Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Benjamin Godard nei salotti parigini” : Trio Talweg

Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Benjamin Godard nei salotti parigini” (9 aprile-15 maggio 2016)
 “ROMANTICISMO E MODERNITÀ”
Trio Talweg
Violino Sébastien Surel
Violoncello Éric-Maria Couturier
Pianoforte Juliana Steinbach
Benjamin Godard: “Aubade” pour violon et violoncelle op. 133 Trio avec piano no 2
Lili Boulanger: “D’un matin de printemps”
Gabriel Fauré: Trio avec piano
Venezia,  7 maggio 2016
“Talweg” è un termine mutuato dalla toponomastica tedesca, che significa letteralmente “sentiero della valle”, designando, in altre parole, la confluenza delle correnti che scendono a valle dalle vette. Questa è anche la denominazione del Trio, protagonista del pomeriggio musicale svoltosi sabato scorso nella sala dei concerti del Palazzetto Bru Zane, ad indicare il comune percorso intrapreso da tre artisti dalle pur diverse personalità. Il concerto era finalizzato ad indagare ulteriori aspetti del multiforme ingegno di Benjamin Godard, tra cui il suo rapporto con il trio con pianoforte, un genere musicale che conobbe una prima diffusione in Francia agli albori dell’Ottocento – grazie alle opere di autori, francesi di nascita o d’adozione, ispiratisi ad Haydn, Mozart e Beethoven – e successivamente rifiorito in terra gallica nel culto dei grandi compositori austro-tedeschi anche successivi: a David, Reber, Godard e altri è dovuta una cospicua produzione, nata sotto l’egida della Société Nationale de Musique, fondata nel 1870. I titoli in programma dimostrano, in particolare, la volontà di mettere a confronto composizioni, per trio con pianoforte o altre formazioni più contenute, di Godard – un musicista che rimase sempre fedele al proprio linguaggio intriso di romanticismo, rifuggendo dal rampante wagnerismo – con analoghe opere di altri due autori francesi dal linguaggio più moderno: Gabriel Fauré, tra i fondatori della citata Société Nationale de Musique, e Lili Boulanger, che conobbe personalmente Fauré e fece tesoro dei suoi preziosi consigli.
Rendendo onore al nome che si è dato, il Trio Talweg si è fatto apprezzare per la perfetta sinergia, la comunanza d’intenti, la profonda concentrazione con cui ha eseguito i quattro pezzi, di cui alla locandina. Per quanto riguarda Aubade, per soli violino e violoncello, di Godard, i due interpreti si sono messi in luce nel loro dialogare alla pari in questa pagina pittoresca, ricca – sulla falsariga del Quartetto Americano di Antonín Dvořák – di inflessioni popolareggianti e il cui primo movimento, Andante quasi adagio, si apre, appunto, con una scala pentafonica, prima al violino, accompagnato dal pizzicato del violoncello, che imita la chitarra delle serenate sul fare dell’alba, successivamente a parti invertite. Un bel suono hanno fatto sentire i due strumenti nella seconda sezione del movimento, che spesso si fonda su una scrittura, di tutt’altro che facile esecuzione, a doppie e triple corde con il violoncello spesso impegnato nel registro grave. È poi seguito, rapido e leggero, il secondo movimento, Andantino, con i suoi accenti asimmetrici, le rapide scalette e i ritmi saltellanti. Nel secondo pezzo firmato dal musicista dedicatario del festival, il Trio con pianoforte n. 2 – dedicato a Grieg, che a sua volta gli dedicherà la propria Vieille Romance norvégienne avec variations –, il pianoforte ha svolto con encomiabile e sovente vigorosa musicalità un fondamentale lavoro di sostegno agli strumenti ad arco, contribuendo, insieme ad essi, a mettere in rilievo la straordinaria espressività di quest’opera, la cui scrittura, per la cantabilità di ampio respiro del primo tema, nell’Allegro moderato iniziale, sull’accompagnamento ondeggiante di semicrome del pianoforte, ricorda Schumann, mentre il piglio appassionato e tempestoso dell’Allegro vivace finale evoca il Brahms delle Danze ungheresi. Venendo a D’un matin de printemps di Lili Boulanger, la giovane musicista tra il1917 e il 1918, poco prima di morire, compone due pezzi dal carattere opposto, che nondimeno esprimono due tratti psicologici compresenti nella sua personalità, nel suo animo combattuto tra l’amore per la vita e i tristi presagi della morte, che la colse appena venticinquenne: non a caso questa coppia di pezzi è accomunata da alcuni elementi, quali il ritmo ternario, il sapore modale, lo stesso tema melodico. Perfettamente a suo agio il violino nell’eseguire tale tema – che qui assume il carattere di una danza frenetica –, con ammirevole nonchalance, adeguatamente supportato dal pianoforte, che ha sedotto il pubblico con i suoi accordi ribattuti dalle suggestive sonorità debussyane, come anche più avanti nel far risuonare le seducenti armonie di audace modernità sotto l’ampia melodia del violino. Ultimo titolo del programma, il Trio con pianoforte di Fauré, appartenente all’estrema stagione creativa del Maestro, che lo concepì in forma sonata, peraltro sottoponendo il materiale musicale ad una continua rielaborazione. Anche qui si è colta una ragguardevole intesa, oltre al giusto accento, nel dialogo tra gli strumenti: dall’ampio tema del primo movimento, Allegro non troppo, all’incantevole Andantino, tematicamente legato al movimento precedente, al conclusivo Allegro vivo, basato sulle ampie linee degli archi all’ottava, con briosi interventi della tastiera. Pieno successo. Un fuoriprogramma con Joaquin Turina.