Milano, Teatro alla Scala, Stagione Lirica 2015/2016
“I DUE FOSCARI”
Tragedia lirica in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, da Byron
Musica di Giuseppe Verdi
Francesco Foscari LUCA SALSI
Jacopo Foscari FRANCESCO MELI
Lucrezia Contarini ANNA PIROZZI
Jacopo Loredano ANDREA CONCETTI
Barbarigo EDOARDO MILLETTI
Pisana CHIARA ISOTTON
Fante AZER RZA-ZADE*
Servo TILL VON ORLOWSKY*
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano
*Allievi dell’Accademia di Canto del Teatro alla Scala
Direttore Michele Mariotti
Maestro del Coro Bruno Casoni
Regia e scene Halvis Hermanis
Costumi Kristīne Jurjāne
Luci Gleb Filishtinsky
Coreografia Alla Sigolova
Video Ineta Sipunova
Drammaturgia Olivier Lexa
Milano, 15 marzo 2016
I Due Foscari torna alla Scala per la nona volta nella storia del teatro milanese. Questa opera rientra nei progetti più volte ricordati e sponsorizzati da Pereira o da Chailly di rappresentare le prime opere verdiane (volontà ben trasmessa con la Giovanna d’Arco all’apertura di stagione) e di dare maggiore spazio alle voci italiane, come risulta evidente dalla scelte del cast. I Due Foscari è un’opera complessa sia sotto il punto di vista musicale sia sotto quello drammaturgico, soprattutto a causa della complessità psicologica dei personaggi. Il compito di accogliere questa sfida spetta al giovane direttore d’orchestra Michele Mariotti sotto la cui bacchetta l’orchestra non risulta mai invadente, ma anzi si mostra molto ben attenta e tesa a quella ricerca del bel suono tanto cara a Verdi. Questo è evidente nei numerosi piano che si incontrano durante l’esecuzione, a partire dal coro introduttivo del primo atto fino al termine dell’opera con il dolcissimo e delicato preludio del terzo atto in cui il dialogo tra violino e violoncello è eseguito in maniera impeccabile e precisa sotto ogni aspetto. Infine Mariotti dimostra anche grande attenzione per la partitura, in cui sottolinea e sviluppa le dinamiche in modo puntuale ed elegante. Performance alterna per Anna Pirozzi nel ruolo di Lucrezia, la zona grave della sua voce mostra debolezze e imprecisioni (Tu al cui sguardo onnipossente). Peccato perché, al contrario, il registro acuto la sua voce è dotata di volume e lucentezza, come si nota nel celebre duetto con Jacopo Ah sposo mio! Che vedo? in cui ben svolge il ruolo di donna forte, ma straziata dal dolore perché vittima di un’ingiustizia. Ottima performance invece per Francesco Meli nel ruolo di Jacopo Foscari, l’eroe romantico per eccellenza. La sua è una voce calda, in grado di essere poliedrica perché capace di adattarsi e di risaltare la vasta gamma di emozioni che vive il personaggio, come la malinconia per la terra d’origine (Dal più remoto esiglio) o ll momento successivo con Odio solo ed odio atroce in cui il tenore genovese sfoggia un timbro ardente ed appassionato senza mai risultare volgare o forzato. Buona anche la sua presenza scenica. Il vero trionfatore della serata è però il Francesco Foscari di Luca Salsi , il cosiddetto “Superman” da quando ha sostituito in Ernani Domingo al Metropolitan a New York e la sera stessa ha cantato Lucia di Lammermoor. La sua presenza scenica è impeccabile, ben volta a sottolineare le sfumature emotive di un padre che combatte una guerra interiore tra il suo ruolo di Doge e quello umano di padre. Il baritono parmense, la cui voce è poi potente ed incisiva, riesce ad unire ad essa una non comune agilità vocale (Oh vecchio cor che batti). Anche nei duetti/ terzetti la sua voce non risulta mai essere pesante, ma sempre controllata e bilanciata risultando per questo ancora più apprezzabile come cantante. Buona anche la prestazione del coro in grado, dove richiesto dalla scena, di essere un ottimo attore sul palco che merita di competere per qualità vocali con il resto del cast (Tace il vento, è queta l’onda). il merito di questa buona riuscita va al maestro Bruno Casoni. Precisi e puntuali anche il Barbarigo di Edoardo Milletti e il Loredano di Andrea Concetti. Peccato per la decisione, a mio avviso molto sbagliata da un punto di vista drammaturgico, di eliminare la Scena III del primo atto con il dialogo tra il senatore e il membro del Consiglio dei Dieci. Interessante è stata infine la regia di Alvis Hermanis. L’ idea di fondo è quella da una parte di mantenere e sottolineare una classicità di scena (siamo difatti nella Venezia del 1457), come dimostrano la scelta dei costumi dei personaggi o delle statue marmoree, ma dall’altra di unire a questo elementi più moderni come i video di Ineta Sipunova. Molto apprezzabile anche l’austerità e il minimalismo di scena che ancora più hanno fatto da perfetto sfondo e dato risalto al grande momento di dolore che si sta vivendo nel Palazzo Ducale a causa dell’ingiusta condanna di Jacopo. È dunque una regia intelligente quella di Hermanis perché in grado di unire esigenze tipiche di un pubblico più “conservatore” con quelle di uno più “avanguardista”.