Francesco Maria Veracini (1690-1768): “Adriano in Siria” (1735)

Dramma per musica in tre atti su libretto di Angelo Corri da Pietro Metastasio. Sonia Prina (Adriano), Ann Hallenberg (Farnaspe), Roberta Invernizzi (Emirena), Romina Basso (Sabina), Lucia Cirillo (Idalma), Ugo Guagliardo (Osroa). Europa Galante, Flavio Biondi (Direttore). T.Time: 172′.Registrazione: Vienna, Wiener Konzerthaus 17-19 gennaio 2014. 3 CD Fra Bernardo FB1409491

Londra era nei primi decenni del XVIII secolo una delle scene musicali più vivaci d’Europa. In contrapposizione al monopolio haendeliano era nata nel 1733 l’Opera della nobiltà di casa al Lincoln’s Inn Fields dove in quell’anno la nuova compagnia aveva cominciato la propria attività con Arianna a Nasso di Porpora. Questa si era affermata rapidamente giungendo a strappare ad Haendel alcuni dei propri cantanti di punta. La stagione 1735 rappresentò quella del grande trionfo per la nuova compagine grazie sopratuttto alla messa in scena di Adriana in Siria con musiche del fiorentino Veracini ed un cast che non solo riuniva alcune delle stelle portate da Haendel a Londra – il Senesino, la Cuzzoni, Montagnana – ma riusciva ad avere nel ruolo protagonista di Farnaspe il grande Farinelli.
Francesco Maria Veracini (1690-1768) non era ignoto alla scena londinese. Questo fiorentino, ma di formazione veneziana, era già stato nella capitale inglese nel 1714 prima di affermarsi in tutte le corti europee come il più straordinario virtuoso del violino della sua generazione. A Dresda dal 1720 era stato costretto a lasciare l’incarico alla corte sassone dopo la congiura ordita contro di lui dal maestro di concerto Pisendel, invidioso del suo talento. Dopo un soggiorno a Praga presso il conte Kinsky, aveva colto l’occasione dell’ingaggio londinese anche per la possibilità di cimentarsi con il genere del teatro musicale da cui era sempre stato affascinato, ma con cui non aveva ancora potuto cimentarsi direttamente essendo, prima dell’Adriano in Siria, la sua attività vocale ridotta ad alcuni lavori oratoriali composti fin dal 1708. Per l’occasione venne ripreso un libretto di Metastasio andato in scena per la prima volta a Vienna nel 1732 con musiche di Caldara e ripreso con grande successo l’anno precedente a Napoli da Pergolesi. Per l’occasione il libretto fu soggetto a una revisione a cura di Angelo Corri finalizzata soprattutto ad adattarlo alla compagnia disponibile con la scomparsa del ruolo maschile di Aquilio e la sua sostituzione con quello di Idalma, nobile partica segretamente innamorata di Adriana. Passato rapidamente di moda, com’era abituale nella frenetica vita musicale del tempo, Veracini tornò in Italia ma durante il viaggio la nave su cui viaggiava nel 1745 fece naufragio; il compositore si salvò ma i suoi strumenti e le sue partiture andarono irrimediabilmente perduti. Fortunatamente una copia parziale dell’Adriano in Siria era stata realizzata per uso personale da Charles Jenners (il librettista del “Messiah” di Haendel) e questa copia è fortunatamente ancora conservata presso la Biblioteca Henry Watson di Manchester. Proprio la riscoperta di questo manoscritto ha spinto a tentare l’impresa di riportare in vita l’opera seppur a costo di una non piccola forzatura. Il manoscritto Jenners non comprende i recitativi evidentemente di scarso interesse per lo scrittore inglese ma necessari per una ripresa teatrale. Si è quindi optato per adattare quelli composti nel 1738 da Ferrandini per una sua versione del libretto. Si tratta di un’inevitabile forzatura, tanto più che Ferrandini mantiene il personaggio di Aquilio le cui frasi passando ad Idalma creano qualche confusione di genere, ma si trattava forse dell’unica via percorribile per far rinascere un’opera fondamentale per conoscere la scena musicale londinese del tempo senza dire che molti di questi non mancano di forza espressiva specie se affidati ad una compagnia al riguardo decisamente valida come quella qui presente.
La musica di Veracini mostra stretti legami con il mondo veneziano in cui si era formato; molte le somiglianze con Vivaldi, unite ad una tendenza virtuosistica spesso estrema derivata dalla sua natura di concertista. Si nota inoltre una grande attenzione alle caratteristiche vocali dei singoli interpreti su cui le parti sono espressamente pensate mentre l’organico strumentale appare decisamente limitato anche per gli standard dell’epoca ma è usato con grande maestria timbrica e contrappuntistica. La struttura è tradizionale con alternanza di arie e recitativi; due interventi d’insieme aprono e chiudono circolarmente l’opera, mentre, rispetto all’originale, viene inserito un duetto fra Adriano e Sabina,“Prendi o cara in quest’amplesso” di una sensualità tutta veneziana. Una sorta di duetto a distanza è, infine, dato dalle arie di Emirena “Quel cor mi donasti” e Farnaspe “Son sventurato”.
Registrata, con ottimo suono, dal vivo a Vienna nel 2014, la presente incisione può contare innanzi tutto sul rigore stilistico e sulle qualità musicali di Fabio Biondi alla guida della sua Europa Galante che si confermano una delle realtà più interessanti della scena barocca europea e che riescono ad esprimere pienamente i meriti della partitura evidenziando la ricchezza ottenuta da Veracini pur con un organico alquanto ridotto. In un’opera come questa, scritta per alcuni dei maggiori virtuosi di ogni tempo, è però la compagnia di canto a fare la differenza ed oggi è difficile immaginarne una migliore. Va inoltre riconosciuto il merito a Biondi di aver scelto per le due parti di castrato due mezzosoprani di talento anziché cedere alla troppo facile tentazione dei controtenori. Scritta per Farinelli la parte di Farnaspe era pensata per esaltare al meglio le prodigiose capacità del grande castrato. Ann Hallenberg è una delle più belle voci mezzosopranili di oggi e, pur impegnata al limite delle possibilità, ne viene a capo in modo decisamente positivo, in quanto può contare su una tessitura amplissima – la sola “Amor, dover, rispetto” richiede due ottave di estensione – con ampi salti di registro, discese nel settore grave – “Quel ruscelletto” – e improvvise puntate in acuto; la coloratura è rapidissima, spesso estrema e l’universo espressivo esteso su un ventaglio che comprende tutti i possibili “affetti” rendendo il compito dell’interprete quasi altrettanto impegnativo come quello della cantante. La Hallenberg è interprete di rara sensibilità –ammirevole l’intensità dei recitativi pur senza essere di madre lingua italiana – e riesce almeno a far intuire con  quali doti una leggenda del canto come Farinelli fosse capace di incantare il pubblico del tempo.

