Verona, Teatro Romano: “Gala di Mezza Estate”

Verona, Teatro Romano, 93° Opera Festival 2015
“GALA DI MEZZA ESTATE”
Coreografia e coordinatore alle scene, costumi e luci Renato Zanella
Musica Igor Stravinsky
“L’Uccello di Fuoco (L’Oiseau de feu)”
Uccello di Fuoco ALESSIA GELMETTI
Principessa SCILLA CATTAFESTA
Principe Ivan ANTONIO RUSSO
Kascej PIETRO OCCHIO
“La Sagra della Primavera (Le Sacre du printemps)” – Prima Nazionale
I prescelti TERESA STRISCIULLI, EVGHENIJ KURTSEV
Primi ballerini, Solisti, Corpo di ballo e Tecnici dell’Arena di Verona
Verona, 14 agosto 2015

È nel nome di Igor’ Stravinskij – compositore simbolo dei Ballets Russes di Sergej Djagilev – che si è svolto l’unico appuntamento di danza riservato al Balletto dell’Arena di Verona al Teatro Romano. Renato Zanella, direttore del corpo di ballo, ha rivisitato due partiture originariamente impiegate in linguaggi molto diversi: quello di Mikhail Fokine per L’Uccello di Fuoco e quello di Vaslav Nižinskij per La Sagra della Primavera. Una concezione della danza in bilico tra accademia e espressionismo per Fokine mentre la coreografia di Nižinskij a tutt’oggi viene considerata madre del balletto moderno. Se da un lato L’Uccello di Fuoco viene ancora ricordato per la coreografia di Fokine, La Sagra continua invece a portare con sé versioni su versioni, in un impressionante alternarsi di poetiche e stili, e a costituire una sfida temibilissima per chi vi si accosta: vuoi per le “insidie” proprie della scrittura musicale vuoi per quelle strettamente coreografiche.
Per L’Uccello di Fuoco, Zanella non si discosta molto dall’impianto originale e l’insieme funziona. Viene mantenuta una trama che grossomodo coincide con quella prevista originariamente (una fanciulla catturata da un mago e salvata da un principe grazie all’aiuto di una piuma dell’Uccello di fuoco) mentre a livello di vocabolario e sintassi gli apporti sono minimi: ad esempio, è anticipata fin dall’Introduzione la figura del mago mentre la danza delle principesse, vestite con quelli che sembrano lunghi kimono, ha una connotazione quasi orientale, fatto di gesti lenti, iterati e liturgici. Molto ben realizzati i duetti. Happy ending con la sconfitta del mago e trionfo dei protagonisti che compaiono dietro un velario nel quadro finale. Alessia Gelmetti è stata un Uccello di fuoco di bell’impatto e guizzante; sempre molto brava Scilla Cattafesta (la Principessa) nel delineare i personaggi “positivi” come già fu l’anno scorso con Glauce in Medea; bene anche i due interpreti principali maschili (Antonio Russo, il Principe e Pietro Occhio, Kascej).
La Sagra, andata in scena in prima nazionale, è invece sembrata un po’ allinearsi nel solco del déjà-vu… La formula su cui si innesta la coreografia è per buona parte quella della coppia anche se non manca tutto “l’armamentario” tipico della Sagra: il rotolarsi a terra, il battere le mani, i salti immediati e fulminei, una marcata simbologia terrigna… Dove sta quindi la novità di questa Sagra? Negli ammiccamenti? Nel fatto che il corpo di ballo sia vestito in pantaloni e camicie di jeans? La coreografia vorrebbe anche suggerire l’idea di un sacrificio (così come per Nižinskij) ma… il rito si è veramente compiuto? Chissà. Zanella, abbandonati i linguaggi neo e postclassici a lui senz’altro più congeniali, sembra soverchiato dal ‘monumento’ di Stravinskij. Se con l’Uccello di fuoco l’idea di una versione più compatta vince, proprio perché molto chiara negli intenti di poetica e spontanea nel caratterizzare la danza, con la Sagra la sicurezza nel disegnare il gesto e gli insiemi viene meno, incanalando la partitura nel “già visto”. Peccato perché il corpo di ballo (numerosissimo e in forma, in quest’occasione) era davvero coinvolto. Lo stesso vale per la coppia principale, i primi ballerini Teresa Strisciulli e Evghenij Kurtsev.
Lo spettacolo, iniziato in ritardo a causa di un improvviso temporale, è stato accolto calorosamente dal folto pubblico. Foto Ennevi – Fondazione Arena di Verona