Bruxelles, Théâtre La Monnaie – stagione 2015/2016
“BÉATRICE ET BÉNÉDICT”
Opéra-comique in due atti. Libretto e musica di Hector Berlioz
Don Pedro FRÉDÉRIC CATON
Claudio ETIENNE DUPUIS
Bénédict JULIEN DRAN
Don Juan SEBASTIEN DUTRIEUX
Léonato PIERRE BARRAT
Héro ANNE-CATHERINE GILLET
Béatrice STÉPHANIE D’OUSTRAC
Ursula EVE-MAUD HUBEAUX
Somarone LIONEL LHOTE
Orchestra Sinfonica e Coro del Théâtre La Monnaie
Direttore Samuel Jean
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Richard Brunel
Scene Anouk Dell’Aiera
Costumi Claire Risterucci
Luci Laurent Castaingt
Drammaturgia Catherine Ailloud-Nicolas
Coproduzione La Monnaie / De Munt / Théâtre du Capitole (Tolosa)
Bruxelles, 5 aprile 2016
Il Théâtre La Monnaie non risparmia le sorprese ai suoi spettatori. Un’altra rarità nella programmazione, questa Béatrice et Bénédict di Berlioz, e ancora novità per quel che riguarda gli spazi scelti per la stagione extra muros, fuori dal teatro storico dove sono in corso i lavori di ristrutturazione destinati a durare almeno fino alla fine dell’anno. Un po’ fuori dal centro, e geograficamente ubicata nel quartiere ormai famoso di Molenbeek, si trova la struttura fatta costruire dal Théâtre La Monnaie per ospitare in permanenza le opere di questa stagione e di parte della prossima. I lavori sono cominciati a metà gennaio in una spianata facente parte di una vecchia area industriale in corso di riqualificazione, e il risultato, va riconosciuto, è eccellente viste le condizioni e i tempi di realizzazione. L’acustica non sarà perfetta, ed è penalizzata a tratti dal rumore dagli aerei in fase di atterraggio, ma nell’insieme la struttura consente di fruire di uno spettacolo piacevole. Béatrice et Bénédict fu rappresentata per la prima volta a Baden Baden nel 1862, e poi solo occasionalmente nel secolo scorso, ma a partire dagli anni duemila diverse nuove produzioni si sono succedute in vari teatri europei. Non è mai stata rappresentata in Italia. Berlioz scrisse musica e libretto ispirandosi alla commedia Molto rumore per nulla di Shakespeare, ma prendendone gli aspetti giocosi e tralasciando i temi più seri. Il libretto di Berlioz è una storia leggera, un divertissement, incentrata sulle schermaglie amorose e sugli scambi di battute sarcastiche tra Béatrice e di Bénédict, mentre l’altra coppia della commedia shakespeariana, Héro e Claudio, viene messa in secondo piano. Ci sono poi elementi comici e scherzosi, in particolare con il personaggio del compositore Somarone e le sue incomprensioni con coro e orchestra. Il libretto di Berlioz viene considerato difficile quando va bene, ma c’è chi si spinge molto più in là e decide che è manchevole rispetto alla commedia di Shakespeare e che è quindi necessario intervenire. Fra questi c’è sicuramente il giovane regista francese Richard Brunel, che avvicina l’opera alla commedia di Shakespeare riprendendo personaggi e vicende che Berlioz aveva scelto di lasciare da parte, e vi inserisce una vicenda ulteriore di sua propria creazione, con il compositore Somarone che, da divertente parodia del compositore, diventa un innamorato non ricambiato di Héro che si vendica gettandole addosso un’infame calunnia al momento del matrimonio. Per far ciò, Brunel taglia dialoghi parlati, altri li sposta, e altri ancora li scrive di suo pugno. La commedia ironica e scherzosa di Berlioz assume tinte cupe, con Héro che, invece di convolare a nozze con Claudio, è ammutolita dalla sofferenza. Come a volte accade quando i registi tentano operazioni di questo tipo, sembra di assistere a due spettacoli tra loro incoerenti, con la parte musicale e cantata che rispecchia Berlioz e la parte teatrale che se ne va per