Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2015-2016
Orchestra e Coro del Teatro La fenice
Direttore Myung-Whun Chung
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Soprano Carmela Remigio
Mezzosoprano Marina Comparato
Tenore Edgardo Rocha
Basso Mirco Palazzi
Gioachino Rossini: “Stabat Mater” per soli, coro e orchestra
Venezia, 25 marzo 2016
Lo Stabat Mater di Rossini ha degnamente celebrato, alla Fenice, la Settimana Santa: sul podio il maestro Myung-Whun Chung, tra gli ospiti abituali del teatro veneziano, che gli ha conferito nel 2013 il premio “Una vita per la musica” e dove in questo stesso periodo era impegnato nella direzione di Madama Butterfly. Molto si è detto e scritto su quest’opera sacra del Grande Pesarese, la cui apparizione interruppe un silenzio iniziato circa dieci anni prima, allorché il musicista, subito dopo il successo del Guillaume Tell, prese la decisione – per fortuna solo ufficialmente – di abbandonare ogni attività compositiva: per alcuni si tratta di un assoluto capolavoro che coniuga mirabilmente il melodramma con la musica sacra, la vocalità del Rossini maturo con la tradizione polifonica italiana; altri invece sottolineano la modalità espressiva troppo “profana” di vari brani di questa composizione, cosicché non la ritengono del tutto adeguata ad una tematica religiosa. A questo proposito, ci sembra che la lettura dell’insigne maestro coreano – coaduivato da un cast di assoluto rilievo, da un’orchestra ed un coro (impeccabilmente preparato dal maestro Moretti), che hanno seguito con precisione e sensibilità il suo chiaro e autorevole gesto direttoriale – tendesse a mettere in luce la profonda coerenza di questa composizione rispetto alla sublime Sequenza di Jacopone da Todi, il cui diffuso misticismo assume spesso caratteri drammatici, per non dire teatrali. Di conseguenza, neanche nei momenti in cui Rossini si fa più vicino al “belcanto”, si è dissolta quell’aura sacrale, che una lettura non superficiale sa cogliere – nonostante la diversità delle forme espressive – in ogni pagina di questa grande partitura sacra. Ciò è stato possibile anche grazie alla professionalità dei singoli cantanti, che hanno dimostrato – oltre a grande musicalità – assoluto controllo dei propri mezzi vocali, rigore e compostezza stilistica, senza mai indulgere nel facile effetto. Ne è risultata un’esecuzione di grande fascino, nella quale il direttore ha utilizzato una vasta gamma dinamica e agogica, a mettere in valore ogni aspetto di questo straordinario Stabat Mater. Particolarmente solenne e drammatica ci è sembrata l’Introduzione, aperta da quel sublime arpeggio, non privo di cromatismi, di violoncelli e fagotti, cui hanno fatto seguito l’esplosione di dolore del coro e poi l’intervento – più pacato – dei cantanti: perfetta intesa, attacchi impeccabili, grande pathos si sono imposti fin da questa pagina, nonostante la dilatazione dei tempi, voluta da Chung, ad esaltarne il carattere sacrale. Nella successiva aria “Cujus animam gementem” Edgardo Rocha ha fatto apprezzare il suo bel timbro da tenore contraltino, squillante ed omogeneo nei vari registri, oltre a un fraseggio scolpito e a una generale compostezza, producendosi nella cadenza in uno smagliante re bemolle. Notevolissime Carmela Remigio e Marina Comparato – due voci ragguardevoli, che non hanno bisogno di presentazione – nel duetto “Quis est homo, qui non fleret”, anch’esse stilisticamente ineccepibili, nonché abili nel controllare la voce nell’alternanza del piano e del forte. Analogamente preciso e controllato Mirco Palazzi nell’aria “Pro peccatis suae gentis”, dove ha sfoggiato una voce brunita ed omogenea. Validissima la prestazione del mezzosoprano e del soprano anche singolarmente in “Fac ut portem, Christi mortem” e, rispettivamente, in “Inflammatus et accensus”, come delle quattro voci insieme, in “Sancta Mater, istud agas” e in “Quando corpus morietur”. Sempre ineccepibile il coro, particolarmente nel Finale in stile fugato (“Amen, in sempiterna saecula”), dove ha sfoggiato una dizione e una precisione davvero notevoli. Successo trionfale per tutti con un bis (il polifonico Finale).