Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Fernand de La Tombelle, gentiluomo della Belle époque”, dall’8 aprile all’11 maggio 2017
Trio Karénine
Violino Fanny Robilliard
Violoncello Louis Rodde
Pianoforte Paloma Kouider
Fernand de La Tombelle: Trio pour violon, violoncelle et piano en la mineur op. 35
Alphonse Duvernoy: Trio pour violon, violoncelle et piano en mi mineur
Venezia, 13 aprile 2017
Un altro tassello è stato aggiunto ad arricchire di nuovi particolari l’immagine, per troppo tempo misconosciuta, di Fernand de La Tombelle, un musicista attivo a cavallo tra Otto e Novecento e dai posteri relegato nel novero degli “accademici”, che il Palazzetto Bru Zane-Centre de Musique Romantique Française intende riscoprire, rendendogli finalmente giustizia, nel corso dell’attuale Festival di primavera. Nel concerto cui ci riferiamo il musicista veniva presentato in qualità di compositore di un trio per archi e pianoforte, mettendo a proficuo confronto questo suo lavoro con un’analoga composizione di Alphonse Duvernoy. Protagonista della serata, sul piano interpretativo, il Trio Karénine, un gruppo di giovani artisti, che uniscono alla passione per la musica quella per la letteratura, come testimonia il nome che si sono dati, quello della celebre eroina di Tolstoj, in particolare per lo slancio vitale che la caratterizza. E in effetti la cifra distintiva, sul piano interpretativo, di questa formazione è risultata essere perfettamente conseguente a quella scelta.
Si è colto, fin dalle prime battute, che questi giovani solisti hanno raggiunto un’invidiabile intesa e che la loro frequentazione del repertorio romantico tedesco e francese – senza peraltro trascurare il classicismo viennese e la produzione contemporanea – ha loro permesso di affinare il gusto, approfondire la concezione interpretativa, trovare, di volta in volta, il giusto accento, calandosi totalmente in quella dimensione estetica. Forti dell’esperienza e della preparazione, che hanno acquisito proprio in relazione a tale repertorio, i tre solisti hanno affrontato con sicurezza e competenza il Trio di Fernand de La Tombelle, che hanno eseguito in base ad una lettura concettualmente approfondita e variegata nei toni, aderendo a quell’eclettismo – tipico in La Tombelle –, in cui si fondono l’estetica francese e quella tedesca. Un acceso pathos romantico ha percorso il primo tempo (Allegro), dove in particolare il violino ha sfoggiato un bel suono corposo e brillante, mentre il pianoforte ha fornito con eleganza ed efficacia nel tocco un incalzante quanto sensibile supporto armonico. Il violoncello si è imposto nelle battute iniziali del secondo movimento (Lento), nell’intonare con suono rotondo ed espressività la nobile melodia che gli è affidata, intrecciando poi un discorso più teso e animato con gli altri strumenti. Traboccante di energia lo Scherzo, in cui tutti hanno brillato, con un perfetto lavoro d’insieme, nel rendere il dinamismo ritmico e gli esuberanti staccati. Analoga intesa si è colta nel conclusivo – e a tratti anche languido – Allegro vivace, in cui gli strumenti si scambiano il materiale tematico in un dialogo serrato; molto espressivo il pianoforte nello squarcio lirico, che inframezza il movimento.
Introdotto da pianoforte, il Trio di Alphonse Duvernoy si è subito caratterizzato per il piglio deciso e vigoroso, nel carattere dei temi come nelle sonorità, che – soprattutto per quanto concerne lo strumento a tastiera, la cui parte è animata da possenti accordi, arpeggi e ottave su tutta la sua estensione – assumono spesso uno spessore sinfonico. Qui gli strumentisti hanno dialogato alla pari, entrando completamente nello spirito romantico, che aleggia su questa pagine – dove, tra l’altro, fanno capolino i grandi maestri tedeschi del genere: in particolare, Schumann –, affrontando con estrema padronanza la scrittura virtuosistica di questo pezzo, nella cui esecuzione hanno dimostrato, inoltre, di saper efficacemente cimentarsi nell’arte del contrasto, che in questo lavoro oppone calda passionalità a contenuto lirismo. Giudicato, all’epoca in cui apparve (1880) l’opera di un artista di razza, ci sembra che questo Trio meriti a tutt’oggi pienamente – anche grazie alla finezza interpretativa del Trio Karénine – quell’apprezzamento lusinghiero. Successo pieno e caloroso.