Roberto Bolle and Friends a Pompei

Teatro Grande degli Scavi di Pompei, 2015
ROBERTO BOLLE AND FRIENDS
“Apollo” Pas de deux
Coreografia: George Balanchine
Musica: Igor Stravinsky
Artisti: Melissa Hamilton, Roberto Bolle
“Don Chisciotte” Pas de deux                                                                                                                    
Coreografia: Marius Petipa
Musica: Ludwig Minkus
Artisti: Maria Kochetkova, Joan Boada
“On the Nature of Daylight”                                                                                       
Coreografia: David  Dawson
Musica: Max Richter
Artisti: Anna Tsygankova, Matthew Golding
“Excelsior” Pas de deux
Coreografia: Ugo Dell’Ara dopo Luigi Manzotti
Musica: Romualdo Marenco
Artisti: Nicoletta Manni, Roberto Bolle
“ProvenLands”                                                                                                                         
Coreografia: Jiri Bubenicek
Musica: Jonny Greenwood – Louis Alter – Justin Hurwitz – Otto Bubenicek – Dave Brubeck
Artisti: Jiri Bubenicek, Otto Bubenicek
“Qualia”                                                                                    
Coreografia: Wayne McGregor
Musica: Scanner (Robin Rimbaud)
Artisti: Melissa Hamilton, Eric Underwood
“Opus 100 – für Maurice”                                                                                          
Coreografia: John Neumeier
Musica: Simon & Garfunkel
Artisti: Roberto Bolle, Alexandre Riabko
“Voices of Spring”                                                                                                                        
Coreografia: Frederick Ashton
Musica: Johann Strauss
Artisti: Maria Kochetkova, Joan Boada
“Delibes Suite”                                                                                                                               
Coreografia: Jose’ Martinez
Musica: Léo Delibe
Artisti: Anna Tsygankova, Matthew Golding
“Canon in D Major”                                                                                                                     
Coreografia:  Jiři Bubeníček
Musica : Johann Pachelbel e Otto Bubeníček
Artisti: Roberto Bolle, Jiři Bubeníček, Alexandre Riabko.
Pompei, 25 luglio 2015  

Un viaggio nel tempo, in una bellezza di suggestioni e storia. Un viaggio dello spirito che ripercorre le nostre origini, nella Pompei resa immortale dalla morte stessa, in quel tragico 79 d.C. Non avrebbe potuto scegliere location più adatta al suo ruolo di ambasciatore della Cultura italiana nel mondo, Roberto Bolle, nel concentrare qui,  nel sito archeologico più famoso, il meglio della danza internazionale rendendo Pompei, per una sera, capitale della cultura coreica. Quel ramo così negletto della nostra storia artistica, così stranamente mal capita o ignorata del tutto. Ma, se in Italia la danza stenta ancora ad affrancarsi, Roberto Bolle non teme le difficoltà che il territorio inevitabilmente comporta e riesce a realizzare il “sogno” di danzare fra le rovine della nostra antica civiltà. Il Gala Roberto Bolle and Friends di quest’anno si battezza non a caso Viaggio nella Bellezza. Perché l’Italia è una e bella.
Il Teatro Grande degli Scavi di Pompei si trasforma in un’arena dove il gladiatore Bolle, come da copione, manda in visibilio la folla di ogni età che esaurisce tutti i posti disponibili, pur nelle difficoltà di deambulazione dovute alla morfologia del luogo.
Il programma si apre con un omaggio al classicismo formalistico di George Balanchine, adattissimo a offrire (qui più che mai) una efficace “traslazione” dell’ideale classico apollineo, ricostruito secondo il linguaggio neoclassico di Balanchine sul linguaggio musicale di Igor Stravinsky: estratto di solo e Passo a Due da Apollon Musagète, naturalmente con Roberto Bolle e Melissa Hamilton, splendida Tersicore del Royal Ballet di LondraIl pubblico subisce la fascinazione dell’uomo moderno che si nutre dell’uomo antico, spesso calpestandolo.
Tra i pezzi più applauditi menzioniamo il Passo a Due maschile creato da John Neumeier per il settantesimo compleanno di Maurice Bejart, Opus 100 – für Maurice, su musica di Simon & Garfunkel, interpretato da Roberto Bolle e Alexandre Riabko dell’Hamburg Ballet. Grande intensità emotiva per il racconto di un’amicizia, di un amore o di un qualsiasi sentimento vero e profondo che possa legare due uomini. Dulcis in fundo, a chiusura di serata, Canone in Re maggiore, l’ormai classico Passo a Tre maschile del Bolle & Friends, creato da Jiři Bubeníček in uno stile fluido che, sulla musica di Johan Pachebel e Otto Bubeníček, trasporta il pubblico in un universo di pacatezza grazie alla melodia rassicurante nella sua familiarità e all’esecuzione di Roberto Bolle, Alezandre Riabko e Jiři Bubeníček.
