Napoli, Teatro di San Carlo: “Carmen”

Teatro di San Carlo – Inaugurazione della Stagione d’Opera e Balletto 2015/2016
“CARMEN”
Opéra-comique in quattro quadri su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy.
Musica di Georges Bizet
Carmen MARIA JOSÉ MONTIEL
Micaëla ELEONORA BURATTO
Frasquita SANDRA PASTRANA
Mercédès GIUSEPPINA BRIDELLI
Don José BRIAN JAGDE
Escamillo KOSTAS SMORIGINAS
Il Dancaïre FABIO PREVIATI
Il Remendado CARLO BOSI
Zuniga GIANFRANCO MONTRESOR
Morales ROBERTO ACCURSO
Orchestra, Coro, Corpo di ballo e Coro di voci bianche del Teatro di San Carlo
Direttore Zubin Mehta
Maestro del coro Marco Faelli
Maestro del Coro di voci bianche Stefania Rinaldi
Regia Daniele Finzi Pasca
Scene Hugo Gargiulo
Costumi Giovanna Buzzi
Coreografie Maria Bonzanigo
Disegno luci Alexis Bowles
Nuovo allestimento del Teatro di San Carlo
Napoli, 16 dicembre 2015
Il Teatro di San Carlo inaugura la stagione d’ Opera e Balletto 2015/2016 con la Carmen di Georges Bizet. Sul podio Zubin Mehta, accolto con particolare calore da parte del pubblico napoletano, che ci offre una lettura di Carmen luminosa e brillante sin dalle prime note. Capace di conferire all’esecuzione grande fluidità e freschezza melodica. Con gesto sicuro, mai nevrotico, riesce a stabilisce il giusto rapporto fra buca e palco, in piena sintonia con l’Orchestra, particolarmente attenda, con una sezione di fiati, fra legni ed ottoni, di grande precisione e bellezza di suono. La regia è di Daniele Finzi Pasca che, almeno nelle intenzioni, vorrebbe proporci una lettura di Carmen tutta tesa ad evidenziare la fragilità di ogni personaggio, alla ricerca di un modo non stereotipato, in quanto, a suo dire, “il linguaggio del verismo sulla scena talvolta può rendere tutto più falso”. Buone intenzioni, che però non trovano sulla scena un riscontro efficace e penetrante. Le prove attoriali da parte degli interpreti sembrano più affidate alla bravura ed alla sensibilità dei singoli (per chi ha saputo mostrarla), piuttosto che provenire da una visione d’assieme. Nelle scene corali “l’immobilismo” è alquanto evidente, messo ulteriormente in risalto dal monocromatismo che caratterizza ogni singolo atto, sia nelle luci, firmate da Alexis Bowles e co-firmate dal Regista, che negli abiti di scena. Davvero poco efficaci sono risultate le luci che incorniciavano e inseguivano i cantanti. Dei tubi luminosi che avrebbero dovuto valorizzare e far emergere l’aspetto umano di ogni interprete, ma che al contrario hanno limitato e quasi schiacciato questi ultimi. Le scene di Hugo Gargiulo sono ridotte al minimo. Elementi vagamente spagnoleggianti, come la grande lanterna di origine moresca posta a sovrastare la scena per il secondo atto, si contrappongono al altri tipici del folclore, come ad esempio la grande parete di lampadine posta al centro della scena per il primo atto. Una scenografia tutta incentrata sul colore, che attinge il cromatismo da ciò che la scena suggerisce. Il giallo della quotidianità, il bianco dei pizzi spagnoli, sensuali e seducenti, il nero, il rosso. A riprova di questo, la bella luna piena fatta di lampadine per il terzo atto, prodigio della tecnologia, che permette ad ogni piccolo punto luce di reagire per creare disegni diversi e interattivi, che si trasformano a seconda delle frequenze, del volume, del cambio di dinamica della musica, creando delle immagini all’interno di questa luna. I costumi di Giovanna Buzzi non ci propongono riferimenti smaccatamente folcloristici o spagnoleggianti, ma trascinano i personaggi su un piano più surreale e generale. Anch’essa in linea con il declinare ogni atto secondo un colore, concependo forme anche tradizionali, ma asciugate e simboliche, per arrivare ad una sintesi della Spagna. Non lasciano però il segno, risultando comunque anonimi. Novità assoluta per il San Carlo è stata quella di ritrovare in vendita al bookshop gli scialli usati in questo allestimento, magari per rientrare nei costi di produzione. Ad interpretare la protagonista,  Maria José Montiel, mezzosoprano spagnolo, che in questa produzione celebra la sua centesima Carmen, complessivamente convincente sia vocalmente che sulla scena. La linea del canto è morbida ed elegante, senza problemi in ogni zona del proprio registro, dotata di ampio volume sonoro. Anche sotto il profilo attoriale mostra una certa sicurezza e consapevolezza, evitando gli stereotipi che spesso sfociano nella volgarità, mostrando una donna eccessivamente sicura di se e navigata nell’arte della seduzione.  Ottima prova vocale per il tenore Brian Jagde, dalla voce brunita e generosa, elegante nella linea melodica, con un bel legato. Meno convincete la sua prova attoriale. La mutazione che subisce Don José non è graduale, passando rapidamente dal timido e quasi inerme sergente, al killer dominato dall’amore non ricambiato e dalla gelosia. Sottotono l’Escamillo di Kostas Smoriginas, che oltre a non reggere il confronto vocale con gli altri protagonisti del cast, non imponendosi vocalmente sin dal suo ingresso, mette in “difficoltà” Orchestra e Direttore. Voce poco sonora, e del tutto priva di incisività. Eleonora Buratto (Micaëla) è stata una bravissima interprete. Dalla voce ben impostata ed impeccabile per emissione ed intonazione. Ci mostra una Micaëla timida ma determinata, capace di costituire l’aletr ego a Carmen. Di grande spessore lo Zuniga di Gianfranco Montresor dall’autorevole vocalità e sicura presenza scenica. Corrette la Frasquita di Sandra Pastrana e la Mercédès di Giuseppina Bridelli, buoni il Dancairo di Fabio Previati, il Remendado di Carlo Bosi ed il Moralès di Roberto Accurso Solinas. Discreta l’esibizione da parte del Coro diretto da Marco Faelli, con evidenti limiti della sezione maschile,  disomogenea per colore e vocalità. Particolarmente bravi i piccoli artisti del Coro di voci bianche diretti da Stefania Rinaldi, dall’intonazione attenta e dal bel gusto musicale. Teatro pieno in ogni ordine di posti. Pubblico ben disposto e plaudente, che però non si è lasciato convincere del tutto dalla regia, mostrando qualche segno di dissenso. Foto Luciano Romano