Il Balletto del Sud al Teatro delle Arti di Salerno: “Romeo e Giulietta”

Salerno, Teatro delle Arti, Stagione di balletto 2017
“ROMEO E GIULIETTA”
Musica Sergei Prokof’ev
Coreografia Fredy Franzutti
Giulietta MARTINA MINNITI
Romeo ALEXANDER YAKOVLEV
Tebaldo ALESSANDRO DE CEGLIA
Mercuzio STEFANO SACCO
La Nutrice FEDERICA DELLE ROSE
Lady Capuleti FEDERICA RESTA
Lord Capuleti ANDREA SIRIANNI
Rosalina NURA SALADO FUSTÉ
Benvolio VALERIO TORELLI
Frate Lorenzo LUCIO MAUTONE
Popolo, nobili e cortigiane Francesca Bruno, Lucio Mautone, Francesca Raule, Federica Scolla, Francesco Rovea, Beatrice Bartolomei, Valerio Torelli, Alice Leoncini, Elia Davolio
Scene Francesco Palma
Salerno, 12 febbraio 2017

Mentre l’Italia della danza si stringe attorno all’ormai inesistente Corpo di ballo dell’Arena di Verona  ̶  realtà soppressa nonostante la centralità dell’Ente, i successi di botteghino e la storicità del luogo  ̶  a Salerno, in un contesto non certo blasonato come quello del Teatro della Arti,  il Balletto del Sud di Fredy Franzutti porta in scena con grandissimo successo Romeo e Giulietta (opera n. 7 del 1998 – nuova versione) su musica di Sergej Prokof’ev, ricordandoci che il pubblico per la danza di qualità è sempre pronto. Così come lo è chi si prodiga per produrre e diffondere gli spettacoli di danza, in questo caso un energico trittico di donne composto da Emma Ferrante, Pina Testa, Amalia Salzano. Perché il popolo della danza, quello fatto di chi la studia, di chi la insegna, di chi la segue, di chi la scrive e di chi la legge è folto.
Una piacevole serata introdotta, in via molto informale, dallo stesso Franzutti, che racconta al pubblico in maniera spicciola l’essenza della storia d’amore più famosa del mondo e le sue origini, la sua trasposizione nel medioevo senese, per rifarsi all’eco di una delle fonti di Shakespeare, ovvero la novella XXXIII di Masuccio Salernitano Mariotto e Ganozza, poi filtrata attraverso la Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti di Luigi da Porto (ma le radici sono nel mito ellenistico di Piramo e Tisbe, reso celebre da Ovidio).
Con pochi ma valentissimi elementi Franzutti porta in scena la vicenda dei due infelici amanti costruendo un “coreodramma” di grande spessore tecnico (la pantomima è ridotta all’osso e talvolta una carta inflazione di arabesques e developpés infrange la magia del gesto), in cui l’azione procede senza soluzione di continuità e i danzatori hanno la possibilità di far emergere la forza del gruppo, oltre che le qualità dei singoli.
L’allestimento proposto, messo in scena in un teatro dalle possibilità limitatissime, ha funzionato alla perfezione. L’arretramento temporale in un medioevo “bidimensionale” è imposto visivamente dalle scene di Francesco Palma, ispirate ai dipinti di Giotto, Piero della Francesca e Cimabue. Il sapiente uso delle luci e lo studio della posizione del personaggio sulla scena nei momenti di principale pathos fanno da corona a quanto detto: particolare efficacia, al riguardo, la si trova nella scena finale, in cui Giulietta si sveglia e vaga per la cripta sotto il suo velo da sposa, un velo che, nel rispetto del suo significato antropologico intrinseco, la separa dalla realtà.
Degna di lode la Compagnia tutta, con particolare riferimento al Mercuzio di Stefano Sacco, giovanissimo danzatore casertano (classe 1996) che noi di GBopera Magazine abbiamo avuto già modo di applaudire al Rieti Danza Estate del 2014 e che si conferma non solo talento puro, ma mostra una padronanza del movimento e una maturità artistica inconsuete per l’età anagrafica e per l’esperienza di scena. Formatosi a Caserta, presso il Centro Professionale DanzArte diretto da Liliana Marino Belz, è ammesso al 7° corso della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano per poi vincere numerosi concorsi e riconoscimenti. Virtuoso e fluido, preciso e velocissimo, attira lo sguardo dello spettatore sempre: nelle masse come in assolo o in una semplice promenade, nel momento dello scherzo e in quello della morte – punto interpretativo, questo,  di grandissima difficoltà, nel quale Stefano Sacco porta in scena una naturalezza e una verità da artista consumato.
Ottima prestazione anche per Martina Minniti, nata a Treviso nel 1995, delicata e convincente Giulietta. Formatasi nella scuola “Il Balletto” di Castelfranco Veneto, si diploma alla Royal Academy of Dancing, per poi proseguire alla scuola dell’English National Ballet di Londra, danzando anche con la Compagnia londinese. Le difficoltà tecniche della coreografia di Franzutti  non hanno condizionato l’interpretazione, che è apparsa naturale e convincente, sempre sicura in una successione a volte anche troppo forzata di sequenze molto impegnative. Qualche incertezza nella scena del balcone sembrerebbe da attribuirsi alla mancanza di ricettività da parte del partner nelle pirouettes, dal momento che basta una frazione di secondo per perdere la dimensione della verticalità dell’asse della danzatrice che sta girando. Ma poco importa, in questo caso.
Bravo, anche se meno brillante, nel ruolo di Romeo Alexander Yakovlev. Nato a San Pietroburgo nel 1990, si forma all’Accademia Vaganova diplomandosi con il massimo dei voti sotto la direzione di Altiynai Asilmuratova e inizia la carriera di danzatore ricoprendo ruoli da solista presso il St. Petesburg Ballet Theatre. Da un punto di vista strettamente drammaturgico il delicato ragazzo che è Romeo ben si addice alla fisicità e alle caratteristiche di Yakovlev, in netta contrapposizione con il veemente e borioso Tebaldo.
Quest’ultimo è interpretato da Alessandro De Ceglia. Brindisino, nel 2007 è ammesso a 7° corso del Teatro alla Scala di Milano e dal 2008 è nel Balletto del Sud. Adatto all’immagine del ruolo per imponenza fisica, appare talvolta rigido nelle variazioni di bravura, peraltro impostate per lui su citazioni dal repertorio classico più tradizionale (Corsaro).
Ottima prestazione di tutto il Corpo di ballo, pulito e in perfetta sintonia. Una Compagnia che, com’è noto, ha riscosso sempre importanti successi internazionali e rappresenta una delle speranze italiane  vive e dense di potenzialità ancora da applaudire.