Venezia, Palazzetto Bru Zane: “Saint-Saëns in salotto” con il Quartetto di Cremona e Andrea Lucchesini

Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Camille Saint-Saëns tra romanticismo e modernità”, dal 24 settembre al 3 novembre 2016
SAINT-SAËNS IN SALOTTO”
Quartetto di Cremona
Violini Cristiano Gualco, Paolo Andreoli
Viola Simone Gramaglia
Violoncello Giovanni Scaglione
Pianoforte Andrea Lucchesini
Camille Saint-SaënsJules Massenet: “La Mort de Thaïs”, paraphrase de concert sur l’opéra de Massenet pour piano seul.
Camille Saint-Saëns:  Quatuor à cordes n° 1 en mi mineur op. 112; Quintette pour cordes et piano en la mineur op. 14
Venezia,  29 settembre 2016
Con il terzo concerto il Palazzetto Bru Zane-Centre de Musique Romantique Française ha inteso mettere in rilievo un altro aspetto abbastanza trascurato di Camille Saint-Saëns, un musicista che, nella conferenza di presentazione del festival a lui dedicato, è stato definito, con felice ossimoro, dal direttore scientifico del Centro, Alexandre Dratwichi, un “famoso sconosciuto”: si tratta del ruolo privilegiato che ebbe molta sua musica nei salotti parigini.. Questa volta, dunque, si è inteso ricreare l’atmosfera di uno dei tanti salotti della capitale francese nel periodo della Terza Repubblica, proponendo tre pezzi di un compositore – Saint-Saëns, appunto – che in quei luoghi era regolarmente eseguito. Se il salotto, di appartenenza nobile o borghese, era divenuto, all’epoca, un veicolo fondamentale per la diffusione della musica – visto il disimpegno statale in questo campo –, ne consegue che il musicista dedicatario di questa rassegna era allora tra i più stimati in Francia, per quanto riguarda, in particolare, la produzione cameristica oggi praticamente dimenticata o poco frequentata.
Sul piano interpretativo, la serata ha visto come ospite d’eccezione il Quartetto di Cremona affiancato dal pianista Andrea Lucchesini. Tra le musiche da salotto, un posto d’onore spettava certamente alla parafrasi da concerto su un’opera. É naturale, quindi, che la serata sia iniziata con La Mort de Thaïs, paraphrase de concert sur l’opéra de Massenet pour piano seul, incentrata sulla pagina più famosa dell’opera, che sedusse il pubblico fin dalla prima rappresentazione a Parigi, il 16 marzo 1894: la Méditation deThaïs, che si svolge nel secondo atto, dopo l’incontro tra la cortigiana di Alessandria, dedita al culto di Afrodite e il monaco cenobita Athanaël, da cui l’eroina esce sconvolta. In essa la conversione alla fede cristiana, che si fa strada nella mente e nel cuore di Thaïs, viene espressa dalla melodia estatica e sensuale di un violino solista, senza l’accompagnamento della voce; una melodia che ricorre nell’atto successivo, fino all’ultima scena, quella della santa morte della protagonista. Nel 1895 Saint-Saëns scrive una parafrasi sull’opera di Massenet, concentrandosi, in particolare, su questa scena finale, e la dedica a Louise Massenet, moglie dell’autore di Thaïs. L’interpretazione di Andrea Lucchesini ha pienamente convinto sia per il bel tocco perlaceo, esibito in particolare nei passaggi più vigorosi della prima parte – come il tempestoso interludio sinfonico che fa seguito al canto delle suore e all’intervento angosciato di  Athanaël (che si rende conto di amare Thaïs) –, sia per l’assenza di ogni affettazione o languore sdolcinato e, invece, per la soave ma intensa espressività che si è potuta cogliere nella seconda parte della parafrasi, dove domina, appunto, la sublime melodia della Méditation.
Quanto all’interpretazione offerta dal Quartetto di Cremona – una delle formazioni cameristiche più ragguardevoli attualmente sulla scena nazionale e internazionale – si sono pienamente confermate le qualità artistiche di questi autorevoli solisti, che hanno dimostrato di possedere una formazione musicale completa. Essi si sono fatti apprezzare per il perfetto affiatamento, la pulizia degli attacchi, il suono armonioso, la lettura sensibile, attenta, rigorosa, nel Quatuor à cordes n° 1 en mi mineur op. 112, brillando per rigore negli spunti contrappuntistici, che lo percorrono, intersecandosi tra loro, a formare un prezioso intarsio. Scritto all’età di sessantaquattro anni, per la volontà di cimentarsi in questo genere di composizione, forse anche spinto da Eugène Ysaÿe, cui è dedicato, il quartetto – nonostante Saint-Saëns propugnasse, all’epoca, un ritorno all’ordine, dopo una giovinezza “scapigliata” – non è affatto un’opera ossequiosa verso le “regole” della tradizione, né tantomeno appare influenzata dal gusto dominante nel tardo Ottocento: lo testimoniano il carattere inusuale delle forme, la rapida successione delle idee (contrariamente alla moda del tema ciclico), il trattamento spesso orchestrale dell’ensemble strumentale, con effetti a tratti impressionistici, lontano dalla tradizione polifonica come dalla beethoveniana uguaglianza tra le quattro parti, per il ruolo preponderante qui assegnato al primo violino.
Ben più indietro nel tempo – rispetto al pezzo precedente – risale il Quintette pour cordes et piano en la mineur op. 14, composto da un Saint-Saëns appena ventenne – e dedicato alla prozia Charlotte Masson, da cui era stato accudito durante l’infanzia –, che costituisce la prima opera importante, di autore francese, destinata a tale formazione, superando analoghe opere precedenti di Louise Farrenc e George Onslow. Eseguito – presumibilmente per la prima volta – alla Sala Érard il 10 aprile 1860 dal Quartetto Armingaud e dal compositore. Adolphe Botte, il lavoro fu stroncato dalla “Revue et Gazette musicale”, che vi colse un disdicevole “carattere serio”. Fortunatamente, la storia ha fatto giustizia. Analogamente valida è apparsa l’interpretazione di questo quintetto, con l’apporto determinante di Andrea Lucchesini: in particolare, nel primo movimento, Allegro moderato maestoso, aperto da perentori accordi del pianoforte, si è goduto un armonioso suono orchestrale, oltre a una grande energia espressiva. Ancora il pianoforte si è imposto attaccando il movimento seguente, Andante sostenuto – caratterizzato da un caldo lirismo e da sonorità alquanto rarefatte – per poi primeggiare nel Presto, che segue senza soluzione di continuità. Sensibile e rigorosa anche l’esecuzione dell’ultimo tempo, Allegro assai, ma tranquillo – aperto dal violoncello, cui fa seguito un lungo fugato, eseguito dai soli archi –, dove si è segnalato, nel prosieguo, il suggestivo tema al pianoforte, poi variato dal primo violino e dove la ricapitolazione di alcuni elementi tematici dei movimenti precedenti, attribuisce all’intero lavoro una, per quanto timida, forma ciclica. Successo pieno e caloroso.