Saëns si esibiva di frequente, la Sonate n. 1 pour violoncelle et piano en ut mineur op. 32 (prima esecuzione: dicembre 1872), pare ancora immersa nella tragica atmosfera della Guerra franco-prussiana, come testimoniano la veemente passione e i colori cupi, che la contraddistinguono. Nell’Allegro iniziale si è apprezzato il suono corposo e rotondo del violoncello, accompagnato da accordi vigorosi e rapidi arpeggi del pianoforte, con grande concentrazione da parte dei due strumentisti, fino alle poderose battute finali. Nella prima parte del secondo movimento (Andante tranquillo sostenuto) il pianoforte ha preso autorevolmente la parola intonando con grande sensibilità il corale che è la trascrizione di un’improvvisazione eseguita da Saint-Saëns sull’organo di Saint-Augustin. Poi le parti si sono invertite. La cupa atmosfera del movimento iniziale avvolge il tempestoso movimento finale (Allegro moderato), che è iniziato con un piglio decisamente tragico, ma in un secondo momento il violoncello si è segnalato per quel motivo morbidamente sensuale, che gli è affidato. Successivamente è tornato il clima di tragedia, fino alla conclusione del pezzo, scandita dalle note gravi del pianoforte.
Il legato e la cantabilità hanno caratterizzato l’esecuzione della Barcarolle op. 65 n. 6 di Charles-Valentin Alkan, appartenente ad una delle cinque raccolte degli Chants, prezioso omaggio al Mendelsssohn dei Lieder ohne Worte, di cui si riprende il numero dei pezzi (sei) contenuti in ogni volume, oltre alla sequenza delle relative tonalità d’impianto.
Venendo a Chopin, anche il compositore polacco nutrì, come Onslow, un forte interesse per il violoncello, il cui esito più notevole è proprio la Sonate pour violoncelle et piano op. 65, dedicata all’amico Auguste Franchomme, assieme al quale egli la eseguì presso la Salle Pleyel di Parigi, nel suo ultimo concerto, il 16 febbraio 1848 (omettendo, peraltro, il lungo e complesso primo movimento). Scritta tra il 1845 e il 1846, la sonata è frutto di un intenso lavorìo fatto di esperimenti, ripensamenti, riprese e abbandoni, nel tentativo di trovare un nuovo stile, pur mantenendo le caratteristiche di cantabilità, tipiche della scrittura di Chopin.
Grande padronanza tecnica si è apprezzata in entrambi gli strumentisti nel primo movimento (Allegro moderato) dalla scrittura piuttosto complessa, che lascia molto spazio al pianoforte e si basa sulla contrapposizione fra il primo tema malinconico e il secondo tema pensoso e luminoso.
Meno complessi, ma non meno interessanti gli altri movimenti: grande energia nello Scherzo, che presenta una densità quasi brahmsiana della scrittura e nel cui Trio è emersa la languida melodia del violoncello, eseguita con giusto accento. Ma il momento più seducente della sonata è stato ovviamente il Largo – pausa meditativa rispetto ai forti contrasti, altrove dominanti –, che si svolge, nello spazio di appena 27 battute, in forma di nobile, intimo colloquio fra i due strumenti: qui i solisti hanno brillato per la loro perfetta intesa. Con il Finale, in forma di Rondò, si è ritornati al carattere drammatico e complesso del primo tempo. Tratti peculiari: la densità della scrittura prevista per il pianoforte e l’originalità dell’articolazione formale, che nella sezione dello sviluppo contempla un importante episodio contrappuntistico, magnificamente eseguito. Come la trionfale coda, in cui i due strumenti si sono mirabilmente integrati tra loro. Successo vivissimo con un bis: il terzo movimento dalla Sonate de concert op. 47 di Alkan. Foto Michele Crosera