“Susanna” di Händel all’Auditorio Nacional di Madrid

Centro Nacional de Difusión Musical, Auditorio Nacional de Música de Madrid – Temporada 2015-2016
“SUSANNA”
Oratorio in tre atti su libretto attribuito a Newburgh Hamilton
Musica Georg Friedrich Händel
Susanna SOPHIE KARTHÄUSER
Joacim CARLOS MENA
Chelsias GÜNTER HAUMER
First elder PAUL SCHWEINESTER
Second elder LEVENTE PÁLL
Attendant MARIE-SOPHIE POLLAK
Daniel ALOIS MÜHLBACHER
Wiener Akademie
Consort Wiener Akademie
Direttore Martin Haselböck
Madrid, 14 dicembre 2015
Proporre Susanna in periodo natalizio, al posto di altri più conosciuti oratori di Händel, come Il Messia o Israele in Egitto o Il trionfo del tempo e del disinganno, è scelta anticonformista per almeno due motivi: in primo luogo il rilievo abbastanza scarso di quest’opera nel complesso del catalogo händeliano, sebbene appartenga al periodo più maturo, poiché fu eseguito per la prima volta nel febbraio 1749 al Covent Garden di Londra. In secondo luogo la complessità del mito biblico di Susanna ha originato un dibattito filologico, teologico, politico dalle conclusioni tutt’altro che rassicuranti nelle differenti interpretazioni. La storia s’incentra su di una scena resa celebre da tante rielaborazioni pittoriche, note solitamente con il titolo generico “Susanna e i vecchioni”, in cui l’avvenente e casta protagonista prende il bagno in un giardino chiuso, sotto gli sguardi cupidi di due anziani che vorrebbero insidiarla; al rifiuto delle profferte i due delusi, che sono giudici del popolo ebraico al tempo della cattività babilonese, accusano Susanna di tradimento coniugale e ne richiedono la lapidazione. Il giovane Daniele, risvegliando il senso di giustizia della folla già pronta a uccidere la donna, dimostra con rapidissimo interrogatorio che i due giudici hanno mentito, e che contraddicendosi a vicenda meritano secondo la legge mosaica la stessa fine richiesta per la pia sposa. Apparentemente è soltanto una storia edificante di virtù premiata e di calunniatori puniti; in realtà l’antico redattore intendeva suscitare ben altre domande: per esempio, bisogna sempre credere alla parola di un giudice anziano, già per questo ritenuto più autorevole e affidabile degli altri? Ma può un giudice essere condannato a morte per falsa testimonianza? E per di più, quale ritratto vuol dare di sé una società in cui la verità non è sulla bocca dei suoi giudici, né degli adulti in generale, ma soltanto di un fanciullo ispirato da Dio? Forse non esiste se non la giustizia divina, perché quella umana è inevitabilmente corrotta o priva di fondamento? Questa netta opposizione di giustizie e di differenti forme del diritto può far sorgere contrasti difficilmente sanabili tra stato e chiesa, a qualunque latitudine geografica. E poi c’è il problema testuale: la vicenda costituisce il penultimo capitolo (13) del libro veterotestamentario di Daniele, noto però soltanto nella versione greca di Teodozione, e non in quella ebraica del resto del libro; la pagina è definita deutero-canonica dalla confessione cattolica, e ritenuta decisamente apocrifa da quella riformata. Ma tutto questo ha a che fare con la musica di Händel? – ci si potrebbe domandare. Senza dubbio, a partire dall’incerta identità dell’autore del libretto e dall’esito non lusinghiero della prima esecuzione, avvenuta in ambito anglicano; ancora oggi, poi, il mito e la sua traduzione oratoriale rinfocolano le divisioni e accentuano schieramenti di pensiero opposto: ne è prova il frontespizio del programma di sala madrileno (molto curato e fornito del testo originale completo), che così precisa la fonte del soggetto: «Basado en la Biblia (Libro de Daniel, capítulo 13: historia apócrifa de Susana, según la tradición protestante)», che non si saprebbe dire se mirato a screditare più l’origine del testo oppure il rifiuto della sua genuinità da parte della tradizione luterana. Certamente nel libretto dell’oratorio (come peraltro in Daniele) dopo che il profeta smaschera la falsità dei due anziani, essi scompaiono dalla scena, e della loro terribile fine non si dice più nulla. E anche in tutto lo sviluppo drammatico che precede i due caratteri sono ben differenziati (a partire dal trattamento vocale: un tenore e un basso), sebbene inclinino al grottesco e al caricaturale, come per far dimenticare la loro identità di giudici del popolo, e far apparire soltanto ridicolo il loro comportamento.