conto suo. Un esempio fra tanti, le scene che accompagnano l’ouverture, quando la gaia e fresca musica di Berlioz si dipana su uno sfondo da città assediata, bombardata, con la parete di fondo del palcoscenico tappezzata di foto di giovani soldati caduti davanti ai quali brillano lumini da cimitero. Alla fine dell’ouverture soldati in divisa da combattimento irrompono in scena brandendo fucili mitragliatori, mentre la musica racconta un’altra storia (gli spettatori erano stati preavvertiti della presenza di uomini armati in scena, cautela quanto mai opportuna dal momento che la prima dell’opera è andata in scena due giorni dopo gli attentati nella capitale belga). Insomma, non si può fare a meno di porsi le domande ormai consuete quando si assiste a una produzione che il regista stravolge a suo gusto e senza tentare una conciliazione con gli elementi originali: ci si chiede se questo cimento intellettuale fosse veramente necessario, e che cosa abbia aggiunto all’opera. Le gradevoli scene di Anouk Dell’Aiera ricordano il secondo dopoguerra e non si fanno notare per una particolare originalità. Non potevano mancare le pareti dipinte di grigio che sembrano essere un elemento irrinunciabile di tante produzioni moderne, e che certo ricordano poco la solare Messina in cui sia Shakespeare che Berlioz ambientano la loro opera. Armadi in legno vengono spostati facilmente sul palco creando partizioni di spazi e nascondigli che ben si prestano al gioco di inganni perpetrati in scena. Héro in candido abito da sposa, sospesa nell’aria e poi calata sul palco per ricongiungersi col promesso Claudio è un lampo di luce in un’atmosfera dai colori molto sobri. Anche i costumi di Claire Risterucci rispecchiano la sobrietà generale della produzione. La bella musica di Berlioz è valorizzata dalla direzione di Samuel Jean facendone una delle parti più riuscite dello spettacolo, anche se forse l’ouverture lasciava un’impressione lievemente confusa. Grande attenzione ai dettagli ed eccellente comunicazione col coro diretto da Martino Faggiani. Complessivamente valido il cast, tutti francofono, e chiamato a mostrare qualità di recitazione oltre che di canto nei lunghi dialoghi parlati. Le voci sono lievemente amplificate, evidentemente in ragione dell’acustica. Anne-Catherine Gillet presta la sua voce fresca e agile al personaggio di Héro, ed è un peccato che le innovazioni del regista abbiano tolto al personaggio la solare gaiezza dell’innamorata felice. Béatrice è affidata alla eleganza vocale di Stéphanie D’Oustrac che ne fa un personaggio dal temperamento energico, forse anche troppo per chi si fosse preso la briga di leggersi prima il libretto di Berlioz. Ottima l’interpretazione di Eve-Maud Hubeaux nel ruolo di Ursule, che nel duetto con Héro alla fine del primo atto regala uno dei momenti più emozionanti dell’opera. Anche le voci maschili sono di buon livello, con un fresco e giovanile Julien Dran nel ruolo di Bénédict e Etienne Dupuis in quello di Claudio. Più recitati che cantati i ruoli affidati a Frédéric Caton (Don Pedro), Pierre Barrat (Léonato) e Lionel Lhote, cui è toccato interpretare un Somarone particolarmente mortificato dalle scelte di regia. Applausi di circostanza di un pubblico che ha fretta di riguadagnare il centro città. Si esce da teatro con l’impressione di un’opera che varrebbe la pena vedere questo Berlioz con dei colori più corrispondenti a quelli della musica, leggera, brillante, divertente, senza finalità di denuncia dei tempi tormentati e della condizione infelice dell’umanità. Tematiche da cui invece sembra non si possano staccare i registi moderni, per i quali divertirsi è banale e scontato. Foto Bernd Ulhig