Davanti a tanta bellezza, ma anche a tanta difficoltà tecnica, mi sembra doverosa una piccola nota riguardo ai famosi “virtuosismi”. Quelli che hanno una definizione diversa, per intenderci, a seconda che il punto di vista sia degli “addetti ai lavori” (ossia di chi abbia provato su se stesso la pratica della danza) e del grande pubblico in generale. Gli effetti più applauditi sono sempre le iperestensioni o i lift prolungati (alias “prese”), le tante pirouettes e i famosi quanto inflazionati fouettés. Cose non più eccessivamente impegnative per un danzatore o una danzatrice di altissimo livello. Passano invece spesso inosservati i virtuosismi più raffinati e difficili, come il manége di piques en dedans con rotazione inversa rispetto al senso del giro che compie il corpo, ovvero: il corpo che gira a destra ma si muove nello spazio verso sinistra in senso antiorario. Un vero sforzo che passa inosservato ai più e che sembrerebbe apparentemente inutile ma che, all’occhio attento, appare incredibile nel conferire ariosità a un “cerchio” solitamente visualizzato solo per la velocità di esecuzione del passo. Una vera perla. Lo abbiamo potuto ammirare grazie ad Anna Tsygankova (Dutch National Ballet, Amsterdam), nella coda del Passo a Due Delibes Suite, chiaramente su musica Léo Delibes per la coreografia manierata di Josè Martinez, interpretato con Matthew Golding  (Royal Ballet, Londra). Altra “chicca” che pesa molto nel fare differenza, ma ai più passata inosservata, è stata la liberà con cui Maria Kochetkova (del San Francisco Ballet), nel grande adagio del Passo a Due del Don Chisiotte di Minkus-Petipa ha rivelato nel momento dei tour a la seconde: un “cambré” (o innalzamento) della testa sulla conclusione del grande giro, come a mirare il cielo, segno di una padronanza straordinaria della tecnica. Quella tecnica sicura e libera che permette di far diventare la danza un vero linguaggio. Tutto il Passo a Due è stato in vero eseguito alla perfezione e il taglio delle variazioni non ha pesato sulla messa in scena, visto che Adagio e Coda contengono tutte le tipologie di difficoltà e di virtuosismo possibili. La scelta del doppio manège di piques al posto dei fouettés è un altro punto di discussione per i ballettofili. Grande difficoltà comporta questa doppia “ruota” – per dirla all’italiana – e soprattutto in un palcoscenico all’aperto. Magari, per i più giovani, il rammarico di non aver goduto più a lungo di un duetto molto popolare potrebbe restare, ma è bene non formalizzarsi sulla messa in scena tradizionale di classici continuamente rivisitati tagliati e ricuciti su misura di persone e luoghi.
Tra le presenze femminili, degne di menzione la bellissima Melissa Hamilton, dalla grazia dipinta e dalle linee seducenti, e Nicoletta Manni, leccese classe 1991 e Principal al Teatro alla Scala di Milano dal 2014, impegnata con Bolle nel Passo a Due della Civiltà tratto dall’Excelsior di Manzotti-Dell’Ara-Marenco, omaggio a Milano Expo. Proprio il “Grande Ballo Excelsior”, a parte i suoi limiti artistici (al di là dei notevoli effetti di massa), è un documento storico di grande importanza nella vita di quest’arte così difficile da tramandare e conservare, come dimostrano le pubblicazioni scientifiche dedicate al “ballo grande all’italiana”. Un pezzo della nostra storia culturale che si innesta, al Teatro Grande degli Scavi di Pompei, in un dialogo senza soluzione di continuità fra antico e moderno, passato e presente, in quell’incessante divenire che è la storia dell’umanità.
Non staremo qui a prendere in esame ciascun numero proposto, sia pure sottolineando quanto la scelta del repertorio cerchi costantemente di alternare i grandi classici del balletto ottocentesco e creazioni di coreografi di ultimissima generazione (a dire il vero, creazioni non sempre riuscitissime per scelte musicali e coreografiche, poiché spesso si indugia un po’ troppo sulle iperestensione “a effetto”). D’altra parte il tour è in corso. Gbopera ha già avuto modo di seguire la serata all’Arena di Verona e non vogliamo annoiare il lettore, quanto piuttosto cogliere questa grande occasione offerta da Roberto Bolle per riflettere. Perché il gala a Pompei è un evento “politico”, oltre che artistico. È senza dubbio il cuore del tour di quest’anno per l’intenzione che genera il suo allestimento. La recente intervista rilasciata dall’Étoile e pubblicata il 24 luglio scorso sul Corriere del Mezzogiorno parla chiaro e senza mezzi termini. Dopo il naufragio del Pompei Festival in un mare di polemiche (superstite un numero ridottissimo di spettacoli) questo gala diventa il simbolo della resurrezione, possibile ma difficile in un contesto in cui pesa la «mancanza di un certo senso civico, della consapevolezza del bello… il non pensare alla collettività». E queste sono verità innegabili. «Un’occasione sprecata – continua il grande danzatore ‒ un territorio dalle grandi potenzialità non sempre ben sfruttate. Ha bellezze uniche che il mondo invidia, ma che non sono valorizzate o addirittura degradate». E Pompei, com’è ben noto, è il simbolo di questa noncuranza e del degrado che attanaglia i professionisti del settore umanistico, ai quali la mancanza di fondi straccia ogni dignità professionale. Un professionismo che si costruisce dopo anni di studio e sacrificio, proprio come avviene nella danza, altro patrimonio storico incompreso perché non tangibile. Ma se Pompei ha saputo resistere alla furia del Vesuvio e conservarsi tornando alla luce, così la nostra cultura, della quale la danza è parte, col giusto “timoniere” potrà risorgere dalle sue pesanti ceneri. Magari prendendo in prestito un po’ di ottimismo dall’Excelsior. (foto Luciano Romano)