Verona, Teatro Filarmonico: “I Capuleti e i Montecchi”

Teatro Filarmonico, Stagione d’Opera e Balletto 2016/2017
“I CAPULETI E I MONTECCHI”
Tragedia Lirica in due atti, Libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Capellio LUIZ-OTTAVIO FARIA
Giulietta 
IRINA LUNGU
Romeo 
AYA WAKIZONO
Tebaldo 
SHALVA MUKERIA
Lorenzo 
ROMANO DAL ZOVO
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Direttore Fabrizio Maria Carminati
Maestro del Coro Vito Lombardi
Regia Arnaud Bernard  – ripresa da Yamala Das-Irmici
Scene Alessandro Camera
Costumi Maria Carla Ricotti
Verona, 19 Febbraio 2017
Grande successo di pubblico per una delle opere cui più si lega il nome di Verona: Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini. Un titolo complesso, per un’opera le cui vicende si incentrano più sulla faida leggendaria tra le due famiglie di “guelfi e ghibellini” che sulla passione mortale tra Giulietta e Romeo. Il libretto parte infatti a cose fatte – i due giovani nemici stanno già intrattenendo la loro relazione coadiuvati da frate Lorenzo – pertanto alla trama vengono sottratti alcuni dei momenti più caratterizzanti della tragedia di Shakespeare. Altri elementi rimaneggiati sono senza dubbio il finale, in cui i due amanti hanno modo di parlarsi un’ultima volta prima di morire abbracciati e l’uccisione (solo narrata) da parte di Romeo di un Capuleti (che se originariamente era proprio Tebaldo, qui è un diretto erede di Capellio). Ad un libretto unanimemente rivedibile si oppone la musica di un Bellini nemmeno trentenne, ma già pienamente maturo, le cui intuizioni musicali sono colte appieno dal direttore di questa Prima, Fabrizio Maria Carminati, che si dimostra nuovamente musicista esperto e attento ai dettagli: i momenti di più intenso lirismo sono resi con non minor efficacia di quelli in cui la lotta tra le due fazioni contrapposte si fa più accesa, dando all’insieme un’interpetazione priva di manierismi cui l’orchestra veronese risponde con immediatezza. Impeccabile la prestazione del Coro, diretto da Vito Lombardi: particolarmente le voci maschili del Coro risultano ben omogenee e procedono sulle stesse linee di intensità. Molto bene anche il cast, in cui spicca la Giulietta di Irina Lungu, che avevamo già avuto modo di apprezzare sullo stesso palcoscenico nei panni di un’altra eroina belcantista: Lucia di Lammermoor. Si presenta bene con Eccomi in lieta vesta e chiude ancora meglio con la tradizionale puntatura in chiusura del primo atto: la voce è in ottima forma e tecnicamente non presenta alcuna menda; ottimo anche il Romeo di Aya Wakizono, scenicamente efficacissima, agile nel ruolo del giovane Montecchi, pazzo d’amore e al contempo orgoglioso sostenitore della propria fazione. La pasta vocale è gradevole e il mezzosoprano non mostra difficoltà in alcuna tessitura, riuscendo brillante nel registro acuto e perfettamente udibile in quello più grave. Ottima anche la prestazione di Romano Dal Zovo, un Frate Lorenzo intenso e appassionato, di vocalità duttile e scenicamente efficace. È certamente il personaggio più maltrattato dalla regia, che lo vede costantemente percosso e scagliato da ogni parte dai Capuleti, mentre cerca di sostenere l’unione di Romeo e Giulietta – illudendosi che possa portare a una tregua tra le famiglie rivali. Shalva Mukeria è un Tebaldo baldanzoso ed aggressivo, di cui lodiamo particolarmente la facilità nel registro centrale, mentre alcune occasioni in acuto vengono perse a causa di un’emissione solo a tratti stentorea – il ruolo è comunque il più ingrato dell’opera. Meno bene il Capellio di Luiz-Ottavio Faria, cui non manca una pasta vocale molto interessante, ma il cui canto non riesce a dispiegarsi come ci aspetteremmo finendo per risultare talvolta troppo declamato. La regia in ogni caso è risultata piuttosto statica, soprattutto nei momenti degli scontri tra Capuleti e Montecchi, per quanto l’idea di ambientare tutta l’opera in un museo in fase di allestimento sia davvero affascinante. Arnaud Bernard – la cui regia è stata ripresa in quest’occasione da Yamala Das-Irmici – crea un meccanismo a cornice per cui fin dall’inizio assistiamo a un via vai di tecnici che trascinano in scena grandi quadri che – quando nessuno li guarda – si animano grazie ai personaggi dell’opera – talvolta, va detto, distogliendo l’attenzione dalla musica e dalle vicende narrate. L’idea è sicuramente interessante e viene realizzata con grandi effetti scenici – il finale, particolarmente, è davvero strepitoso e chiama fragorosi applausi da parte del pubblico. Un plauso va sicuramente alle bellissime scene di Alessandro Camera e ai costumi filologici di Maria Carla Ricotti. Foto Ennevi per Fondazione Arena