Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2014-2015
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Yuri Temirkanov
Pianoforte Alexander Gadjiev
Tromba Piergiuseppe Doldi
Franz Joseph Haydn: Sinfonia in sol maggiore Hob. I: 94 La sorpresa
Dmitri Šostakovič: Concerto per pianoforte, orchestra d’archi e tromba in do minore op. 35
Johannes Brahms: Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73
Venezia, 4 aprile, 2015
“ Yuri Temirkanov: la leggerezza e la passionalità. L’aristocrazia classicista si apre in questo direttore ad una espressività libera e cangiante, alla volubilità dei colori, alla sottigliezza rapsodica. La cultura russa splende in lui tra risonanze etniche e limpida articolazione formale.
Non c’è la spettacolare retorica della tradizione direttoriale russa, cui pur Temirkanov appartiene, ma un intimo stile patetico. Il suo Čajkovskij, di struggente ansietà visionaria, vive nella sensitività del suono e nell’ardore comunicativo: evocazione nostalgica della civiltà pietroburghese. Temirkanov non è soltanto un grande conoscitore della musica russa fino a Prokof’ev e Šostakovič, ma anche un interprete colto dei più vari repertori occidentali, dal mondo classico-romantico viennese al melodramma italiano e a Verdi, di una drammaticità accesa, mai ostentata.” Questa la motivazione con la quale il Comitato scientifico, composto da Mario Messinis (presidente), Oreste Bossini, Massimo Contiero, Andrea Estero, Giampaolo Minardi, Giorgio Pestelli e Francesca Valente, ha assegnato quest’anno il premio Una vita per la musica al grande direttore russo, già gradito ospite in più di un’occasione del Teatro La Fenice. La cerimonia si è svolta il 2 aprile alle Sale Apollinee del Teatro La Fenice.
Nel concerto che ha diretto la sera, alla stessa data (con replica il giorno 4, alla quale abbiamo assistito), Yuri Temirkanov ha pienamente confermato il suo magistero interpretativo, dimostrando di dominare – come appunto si rileva nella citata motivazione – un vasto repertorio non soltanto russo.
Nella sinfonia di Haydn, una delle “londinesi”, che alcuni editori nell’Ottocento intitolarono “La sorpresa” o anche “Il colpo di timpano”, per le marcature dinamiche affidate allo strumento nel corso del secondo tempo, si è subito apprezzato il gesto essenziale, ma assolutamente pregnante del direttore russo, perfettamente assecondato dall’orchestra, da cui sapeva distillare un suono dal classico nitore, pur senza mai indulgere a stucchevoli leziosità. Suggestivo l’Adagio cantabile introduttivo, fondato su un unico tema “danzante” mirabilmente elaborato, da cui deriva il materiale tematico del Vivace assai, reso dall’orchestra con particolare brillantezza. Grazia settecentesca e Humor dominavano nel secondo tempo (Andante: il movimento del “colpo di timpano”), percorso da esasperati contrasti dinamici e costituito da un tema con variazioni: un’aria popolare (citata da Haydn anche nelle Stagioni), esposta varie volte con impasti timbrici sempre diversi, grazie ad una raffinata strumentazione. Grande sensibilità verso i colori orchestrali e le sottolineature dinamiche si sono apprezzati anche nel Minuetto, che ha il carattere di un Ländler, legato, quanto al materiale tematico, al Trio, ma rispetto a questo nettamente contrastante; scattante e dinamico il concitato Finale, tipica manifestazione del ricordato Humor haydniano, che si esprime con pause improvvise, false riprese e bruschi cambi di tonalità, dove hanno brillato gli archi acuti, i corni e i legni.
Indimenticabile l’esecuzione del Concerto per pianoforte, orchestra d’archi e tromba in do minore op. 35, scritto a Leningrado da uno Šostakovič ventisettenne, un pezzo pieno di estro e di brio, che attinge a temi e melodie, tratti dalle fonti più disparate: Haydn, Beethoven (il concerto si apre citando il tema iniziale dell’Appassionata), brani popolari, la stessa musica di Šostakovič (l’assolo di tromba del quarto movimento utilizza il tema del finale, composto a completamento della partitura dell’opera Il povero Colombo del compositore tedesco Erwin Dressel), il repertorio leggero e la musica da film (come testimonia il valzer del secondo movimento).
Ineccepibile l’esecuzione del giovane pianista Alexander Gadjiev – vincitore del Premio Venezia 2013, indetto dall’Associazione Amici della Fenice –, che ha fatto sentire un tocco sempre nitido in questo pezzo, che è una sorta di collage dal punto di vista tematico e stilistico, sapendo alternare, con proprietà d’accenti e precisione tecnica, interventi tenuemente lirici a convulsi passaggi di natura percussiva, pur senza mai perdere di vista la concezione unitaria della partitura. Lo ha perfettamente assecondato la tromba di Piergiuseppe Doldi ora scanzonata, ora elegiaca o con toni da fanfara, dimostrando un’eccellente padronanza dello strumento, qui impegnato su un’ampia tessitura.
Di tutt’altro carattere la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73 di Johannes Brahms, proposta nella seconda parte del concerto. Molto si è scritto su questo straordinario lavoro del sommo compositore amburghese: secondo alcuni l’ultima sinfonia di Schubert per la bellezza delle melodie, secondo altri la “Pastorale” di Brahms per i suoi squarci in prevalenza lirici e idilliaci, altri ancora hanno forse enfatizzato il valore di alcune affermazioni dell’autore, che confessava al proprio editore di non aver mai composto una musica così triste e che la partitura doveva essere listata a lutto (si tratterebbe verosimilmente di una provocazione, visto che in altri momenti la sinfonia fu definita da Brahms “una suite di Valzer” o “una piccola sinfonia gaia e innocente”). La lettura di Temirkanov era in ogni caso tesa a cogliere nella partitura una virile cognizione della vita e del dolore, che esorcizza ogni facile ripiegamento su se stessi anche nei momenti di abbandono al sentimento sia esso triste o idilliaco. Così tempi e sonorità non hanno mai indugiato troppo a creare atmosfere languide e sospese, evidenziando piuttosto una vena vitalistica in questo lavoro, che certamente è lontano dal “volontarismo” titanico di stampo beethoveniano, che informa la Prima sinfonia, ma rappresenta nello stesso tempo tutt’altro che un’arcadica evasione, una pacata immersione nella Natura, contenendo in sé tutta la tensione dialettica che caratterizza l’umana esperienza, “Eros e Thanatos”, la “serena disperazione” della vita. Encomiabile la prestazione della sezione dei corni e in particolare del Primo corno, cui è affidato un ruolo determinante nella partitura, in particolare nel secondo tempo. Ma tutta l’orchestra ha risposto al gesto di Temirkanov, come si è colto appieno nell’ultimo tempo, Allegro con spirito, in cui, dopo il fluire del tema iniziale degli archi, si è subito riproposta la drammaticità del primo movimento nel secondo tema sincopato sempre dei violoncelli, punto di partenza di un climax, che attraverso la tecnica della variazione, trova il suo punto culminante nel travolgente finale, quando, sul pedale di tonica, attraverso contrasti ritmici e dinamici, le pause improvvise sembrano voler prolungare oltre misura questa straordinaria sinfonia. Trionfale successo per il direttore, i solisti e l’orchestra.