Di fronte al virtuosismo estremo di Farnaspe, la parte di Adriano, pensata per un Senesino in fase calante, insiste maggiormente nel settore centrale della voce e con un taglio più declamatorio e paludato mentre più contenuti sono i passi virtuosistici fatta salva l’accensione di “Tutti nemici e rei”. Sonia Prina è adattissima a questo tipo di scrittura evidenziando l’autorevolezza dell’imperatore romano e la raffinata cantabilità di “La ragion gli affetti ascolta” con doppio flauto obbligato.  Al virtuosismo e alla brillantezza dei protagonisti maschili si contrappone la vocalità elegiaca e dolente affidata alla Cuzzoni nel ruolo di Emirena. Roberta Invernizzi con la sua voce calda e morbida e la naturale predisposizione al canto patetico si trova perfettamente a suo agio nella parte piegando anche i passaggi virtuosistici alle ragioni espressive del ruolo come in “Quell’amplesso” così prossima ai grandi lamenti haendeliani. Romina Basso presta a Sabina la sua splendida voce di contralto fondendosi perfettamente con quella della Hallenberg nel bel duetto con Adriana ma emergendo in tutto il suo calore nella splendida “Ah ingrato”. Con il suo timbro chiaro e luminoso Lucia Cirillo (Idalma) crea un efficacie contrasto con l’Emirena della Invernizzi, come Osroa, Ugo Guagliardo, è spesso costretto a giocare sulla difensiva in un ruolo che per esprimersi appieno richiederebbe Ramey ma riesce a salvarsi con professionalità e a fornire una prestazione convincente anche se forse non entusiasmante.