L’esecuzione di Madrid è eccellente sotto ogni punto di vista: il complesso della Wiener Akademie, che per l’occasione schiera anche un coro di dodici elementi (sei uomini e sei donne, il Consort Wiener Akademie) plasma un suono di inconfondibile musicalità, energia, purezza, sotto la guida del direttore e organista Martin Haselböck, che fondò questo ensemble nel 1985. La sceneggiatura dell’oratorio pone attorno a Susanna alcuni personaggi, che però nel momento dell’accusa la abbandonano al suo destino di infamia e di morte: il padre, lo sposo, l’ancella, che in precedenza la attorniano delle loro amorose ma superficiali premure. Soltanto il giovane Daniele, apparendo quale deus ex machina nel III atto, è un possibile corrispettivo maschile della protagonista. Il coro invece interviene nel finale dei tre atti, con le pagine polifonicamente più elaborate.
Sophie Karthäuser è il soprano belga che dà voce alla casta Susanna: all’impostazione molto corretta non corrispondono purtroppo adeguata spinta drammatica né ampio ventaglio di colori; anche nel corso del II atto (quello in cui l’insidia deflagra in pubblica accusa) si notano buone vibrazioni nella cavata, ma l’intonazione non è sempre impeccabile. Molto toccante il lamento del III atto, quando il direttore suona personalmente l’organo che sostiene il canto di Susanna. Carlos Mena, uno dei controtenori più noti sulla scena internazionale, assiduo collaboratore di Haselböck e direttore artistico del complesso Capilla Santa María, interpreta il ruolo di Joacim, marito della protagonista: il suo canto è molto sicuro nel registro acuto, e cerca di evitare ogni fissità di suono nelle messe di voce; la sua parte è inoltre la più vicina ai caratteri del melodramma, perché presenta un’aria naturalistica in cui magnifica il paesaggio delizioso dell’Eufrate all’inizio del II atto, e un’aria di furore al termine dello stesso atto (allorché apprende dell’accusa di tradimento a opera della sua sposa): queste due pagine sono senza dubbio le più fiorite e virtuosistiche dell’intera partitura. Mena si disimpegna molto bene, anche se nell’ultima, forse per la stanchezza, qualche passaggio di agilità è un poco spianato. Alois Mühlbacher è un altro controtenore: un giovanissimo artista austriaco, appena ventenne, che davvero con il suo intervento vocale nel III atto rappresenta la discesa di un angelo sulla terra: a parte qualche prevedibile acerbità nell’emissione, la voce risuona per lo più con dolcezza appassionata, perfetta per i momenti d’ispirazione profetica; il pubblico s’innamora subito di lui, al punto da tributargli il primo applauso nel corso delle varie scene. Il soprano tedesco Marie-Sophie Pollak impersona l’ancella di Susanna, protagonista di due arie nel cuore del II atto: le esegue molto bene, giovandosi soprattutto del garbo nel fraseggio e del bel timbro di voce. Paul Schweinester, tenore, è il primo dei due vecchi libidinosi, quello dal carattere più complesso, perché da un lato è consapevole della propria depravazione, dall’altro tenta di stemperarla con l’ironia o con il languore di un adolescente realmente innamorato: il cantante austriaco interpreta questo ruolo alla perfezione, anche con disinvoltura attoriale oltre che con impostazione vocale molto corretta; peccato soltanto che la voce sia di volume piccolo e con pochi armonici. Molto più corposa è invece quella del basso ungherese Levente Páll, il secondo anziano, caratterizzata da un’espressività marcata (ma meno coltivata rispetto a quella del collega). È interessante che l’esatto baricentro drammatico dell’oratorio, a metà del II atto, sia costituito da un trio (l’unico numero d’insieme di tutta l’opera) con i due anziani e Susanna, in cui si apprezza bene l’intreccio delle tre diverse tipologie vocali. Padre di Susanna, Chelsias è l’austriaco Günter Haumer, che possiede una tipica voce di basso autorevole, dal bel timbro, anche se un po’ leggera, e proprio nei passaggi che dovrebbero essere più carismatici. Grande successo anche per questo secondo appuntamento della rassegna Universo Barroco; dopo l’inaugurazione con Serse dello scorso novembre, nel gennaio 2016 sarà di nuovo la volta di Händel, con Partenope: come a dire che dopo l’oratorio è sempre giusto tornare al melodramma.