Jacques Offenbach (1819-1880): “Fantasio” (1872)

Opéra-comique in tre atti su libretto di Paul de Musset e Charles Nuitter. Sarah Connelly (Fantasio), Russell Braun (Il principe di Mantova), Robert Murray (Marinoni), Brenda Rae (La principessa Elsbeth), Victoria Simmonds (Flamel), Neal Davis (Sparck), Brindley Sherratt (Il re di Baviera), Aled Hall (Facio), Gavan Ring (Hartmann). Opera Rara Chorus, Renato Balsadonna (Maestro del coro), Orchestra of the Age of Enlighenment, Mark Elder (Direttore). Registrazione: dicembre 2013, Henry Wood Hall, London. 2 CD Opera Rara ORC51
Fantasio” rappresenta una delle pagine meno note della carriera di Offenbach ma anche un momento importante sulla strada che porta passo dopo passo all’estremo capolavoro di “Les Contes d’Hoffmann”. In qualche modo vi è un filo conduttore nella carriera del compositore franco-tedesco rappresentato dalla volontà di staccarsi dal ruolo di assoluto maître dell’operetta per conquistare i palcoscenici del grande teatro lirico. Un percorso iniziato già nel 1864 con “Die Rheinnixen” ed in cui si inserisce piamente anche “Fantasio”.
L’opera doveva infatti segnare per Offenbach la conquista del prestigioso teatro dell’Opéra Cominque che fino a quel momento gli era stata interdetta. La sorte però cominciò a giocare i suoi scherzi all’opera secondo una costante che sembra accompagnare tutti i tentativi più ambiziosi del maestro che, come gli amori di Hoffmann, sembrano sempre inciampare sulla coda del diavolo. Prevista infatti per 1870 l’opera si trovò infatti bloccata dalle difficoltà della guerra franco-prussiana. Infelice poi la scelta del soggetto ricavato da Paul de Musset da una sua precedente – e sfortunata commedia –a sua volta tratta da un racconto del più noto fratello Alfred. Vittima di una trama confusa e poco efficace nasceva già zoppa sul piano teatrale; inoltre il clima particolare dell’opera con il suo mélange di leggero sorriso e languido abbandono – per di più con un’ambientazione tedesca – non rappresentava certo quanto desiderava il pubblico parigino dell’epoca bisognoso di svagarsi e di vedersi confortato nel proprio crescente nazionalismo dopo le umiliazioni subite dai prussiani cui si aggiungevano i distinguo verso un compositore come Offenbach già guardato con sospetto per la sua nascita renana e per di più in odore di scarso patriottismo fin dalla “La Grande-Duchesse de Gerolstein” del 1867. L’opera quindi riuscì a contare solo dieci rappresentazioni prima di cadere nell’oblio interrotto solo da una limitata fortuna nei paesi tedeschi dove in versione tradotta ricomparve a Vienna, Praga e Berlino. Ultimo scherzo della sorte: la perdita della partitura originale in occasione della demolizione della Salle Favart nel 1887.
Tutto sembrava condannare quest’opera ad un eterno oblio da cui l’ha resuscitata quasi miracolosamente Jean-Christopher Keck recuperando criticamente le varie versioni tedesche riunendole al libretto originale fornendo il materiale di base per la registrazione registrata da Opera Rara.
L’ascolto rivela un’opera interessante anche se non sempre pienamente compiuta. In qualche modo è la sua stessa natura semiseria a non convincere con le varie componenti che restano in qualche modo slegate, più giustapposte che unite. Non manca però musica di altissimo livello e, se nei momenti più brillanti – il finale II su tutti – si riconosce il grande operettista, sono quelli più lirici e cantabili che colpiscono maggiormente ed in cui già si palesano molti dei percorsi che sfoceranno nell’Hoffmann. L’opera si apre su una magnifica ouverture dove prima dell’esplosione conclusiva ritroviamo toni di sfuggente mistero e ritmi di languida cantabilità, quasi di barcarola che ritorneranno nello splendido duetto del III atto fra Fantasio e Elsbeth che anche per le timbriche vocali sembra profetare la futura – e celeberrima – “Nel nuit, ô nuit d’amour” così come Antonia sembra già palpitare nei liliali tormenti di Elsbeth. Molti sono i momenti riuscitissimi sul piano musicale e fortunatamente l’ascolto discografico permette di concentrarsi su di essi lasciando un po’ in disparte le innegabili debolezze sul piano teatrale.
Alla guida dell’Orchestra of the Age of Enlighenment ormai pienamente a suo agio anche nel repertorio ottocentesco, di cui padroneggia con sicurezza stile e sonorità, troviamo la convincente direzione di Mark Elder, maestro di grande esperienza e sensibilità che riesce a cogliere la natura particolare e sfuggente di quest’opera con i suoi contrasti non sempre risolti e di esaltare la preziosa orchestrazione prevista da Offenbach; forse pecca un po’ di autentica teatralità ma l’opera è già carente di suo al riguardo e la mancanza di un’esperienza diretta con il palcoscenico può aver influito al riguardo.
Splendida protagonista Sarah Connolly, mezzosoprano dal timbro morbido e carezzevole particolarmente a suo agio nel languore melodico dei duetti con Elsbeth o dell’inno alla luna con cui il personaggio si presenta “Voyez dans la nuit brune”, ma capace anche di sfoderare il giusto temperamento quando la musica si accende nei finali d’atto o nei momenti più scanzonati. Brenda Rae è un Elsbeth corretta, molto musicale forse un po’ anonima: nell’aria di sortita – sostanzialmente lirica – si nota un’eccessiva leggerezza solo parzialmente compensata dall’eleganza dell’insieme; meglio nella seconda aria virtuosistica e spumeggiante pur con un suggestivo sottofondo lirico dove la cantante può far emergere le proprie doti di bravura.
Russel Braun e Robert Murray sono perfetti nella copia comica formata dal principe di Mantova e dal suo assistente Marinoni così che i loro momenti buffi risultino fra i più riusciti della registrazione insieme allo scoppiettante finale secondo ma molto riuscite sono anche le arie solistiche di non facile esecuzione. Brindley Sherratt ha la giusta autorità come Re di Baviera, Neal Davis canta l’arietta di Sparck con voce bella e robusta e giusto impeto giovanile. Il bel timbro caldo e vellutato di Victoria Simmonds dà il giusto rilievo a Flamel e tutte assolutamente efficaci le parti di fianco così come il coro cui sono affidate alcune pagine estremamente interessanti – ad esempio il coro degli studenti del I atto – per la vicinanza ad analoghi momenti de “Les conte d’Hoffmann”. I parlati sono stati eseguiti a parte dagli stessi cantanti ed inseriti in seguito con un risultato nell’insieme valido.