“Le Sacre du Printemps” secondo Virgilio Sieni

Brescia, Fondazione Teatro Grande, Danza 2015/16
Compagnia Virgilio Sieni
PRELUDIO”
Regia e Coreografia Virgilio Sieni
Musica Daniele Roccato
Interpreti Compagnia Virgilio Sieni
LA SAGRA DELLA PRIMAVERA”
Regia e Coreografia Virgilio Sieni
Musica Igor Fedorovi Stravinskij
Interpreti Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Patscharaporn Distakul, Vittoria De Ferrari Sapetto, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Giulio Petrucci, Rafal Pierzynski, Sara Sguotti, Davide Valrosso
Brescia, 10 novembre 2015

È come trovarsi a contemplare qualcosa che accade: la genesi di un’entità che da grande amalgama omogeneo si apre e separa in cellule che a loro volta trovano modo e occasione di dar vita ad altre forme, frammentate, frastagliate e ricche di devianze. Bisogna concentrare lo sguardo per cogliere i movimenti, alle volte minimi, che si manifestano sotto a una luce fredda e fioca, mossi da note musicali che ne sottolineano la ricorsività. Riconosciamo che si tratta di un rituale: una ricercata via per rappresentare il principio primordiale di qualcosa che sentiamo appartenerci; che ci riguarda da vicino, molto intimamente. Verrebbe facile, come qualcuno ha fatto, limitarsi a riconoscere in questa coreografia una partitura visiva, di quelle che si giudicano come la riproduzione dei gesti dei danzatori nella loro semplice serialità e ricorsività. Preludio è invece qualcosa d’altro che la messa in scena di un rituale: è uno studio dei repertori pittorici che già Sieni, grande esteta, persegue addirittura nei sui laboratori con giovanissime promesse della danza contemporanea. Qui ballano sei figure femminili nude, delle mònadi che, come intenderebbe Leibniz, sono dei centri di forza, ognuna indipendente dalle altre ma ciascuna immagine dell’universo. Quell’universo fatto di materia e di pensiero, di buio e di luce, di spazio e di tempo che ci ha generati e che cerchiamo di contemplare, capire e, appunto, rappresentare.
Quindi ci appare nella mente un vortice: l’ombra di una figura umana tramutarsi in albero (Apollo e Dafne del Bernini); la cricca di sagome attorno a un idolo (Il sabba delle streghe di Goya) e, per ideale esemplificazione del volgere del tempo, di quell’eterno armonioso rincorrersi di involuzione ed evoluzione: una danza. Questa si vede distintamente, senza rischi di fraintendimento, è il girotondo di Matisse (“La danse”). C’è addirittura il momento in cui una danzatrice si china di spalle a noi e ferma il cerchio come se volesse apposta fermare il tempo, quello immortalato nel quadro del famoso artista francese. Credo sia questa la giusta lettura del lavoro di ricerca del direttore della biennale danza di Venezia; si vede il gusto del quadro, della composizione scenografica, del posing. Tutto si magnifica ne La sagra della primavera. Stavolta sono undici i danzatori, giovani come giovane è il pubblico in sala che segue silenzioso e attento: sicuramente una rappresentanza affezionata degli allievi di Sieni. Sulle musiche di Stravinskij il nucleo danzante, amalgamato e compatto, dà sfoggio di energiche prese e di tenute notevoli. I gesti sembrano ora meno liberi e un po’ troppo accademici, però impeccabili e lo stesso carichi di emozione che arriva a sublimare il momento del rituale pagano del sacrificio virginale. Foto Rocco Casaluci