Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival Édouard Lalo tra folklore e wagnerismo (26 settembre-10 novembre 2015)
“FAINTAISIE-QUINTETTE”
Solisti della Chapelle Musicale Reine Elisabeth:
Violini Vladyslava Luchenko, Hyeonjin Cho
Viola Marie Chilemme
Violoncello Ori Epstein
Pianoforte Nathanaël Gouin
Édouard Lalo: Fantaisie-Quintette pour piano et cordes
César Franck: Quintette pour piano et cordes
Venezia, 13 ottobre 2015
Grande prova quella offerta dai giovani solisti della Chapelle Musicale Reine Elisabeth, la prestigiosa istituzione musicale belga, che si dedica all’alta formazione di giovani esecutori provenienti da tutto il mondo e con la quale il Palazzetto Bru Zane, in vista del ciclo dedicato a Édouard Lalo, ha stipulato un accordo di partenariato con lo scopo di fare scoprire ai solisti residenti presso la Chapelle l’opera del musicista francese. Dopo un approfondito lavoro di preparazione, sono stati selezionati alcuni giovani musicisti per registrare l’integrale della musica concertante di Lalo (il cofanetto uscirà nella primavera 2016), tra essi la polacca Vladyslava Luchenko, la coreana Hyeonjin Cho, l’israeliano Ori Epstein e il francese Nathanaël Gouin, ospiti del Palazzetto Bru Zane in occasione di questo concerto, assieme ad un’altra francese, Marie Chilemme, anche lei corsista presso la Chapelle. La serata era dedicata al “quintetto con pianoforte”, in cui la tastiera è associata al tradizionale quartetto d’archi; una formazione, che, pur ampiamente utilizzata da Boccherini, deve tuttavia la sua consacrazione più sublime a Schumann – che conferisce a questo genere cameristico ampiezza di dimensioni e ricchezza di contrappunto –, e poi a Brahms. Per quanto riguarda la sua diffusione in ambito francese, è Camille Saint-Saëns – con il grande quintetto del 1855 – che apre la strada a tanti musicisti tra cui Franck e Lalo.
Bel suono, impeccabile intonazione, assoluta padronanza tecnica, perfetto affiatamento hanno caratterizzato l’esecuzione, da parte del giovane ensemble, dei due pezzi in programma, dove si sono fatti apprezzare – nel corso di un’interpretazione emozionata ed emozionante – sia gli archi che il pianoforte, impegnato in un ruolo di primo piano, dando prova, in particolare, di un’alta scuola della velocità, nonché di nitidezza nel tocco e grande sensibilità. Questo si è sentito nella Fantaisie-Quintette di Lalo – un lavoro composto all’inizio degli anni Sessanta dell’Ottocento e rimasto sconosciuto fino alla sua recente riscoperta da parte del violinista Dorian Lamotte, che nel 2015 ne ha realizzato la prima incisione – come nel monumentale quintetto di Franck, la cui composizione risale al 1879, mentre la prima esecuzione avvenne – peraltro tra una generale indifferenza – il 17 gennaio 1880 alla Société Nationale de Musique ad opera del Quartetto Marsick con Camille Saint-Saëns (dedicatario della composizione) al pianoforte. Per quanto riguarda il primo pezzo, grande solennità si è colta nell’esecuzione della lenta introduzione iniziale, seguita da un irruento Allegro con fuoco – il cui primo tema attinge al materiale dell’introduzione –, dove tutti hanno brillato nell’affrontare il gioco contrappuntistico come i bruschi contrasti nella dinamica e nella tessitura. Un delicato carattere melodico è risaltato nel secondo tema, più omogeneo anche timbricamente. Particolarmente suggestivo l’Adagio – introdotto da uno stridente accordo diminuito – percorso da frasi sospensive del pianoforte, interrotte da puntati degli archi, in cui la viola e il violoncello si sono messi in luce esponendo rispettivamente il primo e il secondo tema – quest’ultimo contrappuntato da una serie di ricami del primo violino – per riesporli successivamente in ordine inverso rispetto a quello in cui sono apparsi. Complessivamente si è ascoltata una splendida esecuzione della Fantaisie-Quintette, che per la potenza orchestrale e le improvvise pause può ricordare certe pagine dell’ultimo Beethoven.
Venendo al Quintette pour piano et cordes di Franck – una delle composizioni del musicista belga predilette da Proust, che, non a caso, modella il personaggio di Vinteuil in buona parte su di lui – si tratta di una sorta di ampio poema in tre movimenti dalla densa scrittura “sinfonica” (per non dire “organistica”), che segna la codificazione pressoché definitiva della forma ciclica, con continui ritorni di un tema conduttore, contornato da idee accessorie; un lavoro, che guarda a Beethoven, Schumann e Liszt, da cui mutua la concezione antiaccademica, ma nello stesso tempo si caratterizza per i molti elementi tematici e timbrici tipicamente francesi, il che non sfuggirà a Debussy. Traboccante di pathos, ma anche sottilmente analitica, l’interpretazione dei solisti della Chappelle Musicale Reine Elisabeth, a tessere un dialogo, che procede per brevi cellule, progressivamente arricchite ed elaborate, con il sostegno di una densa armonia. Nel primo movimento, Molto moderato quasi lento, grande intensità espressiva si è colta nell’esecuzione del lungo preludio, in cui al teso disegno discendente degli archi ha fatto eco l’intervento teneramente lirico del pianoforte in terzine, fino a sfociare nel più mosso finale, percorso da cromatismi. Particolarmente suggestivo il lungo secondo tempo, Lento con molto sentimento, caratterizzato dal contrasto tra il registro grave degli archi e quello acuto del pianoforte, che riecheggia un Lied romantico, dall’ampio respiro melodico, e termina con il furtivo ritorno del tema ciclico del primo tempo. Di impronta più decisamente ritmica il terzo e ultimo movimento, Allegro non troppo ma con fuoco, in cui gli archi hanno lanciato con intensa espressività il loro grido di dolore, accompagnato da accordi misteriosi nel registro grave del pianoforte, da cui è emerso a poco a poco, il primo tema di questa forma sonata, un leitmotiv che dà al Quintetto una struttura particolarmente coesa. Scroscianti applausi dopo il primo pezzo e soprattutto a chiusura di questa serata “densa” di grande musica.