Giuseppe Verdi (1813-1901): Messa da Requiem (1874)

Composizione sacra per soli, coro e orchestra. Krassimira Stoyanova (soprano), Marina Prudenskaja (mezzosoprano), Saimir Pirgu (tenore), Orlin Anastassov (basso). Chor und Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks. Mariss Jansons (direttore). Registrazione: Vienna’s Musikverein, 15 ottobre 2013. 2 CD BRKlassik 900126
La discografia del “Requiem” verdiano è fra le più ricche in assoluto e l’arrivo di una nuova edizione non suscita forse particolare curiosità; va però riconosciuto a Mariss Jansons di aver saputo trovare una propria via interpretativa non priva di originalità. Il direttore lettone è fra le figure più interessanti dell’attuale scena musicale e lo scrivente ha sempre apprezzato molto la pulizia e la chiarezza di molte sue letture unita ad una leggerezza di tocco capace di dare particolare luminosità anche ai momenti più foschi delle partiture affrontate. Questi tratti si riconoscono anche in quest’esecuzione, dove appaiono realizzati nel migliore dei modi dai complessi della Bayerischen Rundfunks che si confermano fra le compagini di miglior livello sulla scena internazionale tanto per la parte orchestrale quanto per quella corale fornendo una prova assolutamente ineccepibile sul piano tecnico.
Per quanto riguarda la componente interpretativa Jansons vede nel “Requiem” un testo pervaso di profonda spiritualità in cui la dimensione del raccoglimento e della preghiera prevalgono decisamente sulle tensioni di derivazione teatrale; in contrasto con la prevalenza delle letture che esaltano i contrasti Jansons tende a smorzarli, ad attutirli all’interno di una lettura in cui la dolcezza del misticismo e la luce della speranza prevalgono sul terrore apocalittico del Dies Irae. Ovviamente un taglio di questo tipo può spiazzare e non convincere; molti potranno vedervi una mancanza di tensione drammatica. Personalmente trovo invece la lettura decisamente suggestiva nel voler cercare un senso drammatico per via di levare anziché di mettere di un sapore quasi shakespeariano nella volontà di esprimere il massimo della tragicità con un semplice sussurro. Come sempre in Jansons, si apprezzano la cura per i dettagli e la messa in evidenza dei singoli elementi musicali; si veda ad esempio il “Quid sunt miser” così prossimo alle atmosfere intime e notturne di certi momenti di “Aida” o i piani spaziali degli ottoni nel “Tuba mirum”. Quel la di Jansons è una lettura quindi estremamente poetica che trova forse i momenti di maggior coinvolgimento nell’intenso misticismo dell’”Hostias” e dell’”Agnus Dei” piuttosto che nell’impeto delle sequenze ma che in ogni caso non manca di interesse e merita un attento ascolto.
La compagnia di canto non è forse memorabile ma nell’insieme offre una prestazione convincente. Elemento di forza risulta il soprano Krassimira Stoyanova una delle voci più interessanti dell’attuale scena lirica. Il suo è un timbro forse non bellissimo ma molto personale unito ad grande sensibilità espressiva capace di piegare anche i propri difetti – si veda l’evidente vibrato di marca slava – con finalità interpretative; si ascoltino la bellissima entrata nel “Quind sunt miser” perfettamente in linea con l’idea notturna che Jansons ha del brano o l’intensità del dialogo con orchestra e coro nel “Lacrymosa”. Il “Libera me domine” non ha forse la magia di altre storiche interpreti ma la voce resta compatta, omogenea e ottimamente proiettata con acuti pieni e sicuri nonostante l’eccesso di vibrato e pienamente centrata sul piano interpretativo.
Nata come belcantista – ennesimo prodotto dell’Accademia Rossiniana di Pesaro – Marina Prudenskaja si è rapidamente specializzata in un repertorio più drammatico verdiano e wagneriano. La voce non è forse di particolare fascino ma con il suo timbro asciutto e l’approccio stilizzato ed essenziale ben si associa alla lettura di Jansons.
Orlin Anastassov avrebbe una voce di notevole rilevanza – fatto salvo forse un settore grave non sempre pieno di suono come si vorrebbe – ma gli nuoce un’eccessiva imitazione di Christov che lo porta ad una non perfetta omogeneità dell’emissione. L’entrata di “Tuba mirum” non manca però di efficacia mentre nel “Confutatis” la prestazione pur nel complesso dignitosa sarebbe stata più compiuta con un canto più legato e meno declamatorio. L’elemento più debole risulta il tenore Saimir Pirgu, voce non priva di piacevolezza timbrica ma decisamente leggera per questa scrittura così che molti pianissimi tendono a virare verso il falsetto mentre sul piano espressivo si nota un approccio fin troppo passionale e diretto che, se in altre edizioni si sarebbe potuto ben inserire, qui tende a stridere con la visione ascetica e stilizzata di Jansons specie nei momenti di insieme; l’”Ingemisco” risulta, invece, più riuscito per le doti di cantabilità di taglio decisamente operistico.
Messa da requiem: Requiem & Dies irae