Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791) / Ludwig Wenzel Lachnith (1746 – 1820): “Les Mystères d’Isis” (1801)

Adattamento in quattro atti di Ludwig Wenzel Lachith da “Die Zauberflöte” di Wolfgang Amadeus Mozart su Libretto di da Morel de Chedeville. Chantal Santon Jeffery (Pamina), Marie Lenormand (Mona), Renata Pokupic (Myrréne), Sébastien Droy (Isménor), Tassis Christoyannis (Boccoris), Jean Teitgen (Zarastro), Camille Poul (1° dama, 1° assistente), Jennifer Borghi (2° dama, 2° assistente), Elodie Méchain (3° dama, 3° assistente), Mathias Vidal (1° sacerdote, 1° ministro), Marc Lebonnette (Il guardiano, 2° sacerdote, 2° ministro). Flemish Radio Choir, Le Consert spirituel, Diego Fasolis (direttore). Registrazione 22-23 novembre 2013, Salle Pleyel Parigi. 2 CD Glossa Music / Palazzetto Bru Zane GCD 921630/LC 00690

La conoscenza e la diffusione del teatro musicale di Mozart in Francia è un caso quanto mai significativo per comprendere le dinamiche della diffusione musicale a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo in Europa cui si aggiunge uno spaccato delle particolarità che rendevano così particolare la vita musicale parigina rispetto al resto del continente. Se si escludono le precoci esecuzioni di “Le mariage de Figaro” (riadattata con recitativi tratti dalla commedia originale) nel 1793 e de “L’Enlèvement du Serail” nel 1798, il teatro del Salisburghese rimase in Francia poco noto e spesso solo attraverso revisioni che si allontanavano in modo anche significativo dal dettato originale. Quando nel 1801 l’Opéra (o come si chiamava al tempo Théâtre de la Republique et des Art) decise di allestire “Die Zaubeflöte” si ponevano non pochi problemi per adattare l’opera alle necessità del teatro parigino. La spettacolarità dell’impianto scenografico ed il soggetto egittizzante venivano perfettamente incontro ai gusti del pubblico contagiato da quell’autentica egittomania che segui alla campagna napoleonica nel paese delle Piramidi e rappresentavano una tentazione irresistibile per il teatro ma si ponevano due problemi. In primo luogo l’alternanza di parlato e cantato tipica dell’originale era troppo vicina al taglio popolare dell’Opéra comique per poter essere accettata nel sommo teatro parigino; inoltre i cantanti a disposizione formatisi sulla vocalità della Tragédie-Liryque di taglio gluckiano era totalmente inadatti ad affrontare le tessiture previste da Mozart.
La scelta fu quindi di un adattamento radicale che trasforma profondamente la struttura originaria. Il libretto riscritto più che tradotto da Morel de Chedeville mantiene in linea di massima l’impianto originale ma smussa i contrasti – la Regina della notte ribattezzate Myrrene perde ogni tratto luciferino per ridursi a una madre ansiosa per i destini della figlia –, sopprime un gran numero di personaggi minori, modifica la consistenza di quelli rimasti (con una significativa diminuzione del peso di Ismenor-Tamino e una crescita esponenziale di quello di Mona-Papagena), scompone e rimonta le singole scene con un risultato spesso più confuso dello stesso originale.
La revisione della parte musicale fu invece affidata a Ludwig Wenzel Lachith il quale non si limita a musicare con stile di matrice gluckiana i recitativi ma agisce profondamente anche sulle parti cantante. Per prima cosa  adatta le tessiture – la modifica più significativa riguarda Myrrene che passa da soprano di coloratura a mezzosoprano –, poi ricompone la musica originale spesso senza tener conto della destinazione originaria e, se certi brani restano come sono pensati da Mozart, altri trasmigrano da un personaggio all’altro come l’arietta di Monostatos – personaggio soppresso – che riscritta per soprano passa a Mona. Altri sono soppressi in toto come le due arie della Regina della notte o la scena – aria e duettino dei Papageni – e sostituiti di sana piana con brani tratti da altre opere dello stesso Mozart risepttivsamente con “Or sai chi l’onore” da “Don Giovanni”, con “Non più di fiori” da “La Clemenza di Tito”  con l’ultima aria di Figaro e il duettino del IV atto fra questi e Susanna ne “Le nozze di Figaro”. Il risultato complessivo è sostanzialmente un “pastiche” composto principalmente da musiche mozartiane anche se usate con estrema libertà – e sicuramente lascia un certo stupore sentire “Fin c’han dal vino” trasformato in un terzetto per soprano, mezzo e baritono – con l’aggiunta di un inserto della Sinfonia n. 103 di Haydn. Il risultato suscita inevitabilmente più di una perplessità a noi moderni ma il lavoro resta una preziosa testimonianza della prassi esecutiva e del gusto dell’epoca. L’opera fu accolta da un trionfale successo e, nonostante gli strali di Berlioz, rimase di fatto l’unica versione conosciuta in Francia di “Die Zauberflöte” fino alla metà del secolo.
Subentrato all’ultimo minuto all’ammalato Hervé Niquet, Diego Fasolis si trova perfettamente a suo agio con i musicisti de Le Consert spirituel e fornisce una lettura esemplare per chiarezza e intensità. Il suo è un Mozart leggero e dinamico, sempre attraversato da un’inarrestabile energia mai però inutilmente pesante o retorico. Una direzione che dimostra ulteriormente quanto questa musica riesca a risultare ancor più intensa e splendente se eseguito da compagini filologiche di alto valore.
La compagnia di canto è ottimamente assortita e contribuisce all’ottima riuscita complessiva. Sébastien Droy è un Ismenor elegante e molto musicale, tecnicamente sicuro e interpretativamente convinto anche se timbricamente un po’ anonimo. Al suo fianco Pamina ha la luminosa setosità della voce di Chantal Santon Jeffery timbricamente e interpretativamente perfetta nel tratteggiare un personaggio giovane e di coinvolgente vitalità e capace di dispiegarsi con sicurezza nei passaggi di coloratura. Di fortissimo rilievo il Bocchoris (Papageno) di Tassis Cristoyannis forse solo troppo caricato nella dizione così come la Mona di Marie Lenormand.
Renata Pokupic è un Myrénne dal timbro caldo e morbido che esalta il lato materno del personaggio, molto più evidente in questa revisione, e supera con sicurezza le difficoltà offerte dalle due arie che le vengono assegnate in sostituzione delle originali. Ottimo il Zarastro di Mathias Vidal, basso cantante dallo splendido timbro e dall’ottima tecnica. Nel ruolo tricefalo che unisce in sé quelli dei fanciulli e delle dame della Regina nella versione originale Camille Poul, Jennifer Borghi ed Elodie Méchain contribuiscono con un’ottima prestazione d’insieme alla riuscita complessiva.