Venezia, Festival “Benjamin Godard nei salotti parigini”: “Tra Parole e Canto”

Venezia, Scuola Grande San Giovanni Evangelista, Festival “Benjamin Godard nei salotti parigini”,
9 aprile-15 maggio 2016

“TRA PAROLE E CANTO”
Soprano Olivia Doray
Tenore Cyrille Dubois
Pianoforte Tristan Raes
Benjamin Godard: arie e duetti, mélodies, pezzi per pianoforte
Venezia,  9 aprile 2016    
Aria di primavera … aria di festival … Il Palazzetto Bru Zane dà il via ad una nuova rassegna dedicata, quest’anno, a Benjamin Godard, un musicista pressoché sconosciuto, di cui è rimasta in repertorio, sì e no, la Berceuse dall’opera Jocelyn, mentre il musicista francese – virtuoso di violino, particolarmente apprezzato come solista nei quartetti d’archi, pianista, compositore e direttore d’orchestra, oltre tutto fondatore della Société des Concerts Modernes – svolse un ruolo di primaria importanza nella vita musicale francese nel primo periodo della Terza Repubblica. In particolare, il corpus di opere, di cui è autore, contiene circa 150 titoli, comprendendo tutti i generi musicali: dal teatro musicale alla sinfonia a programma, dai concerti alla musica da camera, tra cui si impone un’abbondante produzione di mélodies. Lungi dal farsi condizionare dall’influenza di Wagner come fecero altri musicisti della sua generazione, Godard rimase fedele a se stesso e alla propria inclinazione per un romanticismo affine a quello di Chopin, Mendelssohn e Schumann. In un periodo – quello appunto successivo al Secondo Impero –, nel quale i salotti diventano determinanti nel panorama musicale francese, permettendo il raccordo tra il circuito di diffusione pubblico e quello privato, Godard era solito trascrivere i suoi lavori per adattarli alle caratteristiche di questo o quel salotto di Parigi.
Nel concerto inaugurale del Festival “Benjamin Godard nei salotti parigini”, la sontuosa sala capitolare della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista – avvolta dalla sacralità dei teleri con episodi della vita del Santo –  si è trasformata in un grande salotto borghese o nobiliare, al cui interno risuonavano, di volta in volta, arie e duetti (dalla sinfonia drammatica Le Tasse e dalle opere Les Guelfes, Pedro de Zalamea, Jocelyn), pezzi per pianoforte, mélodies su vari testi poetici: un programma che ha pienamente declinato la vocazione “salottiera” del compositore, che il Palazzetto Bru Zane ci invita a riscoprire.
Adorabili i giovani interpreti, la cui eccellente preparazione, unita ad altrettanta sensibilità musicale, non era inferiore all’entusiasmo e alla freschezza, tipici della loro età. Con timbro perlaceo, musicalità, controllo dei propri mezzi vocali il soprano Olivia Doray ha saputo esprimere l’afflato teneramente romantico o fieramente appassionato, che anima le mélodies come le arie operistiche: ad esempio, nell’Air de Jeanne, dall’opera Les Guelfes o nella Romance d’Isabelle, dall’opera Pedro de Zalamea si sono apprezzati lo squillo e lo smalto del timbro nella zona acuta, oltre che i colori e le mezze voci.
Le ha degnamente corrisposto il tenore Cyrille Dubois, anch’egli, di volta in volta, tenuemente lirico o traboccante di sentimento, sfoggiando una voce estesa ed omogenea, dal timbro puro e squillante: l’artista si è distinto particolarmente in Le Sentier, su versi di E. Souvestre, dove ha reso la crepuscolare dolcezza della melodia, cantando tutto “in voce”, o  in “Je respire où tu palpites”, su versi di V. Hugo (un’aggiunta imprevista al già nutrito programma), dove ha saputo rendere le sfumature più delicate come i più marcati contrasti, o, ancora, in Amour fatal, su versi di P. Blanchemain, dove si è prodotto in uno sfavillante acuto finale. Irresistibili i due cantanti insieme nei duetti: tra gli altri, nel Duo de Jeanne et Henry, da Les Guelfes, dove si è colta una perfetta intesa, oltre a grande pathos, soprattutto nel travolgente finale – caratterizzato da un forte climax emotivo –, che non a caso è stato bissato.  Perfettamente a suo agio, alla tastiera, Tristan Raes che ha accompagnato le voci con finezza di sfumature a livello dinamico e agogico, brillando di luce propria, quanto a sensibilità e padronanza tecnica, nei pezzi per pianoforte solo: l’ardimentosa e brillante Valse n. 5 “chromatique” op. 88 di ascendenza chopiniana, in cui si è colta un’alta scuola della velocità, e il Nocturne n. 4, dove ha saputo esprimere col giusto accento la mestizia, che lo percorre, facendo pensare a Mendelssohn e a Field. Caloroso successo per tutti: un bis.